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 2021  settembre 18 Sabato calendario

Giorgio Armani, lo sperimentatore

Era il 1981 e a lui, Giorgio Armani, non andava proprio giù di «parlare» solo a chi poteva permettersi «la» moda e tra questi, certo, non i giovani. E così fu Emporio: «Un contenitore: un luogo fisico e mentale, dove cose diverse, anche contrastanti, trovano armonia. È molto più di un marchio di moda – dice fiero lo stilista —: rappresenta uno spirito, un modo di essere, che è libero, veloce, metropolitano, e che per questo attrae generazioni diverse, rivelandosi inclusivo, aggettivo che fa parte da sempre del mio vocabolario e che oggi è diventato di gran moda oggi». È vero che fu lei per primo a stupirsi del successo immediato, allora? «Assolutamente sì. Arrivare ai giovani in modo così dirompente per me è stata una sorpresa, ma anche una soddisfazione. Sono consapevole di avere avuto un gran colpo di fortuna: in quegli anni di cambiamento i simboli della politica e delle ideologie venivano progressivamente affiancati dai loghi della moda. Io ne offrii uno, l’aquila, che suggeriva qualcosa di più dello status: libertà espressiva, cosmopolitismo, velocità». E sperimentazione, in un anno in cui, il 1981, si consumò una tradizione come le nozze di Carlo e Diana: «Alla fine io, sperimentando, ho costruito una nuova tradizione; Carlo e Diana hanno sperimentato, e purtroppo non è andata bene». 
I giovani ieri e oggi. «Quaranta anni fa tutto era diverso. Allora i giovani avevano un grande bisogno di affermazione e identificazione, anche attraverso ciò che indossavano. Oggi sanno ciò che vogliono e hanno più possibilità di scelta per esprimersi». 
Una mostra, il magazine, un libro così festeggia ufficialmente l’anniversario. Ma non solo, per la prima volta stringe a sé chi gli è stato a fianco in questa avventura: la nipote, Silvana Armani (responsabile dell’ufficio stile della donna) e Leo Dell’Orco (da sempre sull’uomo). Perché loro? «Per le capacità, che testo ancora giorno dopo giorno, lavorandoci, discutendo a volte, come è inevitabile che sia. Silvana ha iniziato come indossatrice, incarnando un tipo di donna molto vicina al mio modo di pensare, per passare poi a occuparsi in modo più diretto e responsabile della realizzazione delle collezioni femminili accanto a me, confrontandosi sempre e accettando i miei pareri contrari. Leo è il mio braccio destro. Ciò che più apprezzo della sua personalità, oltre alla lealtà, è la meravigliosa qualità di saper sorridere già al primo incontro del mattino». Davvero una dichiarazione di stima: «Lavorare a fianco di Giorgio Armani è stato ed è tuttora un’esperienza che fa crescere ogni giorno – interviene Leo Dell’Orco —. Devo dire che è sempre stato molto naturale: un dialogo, che da personale è divenuto professionale, con il privilegio di vedere un maestro all’opera». «È un’accademia di formazione: dura, temprante, arricchente. Non sempre facile, ma rifarei ogni passo», aggiunge Silvana Armani. Pregi e difetti? Chi meglio di voi li conosce: «Lealtà, dedizione, stacanovismo sono i pregi indiscussi – dice sicuro Dell’Orco —. L’intransigenza è un difetto quando se ne è vittime, ma in realtà fa bene al marchio». «Mio zio Giorgio vede lontano, spesso più di coloro che ha intorno, ed è un grande pregio. Ha sempre ragione lui, e questo è un difetto, anche se quasi sempre è la semplice verità». 
Le più grande sfuriate e i più bei complimenti? «Le prime arrivano spesso, i complimenti meno – sorride il responsabile dell’uomo Emporio —, ma è tutto parte del vivere e lavorare con Giorgio». «Ricordo cambiamenti importanti di look a poche ore da una sfilata, con conseguente sfuriata. Il complimento è quando mio zio non fa nessun commento: vuole dire che il lavoro è piaciuto». 
La visione dell’uomo di Giorgio Armani è sempre stata precisa, chi ha influenzato chi? «Sono cresciuto professionalmente accanto a lui, ne ho assorbito il senso unico dello stile, ma anche l’etica intransigente del lavoro. A mia volta penso di aver dato un po’ della mia spensieratezza. Cerco la leggerezza e sono meno severo». E per Silvana: come è andata con «zio» Giorgio? «Non è sempre facile e succede quando il legame familiare si mescola con quello professionale. Abbiamo trovato equilibrio nel reciproco rispetto, che è grande e sincero, e questo ci ha sempre consentito di andare avanti, superando insieme i problemi».