il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2021
Intervista al politologo Zalmai Nishat. Parla dell’Afghanistan
L’emirato islamico è ormai una realtà. Ma l’unità dell’Afghanistan è lontana, secondo il politologo Zalmai Nishat.
I talebani riusciranno a stabilizzare il Paese come sperano le grandi potenze?
I talebani non saranno in grado di garantire la stabilità dell’Afghanistan perché il loro governo è composto soprattutto da ministri della loro etnia, quella pashtun. Non sono stati inclusi quasi completamente i rappresentanti delle altre etnie e sono state escluse completamente la minoranza sciita-hazara e le donne. Va poi sottolineato che i talebani non sono compatti, bensì divisi tra loro e, per questa ragione, prima o poi imploderanno.
Chi e cosa ha permesso ai talebani di riconquistare il Paese?
Indagini della Fondazione Asia e di altre istituzioni hanno mostrato che la popolarità dei talebani è solo del 13 per cento. Anche se il Pakistan continua a negarlo, sono stati, ancora una volta, i suoi servizi segreti militari a finanziarli e supportarli nella riconquista dell’Afghanistan.
Perché l’esercito afghano e quindi lo Stato sono crollati di fronte al ritorno dei talebani?
Il sistema politico e amministrativo dell’Afghanistan, basato sulla costituzione del 2004, è altamente centralizzato in un Paese così multietnico, ancora molto lontano dall’essere una vera nazione. La massiccia concentrazione di potere nelle mani della presidenza ha ingigantito la corruzione declinata non solo attraverso l’uso improprio di fondi e contratti statali ma anche attraverso il favoritismo etnico. Il nepotismo di matrice etnica, come insegna Machiavelli, è la più pericolosa fonte di corruzione.
L’ex presidente Ghani è fuggito, ma l’ex primo ministro Abdullah, di cui lei era consigliere, è rimasto a Kabul. Come mai?
Ashraf Ghani e i membri della sua cricca erano decisamente corrotti. Sono fuggiti perché avevano paura di venire uccisi. Il dottor Abdullah non è fuggito poiché aveva assunto il ruolo di presidente dell’Alto Consiglio per la riconciliazione nazionale (Hcnr), un’istituzione indipendente che ha cercato di far dialogare i violenti gruppi estremisti talebani e il governo ugualmente odiato e corrotto. È stato ingenuo a pensare che i talebani fossero cambiati.
Perché questa volta il Fronte di Resistenza Nazionale è stato sconfitto?
Non si può parlare di sconfitta. A causa delle attrezzature militari americane cadute in mano ai talebani e ai 27 elicotteri e droni armati inviati dal Pakistan per essere usati contro gli uomini di Ahmad Massoud, l’ala militare della NRF ha deciso di mantenere la posizione nella zona più alta delle montagne dell’Hindu Kush e iniziare una guerriglia.
L’Isis-K è in realtà una minaccia creata dal Pakistan per convincere il resto del mondo che senza i talebani al potere, i tagliagole avrebbero preso il sopravvento ?
Sì. A mio avviso l’Isis-K è stato sopravvalutato per mostrare che i talebani sono gli unici in grado di combatterla. Amrullah Saleh, l’ex vicepresidente, ha sempre affermato che è parte di una manovra pachistana per far tornare al potere i talebani. Non credo che l’Isis-K sarà una grande minaccia per l’Afghanistan e il resto del mondo. Bisogna invece sapere che i talebani non hanno mai interrotto i loro legami con al Qaeda e gruppi terroristici della regione.
Cosa vuole la Cina dai talebani?
Dall’annuncio del loro programma One Belt and One Road (Obor), cioè la via della Seta, i cinesi hanno iniziato a implementarlo in Pakistan nell’ambito del Corridoio economico Cina-Pakistan (Cpec), che alla fine potrebbe costare 100 miliardi di dollari. Inoltre, di recente, la Cina ha firmato un accordo di partenariato strategico con l’Iran che porterà miliardi di investimenti in Iran. L’Afghanistan è un collegamento cruciale tra l’Asia meridionale, occidentale e centrale, ed è fondamentale anche per il Pakistan. Dal momento che il Pakistan ha una partnership strategica con la Cina allo scopo di posizionare quest’ultima contro l’India, la Cina ha fatto affidamento sul Pakistan per avere a propria disposizione l’Afghanistan con il suo territorio e con le sue materie prime.