Il Sole 24 Ore, 16 settembre 2021
Bruxelles lancia i primi EuroBoT
Dopo gli Eurobond arrivano anche gli Eurobot. Il termine, anche se improprio, aiuta a comprendere l’operazione con cui la Commissione europea ha emesso ieri per la prima volta obbligazioni a breve scadenza (Eu-Bill) per finanziare le esigenze di liquidità immediate legate al programma Next Generation Eu (Ngeu). Sul mercato sono infatti finiti titoli a tre mesi per 3 miliardi di euro e a sei mesi per ulteriori 2 miliardi a fronte di rendimenti medi pari rispettivamente a -0,726% e -0,733 per cento.
Il fatto che questi ultimi siano risultati significativamente inferiori a tutti i bond con scadenza simile trattati sul mercato secondario, compresi quelli emessi dalla Germania e dal Mes, è essenzialmente legato a richieste particolarmente elevate e che hanno superato nel complesso i 21 miliardi. «La prima asta di Eu-Bill rappresenta un altro momento fondamentale per il programma di finanziamento Ngeu», ha sottolineato il Commissario responsabile per il Bilancio, Johannes Hahn, ricordando che «la Commissione dispone ora di una soluzione di finanziamento ponte economica ed efficiente».
«Il successo dell’emissione – ha proseguito Hahn – conferma l’interesse del mercato per questo nuovissimo titolo a breve termine, che attirerà ancora più investitori sui mercati dei capitali della Ue e rafforzerà il ruolo internazionale dell’euro». A differenza di quanto avvenuto nel collocamento del giorno precedente, che aveva riguardato titoli a 7 anni per complessivi nove miliardi ed era stato condotto con l’ausilio di un sindacato di banche, per gli Eu-Bill Bruxelles ha stavolta utilizzato la piattaforma Telsat della Banca di Francia. Si tratta anche in questo caso di una novità, che a sua volta rappresenta un ulteriore passo in avanti per rendere più simile la Commissione Ue a un emittente seriale sui mercati, proprio come lo è uno Stato sovrano del calibro di Italia, Germania, Stati Uniti e Giappone.
Nel corso del 2021 l’Europa ha in effetti già piazzato titoli per 115 miliardi, quasi la metà dei quali necessari a coprire il fabbisogno del programma Ngeu e si appresta a venderne ulteriori 26 miliardi entro fine anno. La novità, sotto questo aspetto, è che alcuni dei prossimi collocamenti saranno effettuati attraverso aste condotte sempre su Telstat, proprio come quella di ieri: riguarderanno probabilmente titoli già emessi (si tratta quindi di cosiddette «riaperture») e si affiancheranno alle operazioni via sindacato destinate a nuove tipologie di bond. Inizieranno il prossimo 27 settembre per essere ripetute poi ogni quarto lunedì del mese, in base a base a quanto stabilito dal piano di finanziamento per il secondo semestre aggiornato proprio la scorsa settimana dalla Commissione.
Sempre a ottobre, presumibilmente a metà mese, non è da escludere anche il debutto del primo green bond targato Bruxelles, che attraverso strumenti collegati alle tematiche ambientali intende finanziare fino al 30% del Recovery Plan, ovvero circa 250 miliardi di euro in cinque anni. Anche questo rappresenta un ulteriore tassello che permetterebbe di allargare la platea degli investitori a soggetti quali gestori di patrimoni, fondi pensione e assicurazioni, funzionale quindi allo sviluppo del mercato degli Eurobond.
Per il momento la Commissione sta in pratica costituendo una sorta di massa critica per creare un vero e proprio mercato efficiente e competitivo. L’introduzione dei titoli a scadenza ravvicinata serve sotto questo aspetto non soltanto per soddisfare le esigenze di cassa del piano Ngeu, ma anche per incrementare la liquidità presente (gli stessi Eu-Bill saranno quotati alla Borsa lussemburghese in modo da agevolare gli scambi fra i trader) e per costruire una vera e propria curva dei tassi lungo le diverse scadenze, elemento essenziale a sua volta per generare un rapporto stabile con i grandi investitori internazionali.
Il vero salto di qualità l’Europa lo compierebbe però secondo gli addetti ai lavori soltanto sviluppando un mercato secondario trasparente e liquido, dove i prezzi si possano formare in modo corretto e gli investitori abbiano la garanzia di poter acquistare e soprattutto rivendere i titoli in possesso anche nelle fasi di maggior tensione sui mercati. L’esperienza del Tesoro italiano – con i suoi BTp finiti spesso nel vortice della speculazione, ma la cui scambiabilità alla fine non è stata mai messa in discussione – è sotto questo aspetto di grande esempio.
La presenza di un mercato di scambi che funzioni a pieno regime e in maniera corretta gioverebbe anche alle casse della stessa Europa: «Quando un titolo come il settennale di due giorni fa viene collocato a un rendimento superiore di 20 punti base rispetto a quello del corrispettivo Bund tedesco e addirittura qualche centesimo oltre l’OaT francese l’anomalia è evidente e soltanto un secondario efficiente e liquido può contribuire a colmarla», osserva un trader. E per un emittente che si appresta a vendere bond per diverse centinaia di miliardi negli anni a venire anche qualche piccolo centesimo può rappresentare un risparmio significativo.