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 2021  settembre 18 Sabato calendario

Orsi & tori

Ma i No-Casco non ci sono stati. Certo, quando fu deciso l’obbligo dei caschi per i motociclisti, come succederà ora per i monopattinisti, molti accolsero l’obbligo come una violazione della loro libertà di andare capelli al vento. Ma se non si fossero messi il casco avrebbero preso una multa e ora tutti, o quasi, se li mettono sia i motociclisti e anche, volontariamente, molti ciclisti.
Qual era e qual è la motivazione di quella norma? Salvare la vita al maggior numero possibile di motociclisti in caso di incidente. Allo stesso modo delle cinture di sicurezza e dell’airbag nelle auto. Certo, le cinture di sicurezza sono un fastidio, ma a parte la spinta a mettersele dal rischio di multe, quasi tutti hanno capito che non allacciarle fa crescere il rischio di danni gravi in caso di incidente. E così per il seggiolino speciale per i bambini piccoli. Perché quasi tutte le attività della vita comportano più o meno rischi. E la vita è disseminata di obblighi per poter fare qualcosa… Ma ci dovrebbero quindi spiegare perché, essendoci un rischio grave come il Covid, sarebbe una violazione della libertà imporre la vaccinazione. Figuriamoci il Green pass: è analogo al biglietto per salire sul treno, sull’autobus, per entrare al cinema; e uguale al numero da staccare per aver diritto ad arrivare allo sportello di un ufficio pubblico o nell’ambulatorio di un medico. Senza, non si entra.
Tutte limitazioni della libertà? Certo, ci sono esseri che non ritirano il numero e saltano la coda, nessuno gli fa la multa, ma non sono degni esseri umani. Se poi si parla di vaccini, quelli per i bambini sono obbligatori da decenni e hanno risparmiato vite su vite o menomazioni gravi. Vogliamo contare quanti non si sono ammalati di vaiolo o quanti bambini non sono diventati poliomielitici? Ma poi, anche la patente per guidare l’auto è obbligatoria averla: per la propria sicurezza e quella degli altri. Gli esempi di imposizioni per legge sono infiniti e rappresentano il valore della democrazia, in quanto comportano la tutela della vita non di se stessi ma anche degli altri. Rispettare il prossimo non è solo un comandamento, ma appunto l’espressione più autentica del concetto di democrazia. E che cosa sono il Green pass e la vaccinazione, se non il rispetto di se stessi e degli altri? E allora, perché tutte le polemiche, le manifestazioni violente, gli scontri politici per cercare di impedire i Green pass, che equivalgono alla patente di guida come certificazione che si è abili a limitare i rischi di incidenti? Il Green pass come certificazione dell’avvenuta vaccinazione è la conferma della scelta di ogni essere umano di rispettare e amare se stesso, la sua vita e la vita degli altri.
Quindi, viva la determinazione con il guanto di velluto del presidente Mario Draghi, che con annunci decisi, sia pure con tono pacato, lancia l’affondo, aspetta che emergano le reazioni e quando queste mostrano tutte le loro contraddizioni, passa all’approvazione.
Qualche giornale falsamente non di partito, ma magari di corrente, si è proposto l’obbiettivo di un continuo discredito di Draghi e del suo governo. Si vede che ancora non si sono rassegnati alla fine del governo di Giuseppe Conte e per questo vanno oltre le prese di posizione, limitate, di Conte.
Il professor Sabino Cassese, il più autorevole costituzionalista italiano, diventa immediatamente un pericoloso reazionario se si azzarda a ricordare che la Costituzione prevede espressamente che il governo, ovviamente con il voto favorevole del parlamento, possa imporre restrizioni se ci sono pericoli per la salute pubblica.
Il pericolo del momento è che prevalga il partito preso, la violenza, la protesta violenta in piazza. Sia da destra che dalla sinistra-giornale e non partito, è un martellare contro il buon senso. Ora è attiva la violenza delle parole. C’è il rischio che le parole finiscano per dare spazio a chi pensa alla violenza.
La critica di decisionismo fatta da alcuni a Draghi viene estesa ai giornali che, a giudizio di altri pochi fogli o politici, sarebbero incantati dall’ex-presidente della Bce. Risponde a loro Ursula Von der Leyen: “Draghi è il capo di governo che ha le conoscenze più profonde del sistema politico-economico”.
È vero, è la sua carriera, oltre che la sua intelligenza, che gli ha creato questo vantaggio. Ma come tutti gli esseri umani, anche Draghi non ha fatto tutto bene. Per esempio, quando guidò come esecutore le privatizzazioni per consentire all’Italia di entrare nell’euro, non si impose nell’evitare il cosiddetto nocciolo duro derivante dalla privatizzazione di Telecom, che era la migliore telco d’Europa e non solo. Invece di un nocciolo uscì fuori un nocciolino, nel quale la quota maggiore era della Fiat con lo 0,7%. E infatti ci fu la scalata organizzata dalla Lehman che, come tutti questi tipi di scalate, avvenne con un veicolo che si indebitò per raccogliere le azioni di controllo, per poi necessariamente fondersi con la società target che da fortissima divenne una società iper-indebitata. Allora non si parlava ancora di sostenibilità, la Telecom, per rimanere forte non poteva sostenere quel debito, il cui profitto andò al gruppo di investitori e alla stessa Lehman, fra i quali i capitani coraggiosi, come li chiamò Massimo D’Alema.
Naturalmente è acqua passata: dopo di allora Draghi ha fatto il vicepresidente di Goldman Sachs, gestendo operazioni private di grande livello che gli hanno procurato un patrimonio di oltre 30 milioni di euro, regolarmente messo in un blind trust da quando è tornato a un lavoro pubblico come governatore della Banca d’Italia. Contemporaneamente, è stato scelto dalle principali banche centrali per fare il presidente del Financial stability forum e infine è diventato presidente della Bce.
La presidente Ursula ha ragione. Draghi è un patrimonio dell’Italia e dell’Europa. Quindi tentare di ridicolizzarlo per la determinazione che ha messo a estendere il Green pass è non solo banale ma stupido.
C’è tuttavia un titolo recente che dovrebbe stimolare Draghi a intervenire: “Green pass-ano tutti”. Il Green pass è uno strumento fondamentale per combattere il contagio, ma deve essere fatto valere. Si prendano i treni a lunga percorrenza. Parlo per cosa ho visto, avendone presi diversi nelle ultime settimane. Una sola volta, alla stazione di Firenze, c’è stato il controllo prima di salire su un Frecciarossa. Le altre volte, o il controllo non è stato fatto neppure a bordo, oppure è stato completato soltanto quando il treno è arrivato a destinazione. Caro Presidente Draghi, è il caso che attraverso il ministro Enrico Giovannini, sia messa a frutto la grande capacità manageriale del nuovo presidente delle Ferrovie, Luigi Ferraris, perché faccia diventare prioritario sui treni, e prima di tutto nelle stazioni, il controllo del Green Pass. E’ assai più dannoso il contagio di alcuni passeggeri che qualche portoghese che non paga il biglietto. Non ci vuole molto affinché alle barriere di ingresso delle stazioni il personale oltre al biglietto richieda anche il Green pass. E così in tutte le situazioni in cui è necessario. I tanto criticati ristoranti sono quelli che lo chiedono con sistematicità, comprendendo il grande vantaggio che il pass gli genera, potendo servire i clienti, anche in prospettiva del freddo, all’interno e non più nei tavoli all’aperto.
Quisquilie, rispetto ai problemi che il mondo ha davanti? No, coerenza. Non basta varare un provvedimento come il Green pass, bisogna anche che i cittadini percepiscano sia per esperienza diretta sia per quanto vedono, che la norma viene fatta rispettare. Super Mario, come lo chiamano all’estero, non può farsi criticare per questo. Non c’è anche l’esercito? Che tanti bravi militari affianchino chi deve fare i controlli. Il che non vuol dire un regime di polizia, ma il modo per far rispettare le leggi, così come i militari hanno adempiuto (qualcuno se lo dimentica) al trasporto delle bare con i loro camion zeppi, perché i cimiteri di Bergamo non potevano più accogliere i morti per Covid.
Il rigore per il Green pass deve essere prodromo al rigore che tutti devono avere per l’attuazione del Pnrr, il piano che può consentire all’Italia di fare circa 200 miliardi di investimenti. Sia pure a bassa voce, si sentono già avvisi che tutto non sta procedendo al meglio. Speriamo che sia solo questione dell’avvio della macchina.
Ma sicuramente un provvedimento il governo potrebbe prenderlo, ispirandosi a quanto stanno facendo vari organi come, prima di tutti, ItaliaOggi, che ha lanciato una serie di dossier per spiegare contenuti, opportunità, percorsi da compiere per mettere a frutto il Pnrr. E un canale dedicato all’interno del sito www.italiaoggi.it.
Da parte del governo, a mio avviso e non solo a mio avviso, dovrebbe partire una vera e propria campagna per spiegare perfino nelle scuole che cos’è e che cosa può garantire ai giovani l’applicazione del Pnrr.
Per presentarlo, ItaliaOggi ha scelto il brand dell’Europa, le stelle gialle su sfondo blu-azzurro. Perché l’occasione del Pnrr non è solo un modo per rilanciare l’economia, per sviluppare l’economia green, per fare qualcosa di concreto per la sostenibilità del pianeta, ma forse l’ultima occasione per far nascere una vera Unione europea attraverso cittadini, i giovani, che devono sentirsi certo italiani o tedeschi, ma anche veri cittadini europei. Un’operazione che il ministro della pubblica istruzione, Patrizio Bianchi, ottimo economista cresciuto insieme a Romano Prodi, potrebbe proporre in tutte le scuole superiori dopo aver vinto la battaglia dell’insegnamento in presenza. Il Pnrr da spiegare a chi sta per diventare, terminata la scuola nei prossimi due-tre anni, cittadino attivo nella vita economica, sociale e politica. Per questo Campus Orienta, l’organizzazione dei Saloni dello studente, è già all’opera per battere l’Italia fisicamente e in digitale per spiegare il Pnrr.
Signor Ministro Bianchi, vuole cogliere questa opportunità? Campus Orienta è pronto. Così si supererà anche la diffidenza di chi pensa che il governo sappia solo prendere decisioni dirigiste, e invece si affermerà il principio di un grande piano condiviso fin dai banchi di scuola.