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 2021  settembre 14 Martedì calendario

Johnson e la guerra dei dazi con l’Ue

Londra Il governo britannico ritarda ancora l’attivazione di controlli alla frontiera con l’Irlanda del Nord (rimasta, come previsto dall’accordo sulla Brexit, transitoriamente nel mercato unico e nell’Unione doganale) per salvare il Natale. Secondo quanto rivelato ieri dal Guardian, l’esecutivo sta considerando di posporre di nuovo l’introduzione dei controlli doganali per i prodotti alimentari che arrivano dall’Unione Europea, temendo una crisi «pre-natalizia» di rifornimenti nei supermercati, già pesantemente colpiti dalla carenza di alcuni prodotti. Se questa decisione venisse confermata, di certo a Bruxelles non sarebbero contenti, visto che ormai da mesi l’Unione Europea chiede a Londra di rispettare l’accordo siglato per il divorzio. Dall’altra parte della barricata invece, Boris Johnson, accortosi di non poter risolvere «il nodo irlandese», continua a fare lo gnorri, estendendo la transizione a tempo indeterminato. Il governo inglese infatti, da ottobre avrebbe dovuto richiedere agli esportatori europei di fornire certificati veterinari dettagliati per la provenienza della carne ed altri documenti per prodotti finiti che contengono ingredienti di origine animale come lasagne, la pizza con il salame, i pasticci di carne di maiale o i burritos al pollo. Inoltre, controlli molto più severi sarebbero dovuti scattare al confine a partire da gennaio. Gli stessi controlli a cui sono ora già soggetti i prodotti inglesi esportati in Europa. Il problema di fondo che spinge Johnson e company a posporre l’imposizione dei dazi, secondo una fonte di governo sentita dal Guardian, è che i ministri temono che alcuni Paesi non abbiano abbastanza veterinari per far fronte alla mole di lavoro straordinaria imposta dalla Brexit e che la maggioranza degli esportatori non siano nemmeno riusciti ad aggiornare i loro sistemi burocratici per garantire ai loro prodotti di viaggiare con le bolle di spedizione corrette. Le grandi catene commerciali inglesi, pensano però che la direzione imboccata dall’esecutivo non sia affatto la risposta ai problemi che stanno sperimentando sulla propria pelle. «Per prima cosa, gli scaffali vuoti nei supermercati non sono causati da ritardi al confine, ma dalla mancanza di autisti nel settore degli autotrasporti» ha spiegato ieri Archie Norman, presidente di Marks&Spencer aggiungendo che, invece, le loro esportazioni sono state fortemente danneggiate dalla Brexit che ha imposto «una burocrazia priva di senso». «Le consegne dei nostri prodotti, destinati alla Repubblica d’Irlanda o in Francia ritardano di quasi un giorno perché subiscono infiniti accertamenti al confine. Accertamenti inutili visto che, al momento, gli standard per i prodotti alimentari rimangono allineati con quelli europei». «I fornitori delle grandi catene commerciali sono già pronti per affrontare i nostri controlli – ha aggiunto The Food and Drink Federation – e un ulteriore ritardo aiuterebbe in realtà solo i piccoli esportatori europei che non sono ancora aggiornati. Se non si parte in ottobre, le relazioni commerciali con l’Europa resteranno asimmetriche e saremo soltanto noi a pagarne le conseguenze».
Altro che salvare il Natale...