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 2021  settembre 19 Domenica calendario

Tracollo Evergrande: la Cina ha la sua Lehman

C’è già chi lo sta chiamando, forse esagerando, il “momento Lehman” della Cina. Con un passivo che fa paura – 305 miliardi di dollari e con il cash in cassa che non c’è più, la settimana prossima il colosso immobiliare Evergrande – il più indebitato al mondo – non sarà in grado di ripagare gli interessi sui prestiti in scadenza. Entro giovedì la società deve trovare 83 milioni e mezzo di dollari per i bond di marzo 2022. Qualche giorno più tardi, il 29, ha altri 47 milioni e mezzo in scadenza per marzo 2024. A Hong Kong, nell’ultima seduta, il titolo ha perso quasi il 13% in apertura, chiudendo poi a -3,42%. Rispetto alla settimana scorsa siamo a -30%. Numeri che non fanno dormire tranquilli gli investitori, le banche e il Partito.
La questione centrale è ora capire come si comporterà il governo di Pechino: e cioè se decida di lasciar andare in caduta libera ancora di più il gruppo immobiliare o se, preservando l’ordine e la stabilità, interverrà per evitare l’effetto domino sull’economia che un default del genere potrebbe scatenare. Intanto tre giorni fa la Banca centrale, con una prima mossa, ha deciso di iniettare liquidità nel sistema bancario: 90 miliardi di yuan (14 miliardi di dollari). Per molti analisti il confronto con il caso Lehman Brothers – che ha innescato la crisi dei mutui subprime scoppiata negli Usa tredici anni fa – è fuorviante: piuttosto che consentire un collasso caotico verso la bancarotta di Evergrande – questa è la tesi – il Partito penserà ad un qualche tipo di ristrutturazione per mettere mano all’enorme passività, mantenendo così il rischio al minimo.
Che la situazione sia disperata lo confermano, però, le scene viste negli ultimi giorni nel quartier generale della società fondata da Hui Ka Yan a Shenzhen e in molte altre sedi in Cina, con centinaia di investitori a protestare: «Ridateci i nostri soldi ». Le passività di Evergrande coinvolgono più di 128 banche e le insolvenze sui bond potrebbero innescare fallimenti incrociati. La società ha 200 mila dipendenti, con l’indotto arriva a 3,8 milioni di posti. Complice la stretta del Partito sul settore e il calo della domanda – ad agosto le vendite di case sono crollate del 20% – Evergrande si ritrova con 800 complessi residenziali incompiuti e sempre più fornitori iniziano a chiudere i cantieri. Risultato: un milione e 200 mila cinesi aspettano di poter entrare in appartamenti già pagati.
Negli ultimi anni il mattone è sempre stato la “droga” per spingere l’economia, complice la mancanza di una tassa sulla proprietà che ha reso il settore molto allettante. Ma tutto ciò ha portato l’offerta a superare la domanda e l’urbanizzazione a tempo di record degli ultimi 20 anni ha fatto nascere città fantasma con decine di migliaia di appartamenti invenduti.
Ora il Partito sta provando a sgonfiare la bolla. Il terreno sul quale si muove il governo è, però, un campo minato. L’immobiliare è il 13% dell’economia ed eventuali passi falsi potrebbero portare a serie conseguenze per il sistema bancario. Gli istituti di credito hanno 50 trilioni di yuan (7,7 trilioni di dollari) di prestiti al settore. Di questi, 35,7 sono alle famiglie. La grana Evergrande arriva nel bel mezzo del giro di vite nel settore privato e delle rinnovate tensioni con Washington, a un anno dal cruciale congresso del Partito del 2022: quello che potrebbe consacrare Xi presidente a vita. E un “momento Lehman” non lo vuole nessuno.