Il Sole 24 Ore, 19 settembre 2021
Energia, stangata da 10 miliardi solo nel 2021
Una decina di miliardi. Impossibile fare previsioni di dettaglio, vista l’incostanza degli andamenti dei prezzi, ma le prime stime raccolte dagli economisti dell’energia fanno pensare che i rincari energetici del 2021 potrebbero far pesare sulla bolletta elettrica degli italiani circa 10 miliardi di euro aggiuntivi. Molto dipenderà dagli andamenti delle quotazioni internazionali del metano e della corrente elettrica delle prossime settimane e dei prossimi tre mesi. I rincari pazzi del metano, una delle fonti energetiche più usate per produrre elettricità, aiutati dal raddoppio delle quotazioni europee Ets della CO2, sono fra i motivi delle quotazioni in crescita ripida.
La spesa elettrica del 2021
I numeri. L’anno 2020, con i suoi sconvolgimenti sanitari, non può essere messo a raffronto; l’Unem su dati dello Sviluppo economico aveva stimato per l’anno scorso una spesa elettrica quasi dimezzata a 23 miliardi, e altri 12 di fattura petrolifera. Invece nel 2019 – l’ultimo anno che può essere ricompreso in una più fisiologica normalità – la spesa elettrica complessiva degli italiani dovrebbe essersi aggirata fra i 43 e i 43,5 miliardi di euro (42,8 nel 2018).
Quanto spenderemo quest’anno? Stima cubometrica: se si proietta fino a dicembre la tendenza attuale, la spesa potrebbe aggirarsi sui 52,5 o 53 miliardi di spesa elettrica complessiva.
La lente del dettaglio ingrandisce il segmento industriale: l’industria manifatturiera (il solo manifatturiero propriamente detto), con una domanda elettrica di circa 90 miliardi di chilowattora dovrebbe pagare per fine anno una bolletta complessiva nell’ordine dei 16,5-17 miliardi, fra esenzioni, sovraccosti e sconti quantità.
I contratti delle imprese
Cambia lo scenario. Non più i conti 2021 ma l’aggiornamento dei contratti di fornitura elettrica e di gas per il 2022. La lente di ingrandimento mette il fuoco sulle imprese, piccole e medie ma non solamente.
Entro il 10 dicembre dovranno essere consegnati a Terna i piani di consumo per la pianificazione del 2022. In queste settimane le aziende – soprattutto quelle ad alta intensità energetica, i cosiddetti energìvori – stanno negoziando i contratti di fornitura di elettricità o di gas. Altri investono in infrastrutture, come la linea di alta tensione Resia da 80 milioni di euro, lunga 28 chilometri tra Glorenza e Nauders, che Terna ha concordato in Friuli con i consorzi Interconnector Energy Italia, Toscana Energia e Vdp Fonderia.
Approvvigionamenti carissimi
Molte aziende hanno organizzato nel tempo piani di ricopertura acquistando derivati per mettersi al riparo dal rischio prezzo oppure con contratti Ppa a prezzo concordato, ma la maggior parte dei consumatori industriali preferisce rifornirsi a sbalzo, acquistando di volta in volta le forniture secondo l’andamento dei prezzi, convinti di riuscire a mitigarne i sovraccosti. Chi prenotava in maggio per il 2022 una fornitura di mille chilowattora aveva proposte fra i 60 e 70 euro, ora oltre i 110 euro.
Saranno in difficoltà anche molte aziende energetiche minori, che si sono approvvigionate anch’esse acquistando “a sbalzo” e impegnate a fornire a clienti con prezzi ormai sottocosto. Le aziende energetiche più piccole sono esposte a scarsi investimenti di garanzia, clienti fragili nei pagamenti, fideiussioni imperative.
Contratti opachi
La società di analisi di mercato Rem Tene ha condotto un’indagine con lo strumento del “cliente anonimo”. Gli agenti di Rem Tene si sono spacciati per piccoli imprenditori, artigiani, commercianti al dettaglio o all’ingrosso e così via, e durante tutto il 2021 hanno chiesto e negoziato preventivi di fornitura di elettricità e gas per il 2022 a tutte le più note aziende energetiche presenti sul mercato italiano. In tutto, sono stati raccolti nel corso dei mesi circa 700 preventivi. Arnaldo Ferrari Nasi, che ha coordinato il lavoro di analisi, ha confrontato come si sono modificate le ipotesi di prezzo e le soluzioni contrattuali proposte. Il confronto è stato paragonato anche con le quotazioni del prezzo unico nazionale italiano dell’elettricità alla borsa Gme e con le quotazioni internazionali del metano sul mercato olandese Ttf e con i forward Tfor.
«Abbiamo notato tre cose sostanziali», dice Ferrari Nasi. «La prima è che gli imprenditori in genere preferiscono contratti indicizzati perché si illudono di poter controllare il modo trasparente questa voce di costo. Sbagliato: i pochi imprenditori che a inizio anno avevano fatto contratti a prezzo fisso oggi risparmiano, la maggior parte che si era illusa di poter controllare il prezzo oggi pagano spropositi».
Il secondo fatto emerso dall’analisi è che le bollette del mercato libero tendono a essere oscure, opache, ricche di clausole nascoste. Per esempio gli oneri di sistema, circa un terzo del peso della fattura elettrica, sono diventati anch’essi elementi di competizione contrattuale, e vengono proposti sotto forma di abbonamento mensile fisso al quale vanno aggiunti i costi variabili e indicizzati dell’energia.
Terzo elemento dell’analisi di Rem Tene è che «sulla bolletta elettrica di una Pmi l’energia elettrica è circa il 33-34%, sulla tariffa del gas il costo del metano è attorno al 46%», dice Ferrari Nasi.