Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  settembre 18 Sabato calendario

Intervista a Blanco

Un album d’esordio che ieri, a una settimana dall’uscita, ha debuttato direttamente al primo posto della classifica Fimi dei dischi più venduti in Italia. Dieci canzoni tutte nella top ten dell’altra classifica, quella dei singoli più ascoltati e scaricati della settimana. Insomma, a 18 anni Blanco è il cantante del momento e Blu Celeste – finora 103,5 milioni di ascolti complessivi su Spotify – ne consacra il successo dopo hit come Notti in Bianco, La canzone nostra e Mi fai impazzire, il duetto con Sfera Ebbasta da quattro Dischi di platino. La storia del ragazzino di provincia – quella bresciana, anche se nelle sue vene scorre un po’ di sangue romano – con un’adolescenza difficile alle spalle suona già sentita? Forse. Eppure nei testi c’è un’altra urgenza espressiva, rispetto ai trapper: niente palazzine, ma assenze e perdite. Come nell’omonimo singolo cantato ai Seat Music Awards il giorno dell’uscita del disco. Blanco, vero nome Riccardo Fabbriconi, si è presentato sul palco con un palloncino celeste che poi ha lasciato volare in cielo: «A tutte le persone importanti che ciascuno di noi ha perso», ha detto.
A chi era dedicata la canzone? 
«A una persona che non c’è più». 
Il fratello che vorrei, canta nel testo. 
«La scrissi nel 2019, a 16 anni. Racconto un episodio della mia vita che preferisco tenere al riparo dai riflettori. E poi è sempre meglio lasciare un po’ di mistero: così chiunque può immedesimarsi». 
Celeste è anche il nome che ha tatuato sul ventre, sotto un angelo con una corona di spine. Cosa rappresenta? 
«La parte marcia di me: la esorcizzo con la scrittura». 
Allude a stupefacenti ed eccessi vari? 
«No, macché. Parlo del malessere che mi porto dentro, lo stesso che ha a che fare con Blu Celeste e che in Mezz’ora di sole mi porta a cantare che mi volevo ammazzare. Questo è un disco molto intimo, nella scrittura ho voluto essere diretto e sincero. Ho tenuto fuori i duetti usciti perché volevo che l’album parlasse solo della mia esperienza di vita». 
Che adolescenza è stata la sua? 
«Difficile. Anche a causa della provincia. Calvagese, il paesino dove sono cresciuto, 3 mila abitanti, è un posto maledetto: non ci sono locali, ritrovi per i ragazzi. Pensavo che sarebbe stata la mia condanna. Ammazzavo la noia girando nudo per i boschi». 
Avrà avuto caldo. 
«Lo faccio ancora oggi, mi fa sentire libero. Fortuna che i miei genitori mi hanno sempre permesso di coltivare le mie passioni. A partire dal calcio, un amore che mi ha trasmesso mio papà, romano di Primavalle e romanista sfegatato come me. Giocavo col Vighenzi, difensore centrale». 
Perché ha mollato? 
«Era un modo per sfogarmi. Ho smesso quando ho trovato di più nella musica. Ricordo ancora la prima volta che ho preso carta e penna e con l’inchiostro ho dato forma ai miei pensieri: dopo aver riempito il foglio mi sentii esausto, svuotato». 
Non ha mai parlato con qualcuno di quel malessere interiore? 
«Eccome. Sono andato anche da uno psicologo. Ma non ha funzionato». 
Perché? 
«Non ha risolto i miei problemi: non ero pronto ad ascoltare altre persone». 
Consiglierebbe comunque la terapia a coetanei con problemi emotivi e relazionali? 
«Sì. Credo che sia importante che ciascuno affronti il proprio dolore. Se stai male, devi accettarlo senza far finta che vada tutto bene e provare a farti aiutare». 
Chi è stato il primo a credere nelle sue canzoni? 
«Il mio produttore, Michelangelo. Ha 26 anni. L’ho conosciuto due anni fa e da allora lo considero un fratello maggiore». 
I talent? 
«Non avrei mai permesso ad altri di scegliere per me: mi sono sentito sempre un cane sciolto. Ho aspettato la mia occasione lontano dalla tv». 
Non ha ancora fatto il suo primo concerto, ma ieri si è esibito in streaming su TikTok in un tunnel sott’acqua, quello della piscina Y-40, in provincia di Padova, la terza più profonda al mondo: marketing? 
«No, ha a che fare con il concept del disco. Sulla copertina galleggio nell’acqua, tra la superficie e il fondale: sono in un limbo, il successo mi sta stordendo». 
Celentano ha detto che la tiene d’occhio: che c’entra con lei?
«Lo citai in una delle mie prime interviste: un gigante. All’epoca nelle canzoni c’erano dei contenuti. Ora sta a noi under 25, la generazione Maneskin, dare una nuova scossa alla musica italiana». 
La vedremo in gara a Sanremo? 
«Chissà. L’invito di Amadeus non è ancora arrivato. Per febbraio non ho impegni». 
Un augurio per il futuro? 
«Restare sempre con i piedi per terra».