Avvenire, 17 settembre 2021
Quando il Piombino batteva la Roma
Ventuno gennaio 1921: si conclude a Livorno il XVII congresso socialista. L’esito è noto: socialisti da una parte, comunisti dall’altra. La storica scissione, la prima di una lunga serie di incomprensioni e fratture a sinistra. Ma la più drammatica per il contesto in cui matura. In quell’anno di svolta per il Paese, con il fascismo sempre più vicino alla conquista del potere, succedono anche molte altre cose. A Piombino, che della sinistra italiana sarà per decenni una roccaforte, perdendo solo di recente questa sua prerogativa, nasce ad esempio una squadra di calcio: l’Unione Sportiva Sempre Avanti Piombino. Oggi Atletico Piombino Società Sportiva Dilettantistica. Un sodalizio che attualmente milita nei bassifondi del pallone, nell’Eccellenza, ma che in passato ha saputo ritagliarsi qualche momento di gloria. A partire da una clamorosa vittoria contro la Roma, nel campionato di Serie B 1951-52. Una storia piccola e grande allo stesso tempo che è anche un punto d’osservazione privilegiato per rileggere, tra i suoi alti e bassi, un secolo di storia italiana.
Paolo Ceccarelli, giornalista in forza al “Corriere Fiorentino”, il dorso toscano del “Corriere della Sera”, lo fa in un libro eccellente che ha la prefazione del direttore del “Tirreno” Stefano Tamburini: Sempre avanti. Cento anni di calcio, acciaio e politica a Piombino (1921-2021). L’estensione di una tesi di laurea dedicata a questo significativo intreccio. Tangibile e inestricabile. Non è un caso infatti che quella vittoria da leggenda sia arrivata in una fase storica in cui tutta Piombino e non solo la sua squadra di pallone, scrive Ceccarelli, aveva «il vento in poppa». E che proprio in quegli anni si sia sognato l’impossibile: il grande salto in Serie A. Ma erano i tempi del boom economico spregiato da Bianciardi. Della speranza che seppelliva l’angoscia post-bellica. Anche il Piombino, risorto nel gennaio del 1945 «nel retrobottega di un’edicola di corso Italia», documenta l’autore, ne era l’espressione. Una ripartenza a «lume di candela» ma nel solco della quale fu presto possibile sperare in
qualcosa di più dell’iscrizione alla Coppa Cateni poi vinta, sul campo neutro di Follonica, contro il Venturina. Oggi, in un contesto industriale fortemente degradato, con la crisi che morde forte, i sogni sono più modesti. Anche la sola prospettiva di un ritorno in futuro nel professionismo sembra una chimera. Eppure, guai a toccare il Piombino. Per i piombinesi doc un elemento d’identificazione imprescindibile. Al pari del vecchio e sempre più fatiscente stadio Magona, nato su impulso dell’omonima industria siderurgica: un luogo dell’anima, un patrimonio non solo sportivo che merita di essere preservato. I tifosi lo sanno e lo hanno chiesto a gran voce. Il libro lo racconta molto bene, valorizzando la funzione anche sociale di uno sport che davvero autentico, forse, lo è solo nella sua periferia. Lontano dai riflettori, dagli intrighi e dai melodrammi del cosiddetto “grande calcio”. Potenza della nostalgia, ci si commuove quando in appendice a parlare sono le due eccellenze locali: Aldo Agroppi e Nedo Sonetti. Entrambi sono partiti dal Piombino e da quel campo. Confessa Aldo “cuore Toro”: «Mi piace rivedere i vecchi compagni. Rivivo un po’ la gioventù, una gioventù povera ma ricchissima di tante cose». Concorda mister Nedo: «Il fumo delle ciminiere è il segreto che ci ha fatto diventare forti».