«E pensare», spiega nella sua lezione ad alta quota Massimo Frezzotti, presidente del Comitato Glaciologico Italiano, «che all’inizio del secolo scorso il ghiaccio riempiva tutto il Calderone. Anzi secondo alcune testimonianze in alcune occasioni tracimava e lasciava cadere acqua e frammenti di ghiaccio sul versante teramano del Gran Sasso ». Un colosso gelato alto decine di metri che si è fuso in poco più di un secolo. Con un processo che ora sta persino accelerando.
«I nostri dati, ed è notizia di qualche giorno fa, dicono che si è ridotto del 65% negli ultimi 25 anni», conferma Massimo Pecci, anche lui del comitato Glaciologico Italiano, che ha dedicato gli studi di una vita all’ormai ex ghiacciaio del Calderone.
«La prima volta ci sono salito 40 anni fa. Le volte successive ci ho camminato sopra con i ramponi, ci ho sciato. E si vedevano chiaramente le strutture tipiche di un ghiacciaio: il fronte, la lingua. Ora è irricononoscibile », racconta Simone Gozzano, alpinista, filosofo e prorettore dell’Università dell’Aquila, uno degli atenei abruzzesi, insieme al Gran Sasso Science Institute, l’Università di Teramo, l’Università d’Annunzio di Chieti-Pescara, padroni di casa in questa iniziativa.
Ma Climbing for Climate nasce in realtà a Brescia. È infatti l’Univeristà lombarda ad averla ideata con una visita all’Adamello nel 2019. «Due anni fa abbiamo pensato di cambiare le modalità che usavamo per comunicare l’urgenza della crisi climatica: i convegni non bastavano più. Se i rettori facendo anche un po’ di fatica vanno a vedere e fanno vedere quello che sta succedendo forse l’effetto è migliore, ci siamo detti. E a giudicare dalla giornata di oggi sul Gran Sasso direi che ha funzionato», dice soddisfatto Maurizio Tira, docente di ingegneria ambientale e rettore dell’Università di Brescia.Climbing for Climate è stata subito adottata dalla Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile (Rus), che raccoglie una ottantina di atenei particolarmente sensibili al tema. «Iniziative come questa contribuiscono non solo alla costruzione di una comunità consapevole, ma anche al rafforzamento delle relazioni tra atenei che vivono e hanno un impatto rilevante sui territori», spiega Patrizia Lombardi, presidente della Rus e vice- rettrice del Politecnico di Torino. «Organizzata nell’anno in cui il nostro Paese ha assunto la Presidenza del G20 e la copresidenza di COP26, questa terza edizione del Climbing for Climate rappresenta un tassello importante nella promozione del 2021 come anno dell’ambizione climatica. E contribuisce a valorizzare l’impegno degli atenei italiani nel perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu. Oggi anche l’Anvur ha incluso questi temi tra i criteri di valutazione delle università ».
«In effetti», aggiunge Eugenio Coccia, rettore del Gran Sasso Science Institute, «le università sono un avamposto della sostenibilità, non solo ambientale ma anche sociale, un luogo dove si sensibilizzano gli studenti e i cittadini. E se oggi siamo qui a oltre 2000 metri è per essere più convinti noi e più convincenti con loro».
«Certo, è un atto simbolico, ma comunque significativo: toccare con mano quel che resta del ghiacciaio più a sud d’Europa», interviene il rettore dell’Università di Teramo Dino Mastrocola. «Tuttavia, aldilà dei gesti dimostrativi, per le università è ormai un imperativo occuparsi di sostenibilità e lotta ai cambiamenti climatici. Noi a Teramo negli ultimi tre anni abbiamo varato cinque corsi di laurea che nel nome hanno la parola sostenibilità ».
«In generale, le università italiane stanno lavorando moltissimo», conferma Tira. «È stato appena istituito un dottorato di ricerca nazionale, con un centinaio di borse e l’adesione di 31 atenei. E a fine agosto è arrivato dal ministero un finanziamento di circa 220 milioni complessivi per posizioni di ricercatori, con il vincolo però che si concentrino soprattutto su tematiche green. E ci sono 1,4 miliardi di euro per l’edilizia universitaria, che naturalmente sarà una edilizia sostenibile. Ma come università abbiamo anche fatto raccolta differenziata, piantato alberi, distribuito borracce per ridurre il consumo di plastica». Dunque, anche guardando questi studenti arrivati fin quassù, è ottimista sull’emergenza climatica? Il mondo accademico contribuirà a trovare le soluzioni? «Ottimista se guardo ai giovani. Realista se osservo fenomeni ormai irreversibili. Come questo ghiacciaio che non c’è più».