Il Messaggero, 18 settembre 2021
Storia del debito di Roma
Nel calderone c’è davvero di tutto: dagli espropri di terreni necessari per le Olimpiadi del 1960 ai mutui accesi dal Campidoglio per le opere realizzate in vista del Giubileo del 2000. Insomma, un compendio della storia dell’attività politica cittadina degli ultimi decenni, declinata in circa 1.500 contratti di mutuo. E che attraversano tutte le amministrazioni: da quelle a guida democristiana del Dopoguerra, succedutesi fino agli anni Settanta, a quelle di sinistra arrivate subito dopo. Fino alle giunte nate, dagli anni 90 in poi, con l’elezione diretta dei sindaci. Prestiti accesi per finanziare progetti per lo sviluppo della città, ma anche tante spese fuori controllo: fino alla spirale dei debiti fuori bilancio, alcuni dei quali sono stati messi anche sotto la lente della Procura. E poi una serie di manovre contabili effettuate, negli ultimi anni, tra il Comune e la gestione commissariale del debito antecedente al 2008. Non solo, l’83 per cento dei mutui accesi negli ultimi anni, per rientrare dal debito finanziario, è a tasso fisso ed è stato acceso quando il costo del denaro era in media sul 5 per cento, superiore al valore di mercato attuale. Sulla cifra complessiva del debito storico non si è mai trovato un punto definitivo, anche perché ogni tanto qualcuno prova ad aggiungerci qualcosa, come se fosse un pozzo senza fondo: l’ultimo tentativo, in ordine cronologico, è stato fatto sugli 84 milioni di euro (Iva compresa) che derivano dal cosiddetto lodo Colari: quelli che l’Ama, la municipalizzata dei rifiuti della Capitale, deve pagare per la bonifica post mortem della discarica di Malagrotta, la più grande d’Europa.
Secondo le stime più accreditate, tra debito, interessi e altre passività, la massa debitoria complessiva è arrivata complessivamente fino a toccare i 25 miliardi. Ma anche i passivi accumulati dal 2009 in poi non si arrestano: oggi questa voce ha superato i tre miliardi e mezzo, con una tendenza in costante crescita attraverso le ultime tre amministrazioni che si sono succedute sul colle capitolino: centrodestra, centrosinistra e M5S. La parte più consistente di questa massa debitoria (oltre 2,7 miliardi) compare al capitolo delle spese correnti: qui si tratta di reale passivo, con una serie di voci di spesa che devono essere ancora onorate. Ma ci sono anche debiti nei confronti delle municipalizzate, Atac e Ama in prima fila.
Con questo scopo, la gestione commissariale per il debito pregresso del Comune di Roma è stata istituita con il decreto legge del 25 giugno 2008, con il Governo di Silvio Berlusconi, con Giulio Tremonti alle Finanze, poco dopo l’insediamento di Gianni Alemanno sul colle capitolino. Tra i compiti della struttura c’era proprio la ricognizione della situazione economico-finanziaria del Comune di Roma e delle società partecipate e la predisposizione e attuazione del piano di rientro. Il commissario ha avuto l’incarico di rilevare di tutte le entrate di competenza e di tutte le obbligazioni assunte dal Comune di Roma fino al 28 aprile 2008, con un bilancio separato rispetto a quello della gestione ordinaria. I commissari che si sono succeduti hanno rinegoziato l’importo del debito, tramite un finanziamento di 500 milioni di euro annui: 300 forniti dallo Stato e 200 dal Campidoglio tramite un’addizionale Irpef fissata allo 0,4 per cento, che ha portato l’aliquota comunale complessiva al 9 per mille (la più alta in Italia). A questo si aggiunge una sovrattassa di un euro per ciascun passeggero in partenza dagli aeroporti romani di Fiumicino e Ciampino. In previsione di una possibile crisi di liquidità, a partire dal 2022 per le casse del commissario straordinario, Governo e Campidoglio due anni fa avevano trovato una nuova formula per liquidare i vecchi debiti di Palazzo Senatorio: le casse dello Stato si sarebbero fatte carico principalmente del pagamento degli interessi di un Bond aperto dal Comune, con scadenza nel 2048, mentre all’amministrazione capitolina sarebbe spettata la liquidazione dei debiti commerciali. Da questa nuova ripartizione il Campidoglio stimava di ottenere risparmi per 2,5 miliardi nel periodo compreso fino alla scadenza del 2048, ovvero circa 90 milioni di euro l’anno, con cui diminuire progressivamente l’addizionale Irpef. Ma anche questa speranza si è rivelata vana.