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 2021  settembre 19 Domenica calendario

La ’ndrangheta voleva uccidere il figlio di Gratteri

 Tutto era stato progettato da alcuni esponenti della ‘ndrangheta della Locride, nonostante fossero richiusi da tempo in carcere. L’idea era quella di uccidere uno dei figli di Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro. In una maniera inusuale: doveva sembrare un casuale incidente stradale. 
La notizia è stata riferita da un nuovo collaboratore di giustizia, Antonio Cataldo,57 anni, esponente dell’omonimo clan di Locri. Antonio figlio di Michele e nipote di Pepè e Nicola Cataldo, due boss carismatici, ha deciso di saltare il fosso dopo una condanna a otto anni rimediata con rito abbreviato al processo «Mandamento Ionico». Da alcune settimane sta riempiendo pagine di verbali e già mercoledì prossimo potrebbe essere sentito dai magistrati nel corso dell’udienza del maxiprocesso «Riscatto – Mille e una notte», in corso davanti al tribunale di Locri. 
In realtà, però, già diversi anni fa la notizia del piano per uccidere uno dei figli del magistrato era stata intercettata nel corso di un’indagine sulle cosche della Locride. Più recentemente, nel 2016, un altro pentito, Maurizio Maviglia, esponente di un clan di Africo, aveva svelato un altro tentativo per uccidere uno dei figli di Gratteri. 
Alcuni individui, infatti, riuscirono ad intrufolarsi qualificandosi come poliziotti nello stabile, a Messina, occupato dal figlio dell’allora procuratore aggiunto di Reggio Calabria. I finti poliziotti riuscirono a farsi aprire dal ragazzo, ignaro di tutto. Una volta dentro i due presero l’ascensore per raggiungere il terzo piano dove si trovava l’appartamento del giovane universitario. Il figlio del magistrato attese il loro arrivo sull’uscio. Quando però, l’ascensore si fermò il ragazzo notò che dentro c’erano due persone mascherate con passamontagna. Con freddezza rientrò in casa, si barricò e chiamò il padre. 
Nei mesi scorsi Antonio Cataldo, nel corso delle sue deposizioni, ha rilanciato la possibilità di un agguato, sostenendo di averlo saputo in carcere, nel 2013 da Guido Brusaferri, altro esponente della ‘ndrangheta locrese con il quale ha diviso la cella. 
In particolare al magistrato della distrettuale di Reggio Calabria Antonio Calamita che l’ha interrogato Antonio Cataldo ha riferito che si parlava di questo progetto nelle ore d’aria, e ha puntualizzato anche temporalmente il periodo. «I clan si sono allarmati quando il nome del procuratore Nicola Gratteri era stato indicato come possibile ministro della Giustizia» ha raccontato ai magistrati Cataldo. Precisando: «I clan, tutti, temevano delle... dei processi... e leggi più ferree. C’era un allarme generale». 
La collaborazione di Antonio Cataldo, potrebbe aprire scenari inediti nel panorama della criminalità organizzata della Locride. Tanti sono i delitti rimasti impuniti negli ultimi 20 anni. E, soprattutto, il nuovo collaboratore di giustizia potrebbe rivelare particolari anche su omicidi eccellenti, come quello del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco Fortugno, ucciso nel 2005 a Locri. 
Per anni i Cataldo si sono fatti la guerra con i Cordì, altra cosca di Locri. Decine sono stati i morti. Poi la pace, siglata in nome degli affari e di una possibile spartizione di lucrosi progetti imprenditoriali e anche interessi nel settore pubblico.