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 2021  settembre 18 Sabato calendario

In Parlamento senza Green Pass

Gianluigi Paragone (personaggio mitologico: ex Lega, ex M5S, giornalista travestito da cantante rock, fondatore di Italexit) non risponde al telefono.
Claudio Borghi (Lega) ha annunciato, sui social, che non parlerà più.
Capito: andiamo a cercarli.
Mattina di martellanti novità, green pass obbligatorio ovunque e per tutti, ventitré milioni di persone, colf ucraine e tassisti romani compresi: ma non si capisce bene cosa accadrà qui, in Parlamento, ai deputati e ai senatori No vax, meravigliosa compagnia di giro nei talk televisivi, dove hanno detto tutto e il contrario di tutto (il professor Roberto Burioni non dimentica e infilza Borghi su Twitter: «Subisce una brutale umiliazione dopo aver giocato al piccolo virologo sparando bestialità senza fine»).
Però è venerdì, e il venerdì, a Palazzo Madama, è più facile incontrare un pinguino, che un senatore. Di solito si dileguano già il giovedì pomeriggio (essendo arrivati il martedì all’ora di pranzo). Corridoi deserti, la luce bianca degli enormi lampadari sempre accesi. Una troupe di Mediaset decide allora di andare a Latina, a casa della senatrice Marinella Pacifico. Quella che dice: «Non abbiamo bisogno di vaccini e green pass, ma d’uno stile di vita più sano».
Efferato intuito scientifico e strepitoso talento politico: eletta con i 5 Stelle al grido di «Onestà! Onestà!», passata con Coraggio Italia di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro (giustamente, quelle brave non se le fanno mai scappare), la settimana scorsa finisce sui giornali per aver candidato tutte e tre le figlie – Maria Carla, Maria Pia e Maria Sole – al consiglio comunale pontino. Golosa di potere. E di frutta. Ecco, appunto: «fruttariana» convinta, appartiene alla frangia più radicale dei vegani (niente «cadaveri» e però nemmeno insalate, «Mai uccidere una lattuga»; pranzo e cena solo con mele e banane, le fragole quand’è stagione).
La senatrice Pacifico – «Contro il Covid sottovalutiamo la forza della vitamina C» – collabora con il pattuglino leghista, ribelle e anti-green pass, al quale Matteo Salvini si ostinava a occhieggiare (finché i governatori del Nord, a cominciare da Luca Zaia, con un’intervista sul Corriere, non si sono scocciati, ponendo fine a qualsiasi incertezza). L’episodio più clamoroso, appena tre giorni fa, in un salone giù al piano terra: un convegno organizzato per stabilire che il Coronavirus si cura a casa, con un po’ di liquirizia e qualche fetta di zenzero. L’ideona del sabba tra un gruppo di guru e mezzi maghi è venuta alla senatrice Roberta Ferrero, dopo aver incassato la benedizione della celebre coppia Borghi&Bagnai.
I due sono stati a lungo No euro. Diventano famosi odiando l’Unione europea e la Bce. Alberto Bagnai, modesto suonatore di clavicembalo, occhialini da professore oxfordiano, lo sguardo mite, un giorno – riferendosi a un docente della Bocconi che aveva osato criticarlo – dice: «A questo gli facciamo un bel cappottino di abete» (cioè, lo mettiamo in una bara). Poi però una mattina Borghi&Bagnai si svegliano e scoprono che il loro partito, con Giancarlo Giorgetti capo delegazione, sta per sedersi al governo. Così sono costretti a esibirsi in una drammatica capriola di stampo fantozziano – «Draghi? È come Cristiano Ronaldo!» – e poi si chiedono: adesso che ci fanno, due come noi, nella Lega? 
Decidono di diventare No vax. Botta di puro situazionismo, militanti, iniziano a lanciare appelli. Fanno i furbetti: «Chi lo sa se ci siamo vaccinati pure noi?». A luglio partecipano a un sit-in in piazza del Popolo: poche decine di persone, un paio di cartelli – «Il Covid non esiste», «Viva la libertà» – arriva per curiosità Vittorio Sgarbi, passa un coatto su un’Honda Sh e urla: «A Borghi! Trovate un lavoro serio!».
C’erano anche Armando Siri e Simone Pillon. Sarà una coincidenza: ma questi parlamentari leghisti nemici del green pass hanno tutti curriculum notevoli. Pillon, per dire: va in giro spiegando che in Italia esiste una lobby gay che punta a reclutare omosessuali; ad un certo punto si convince che nelle scuole di Brescia viene insegnata la stregoneria; organizza tre Family Day; in Transatlantico, la mano che tira fuori dalla tasca il rosario (Salvini, a volte, distribuisce invece proprio santini).
Pillon: e adesso, come farà ad entrare a Palazzo Madama?
Ma Pillon tace (finora il green pass era obbligatorio solo per accedere alla lussuosa sala mensa; il Pd – con un documento congiunto Camera/Senato – ha però già auspicato che deputati e senatori vengano sottoposti al regime in vigore per tutti gli altri lavoratori italiani).
Ecco all’improvviso Paragone.
Risponde al telefono.
«Non sono vaccinato e non ho intenzione di vaccinarmi».
E se dovessero rendere obbligatorio il green pass per entrare in aula?
«Non possono. Sarebbe una grave violazione. Io devo poter entrare in aula e battermi politicamente proprio contro il green pass».
Ma come riesce a salire sul treno che da Milano la porta a Roma?
«Faccio tamponi su tamponi».
Quindi un green pass, sia pure temporale, ce l’ha.
«Sì, ma non intendo mostrarlo».
E se un commesso di Palazzo Madama dovesse chiederglielo?
«La considererei una violenza. E mi difenderei. Anche con la forza».
La parole sono queste. Sensazione netta: nella galassia grillina i No vax sono parecchi (per esempio gli ex Emanuele Dessì e Mattia Crucioli, a Montecitorio c’è invece Francesco Forciniti). Uno critico è poi il senatore Mauro Coltorti, presidente della commissione Lavori pubblici.
Lei non è vaccinato.
«Io mi adeguo al Movimento».
Quindi?
«Seguo la linea».
E qual è?
«Qual è in che senso?».
Lasci stare, ho capito.
«Cosa ha capito? E poi lei dice che io non sono vaccinato!».
Perché invece è vaccinato?
«Mhmm…».
È vaccinato sì o no?
«Non glielo dico!».
Ma perché?
«Perché la lascio nel dubbio» (ha 66 anni, docente di Geomorfologia, specializzato nella crosta terrestre vietnamita).