La Stampa, 14 settembre 2021
Il vaccino agli under 12?
Per loro un vaccino contro il Covid ancora non c’è. In Italia sono circa 6 milioni, hanno meno di 12 anni e sono senza protezione di fronte al virus. Sono i nostri bambini. Sono tornati a scuola e a giocare insieme: un momento importante, che comporta, però, un inevitabile aumento del rischio contagio.
Negli Usa, in Australia, in Israele, dove gli studenti sono tornati in classe già da qualche settimana, si contano molti focolai e centinaia di migliaia di infettati. Tanto più che, con l’esplosione della variante Delta, stiamo assistendo a una netta crescita dei casi in età pediatrica. Una tendenza che lascia supporre una maggior vulnerabilità dei piccoli di fronte all’ultima variante, rispetto alle precedenti, anche se non ci sono ancora evidenze scientifiche sulla ridotta efficacia della loro innata risposta immunitaria. Di certo, la Delta è più contagiosa e colpisce più facilmente dove non trova ostacoli, cioè tra i non vaccinati, grandi e piccoli.
L’incidenza tra i piccoli
Al momento, nel nostro Paese, quasi un nuovo positivo su quattro (23%) ha meno di 18 anni. L’incidenza dei contagi tra i giovani è quasi tripla rispetto agli over 60, che sono in buona parte vaccinati. Per fortuna i ricoveri restano nella media, 15 ogni milione di bambini, e la probabilità di morte è sempre estremamente bassa: su 723mila ragazzi sotto i 18 anni colpiti dal virus, i decessi sono stati 32 (15 nella fascia 0-9 anni). Ma non bisogna sottovalutare i dati che arrivano dagli Stati Uniti, dove i ricoveri ospedalieri per Covid in bambini e adolescenti (0-17 anni) sono aumentati di circa 5 volte da giugno ad agosto, di 10 volte le ospedalizzazioni di bimbi sotto i 4 anni. Secondo uno studio del Centro americano per il controllo delle malattie (Cdc), questi ricoveri sono più alti negli Stati con una copertura vaccinale inferiore.
I pediatri: «Il rischio cresce»
Del resto, l’80% dei piccoli si contagia in famiglia, perché, «mentre per l’influenza è documentato che sono i piccoli a veicolarne la diffusione, per il Covid si sta verificando il contrario», spiega Alberto Villani, direttore dell’unità operativa di Pediatria e Malattie infettive al Bambino Gesù di Roma, dove c’è stato un netto aumento dei ricoveri. E, per quanto quasi mai gravi, i pazienti «hanno disturbi polmonari, febbre, sensazione di malessere. Alcuni non riescono più ad alimentarsi correttamente». Senza dimenticare gli strascichi del cosiddetto long Covid, perché «una malattia virale contratta nei primi anni di vita può compromettere i polmoni negli anni a venire». Stesso avvertimento da Annamaria Staiano, presidente della Società italiana di pediatria: «Il rischio per i bambini è aumentato. Non solo quello di contrarre il virus, ma, proporzionalmente, quello di contrarlo in forma severa. In più c’è la cosiddetta sindrome infiammatoria multisistemica (Mis-C), un processo autoimmunitario innescato dal virus e in grado di colpire anche altri organi come il cuore, il fegato, il cervello». Ecco perché il rapporto rischi-benefici della vaccinazione è ritenuto comunque favorevole per i bambini, «anche se non soffrono di altre malattie», si legge nel vademecum preparato dalla Sip, in cui si cerca di tranquillizzare i genitori sulle reazioni avverse, a partire dalle miocarditi. «È difficile stabilire un collegamento diretto con il vaccino» e i casi che si sono verificati, oltre che rarissimi, spiegano i pediatri, «sono stati tutti di modesta entità e risolti in breve tempo». Il via libera ufficiale a somministrare il vaccino sotto i 12 anni, però, non è così imminente.
In Europa a inizio 2022
La coppia Pfizer e BioNTech ha fatto sapere di essere quasi pronta a chiedere l’autorizzazione all’uso del proprio vaccino anche dai 5 agli 11 anni. Si tratta dello stesso prodotto usato per gli adulti, ha spiegato la cofondatrice di BioNTech Ozlem Tureci, «ma verrà somministrato in dosi minori (un terzo del dosaggio, ndr) e avrà bisogno di temperature meno basse» per la conservazione.
I trials sono iniziati il 25 marzo e hanno coinvolto diversi sottogruppi su un campione di 4.500 bambini: dai 5 agli 11 anni, dai 2 ai 5, dai 6 mesi ai 2 anni. L’azienda sta già «preparando la produzione» e conta sulla distribuzione da fine ottobre. Più probabilmente si arriverà a fine novembre, anche perché dall’agenzia del farmaco americana (Fda) fanno sapere che servirà un periodo di monitoraggio di almeno due settimane: «Una volta che i produttori avranno completato la gran parte dei test clinici dovranno ultimare l’analisi dei dati degli studi».
Per la distribuzione in Europa, invece, si guarda all’inizio del 2022. Marco Cavaleri, responsabile della strategia vaccinale dell’Ema, ha detto che si aspettano di ricevere «in autunno» i dati necessari per capire «se la vaccinazione dei bambini dai 5 ai 12 anni possa portare un rapporto positivo tra rischi e benefici». Ma l’agenzia europea «deve darsi una mossa», avverte Paolo Rossi, immunologo e infettivologo pediatra del Bambino Gesù: «Mi meraviglia che ancora non abbiamo un’autorizzazione almeno per i bambini in età scolare, dai 6 ai 12 anni – spiega - L’approvazione del vaccino viene fatta per tutta la fascia dai 6 mesi ai 12 anni, ma poi starà a ciascuno Stato decidere quale fascia realmente vaccinare».