Corriere della Sera, 18 settembre 2021
Il partito dei consorti
Il messaggio rivolto ai cittadini di Roma non è di quelli che si definirebbero «subliminali», al contrario. Ed è questo: «Dovete sapere che Puffo difficilmente si fa mettere il guinzaglio da me, aspetta sempre che si alzi Virginia per concedermi questo privilegio. Quindi, dopo averlo chiamato una decina di volte, si alza Virginia e lui da sotto il letto sbuca e si fa mettere il guinzaglio».
L’io narrante di questa storia – in realtà poche righe non fotografano a dovere l’erculea fatica di tenere a bada il cane di famiglia «quando non c’è Virginia» («Ho provato di tutto: premi, premietti, carezze, educatori, nulla, non funziona nulla») – è Andrea Severini, marito di Virginia Raggi. Puffo è il quattrozampe che vive dentro casa e «Virginia», per l’appunto, è la sindaca di Roma in corsa per la rielezione. Il racconto è tratto da un diario che il first gentleman della Capitale sta tenendo su Facebook per raccontare in presa diretta, e dal suo punto di vista, l’ultimo miglio della campagna elettorale della moglie («31 giorni con Virginia»).
Memori della vecchia lezione del celebre telequiz secondo cui «l’aiuto da casa» è più funzionale di quello del pubblico, ma al contempo dimentichi dell’antica regola per la quale l’oste non è il miglior giudice del proprio vino (vale anche per il parere di un familiare su un congiunto), mogli e mariti piombano a piedi uniti nella campagna elettorale per le Amministrative. In soccorso, si fa per dire, di candidati che sembrano – sondaggi alla mano – indietro nei pronostici. Lo fa Severini con la Raggi, segnalando le virtù familiari della moglie, indifferentemente una fuoriclasse tanto nel farsi obbedire dal cane Puffo quanto nella preparazione di un sandwich («Sveglia alle 8 per preparare i panini per il pic-nic. La “paninara” del gruppo è Virginia (…), sui panini è imbattibile, altro che Philadelphia e zucca»). E lo fa anche la moglie di Luigi de Magistris, candidato alla presidenza della Regione Calabria.
Nascosta dietro lo pseudonimo «Greta Fiore», Mariateresa Dolce, consorte del sindaco uscente di Napoli, sfida su Facebook gli odiatori, gli avversari e in qualche caso, come l’altro giorno, anche la sfidante del marito, la candidata del centrosinistra Amalia Bruni. «Luigi de Magistris non ha mai fatto calcoli di convenienza in vita sua», ha scritto rivolgendosi all’esponente della società civile messa in campo in Calabria da Pd e M5S. «Quando si attaccano i propri avversari», ha aggiunto, «bisognerebbe informarsi sulla loro storia. Altrimenti si sputa veleno e basta». Aveva iniziato già da cittadina di Napoli, a difendere il marito. «Raramente pubblico foto con mio marito, difficilmente parlo di noi», aveva scritto qualche tempo fa. Ancora prima, prendendosela con alcuni «intellettuali o presunti tali» che ce l’avevano con la giunta partenopea, aveva precisato: «Di capacità (del sindaco, ndr) non parlo. Sarei troppo di parte». Poi avrà cambiato idea.
E così, nelle pieghe di una campagna elettorale attesa agli ultimi guizzi, spunta il partito dei consorti. Invisibile all’epoca della Prima Repubblica (la moglie di Bettino Craxi si muoveva coi mezzi pubblici, non la riconosceva nessuno), silenzioso all’inizio della Seconda (Veronica Lario e Flavia Prodi erano votate al massimo dell’understatement quando i loro mariti erano a Palazzo Chigi) e visibile a tratti solo cromaticamente (il viola sgargiante della signora Donatella Dini scombinò l’equilibrio dei colori nelle foto del battesimo di Rinnovamento Italiano, il movimento del marito Lamberto), oggi il partito dei consorti si affaccia sulla scena. E, come il Puffo di casa Raggi, non sta fermo un secondo.