Corriere della Sera, 13 settembre 2021
Perseguitato dai giudici per avere svelato i trucchi del bilancio greco
Da qualche parte nell’area euro, la madre 86enne di un esperto di statistiche può essere sfrattata e la sua casa pignorata perché il figlio ha detto la verità. Può accadere mentre la classe politica europea, quasi per intero, finge di non vedere: si disinteressa di una persecuzione che dura da dieci anni, forse perché si sta consumando nel Paese sbagliato. Forse il problema principale di Andreas Georgiou, il funzionario che svelò l’entità della falsificazione del bilancio di Atene, è di essere greco. Fossero calpestati i diritti umani di una figura altrettanto simbolica nell’Ungheria di Viktor Orbán, nella Polonia ultra-nazionalista o nella Bielorussia del dittatore Alexander Lukashenko, allora probabilmente i vertici delle istituzioni bruxellesi ne parlerebbero. Scriverebbero comunicati di protesta. Pronuncerebbero discorsi di condanna.
Ma in questo caso, prevalentemente, tacciono. Qui si tratta della Grecia del 2021, che il governo di Kyriakos Mitsotakis sta riportando rapidamente nell’alveo europeo. Il premier è capace, efficiente e politicamente molto corretto. Il suo partito, Néa Demokratia, è lo stesso che una quindicina di anni fa si era macchiato del maggiore falso in un bilancio pubblico che la storia recente ricordi. Ma oggi si è trasformato in un moderno partito riformatore ed è troppo saldamente ancorato nel Partito popolare europeo – lo stesso della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen – perché la vicenda di Georgiou acquisti la dimensione di ciò che è: un caso politico che nessuno dovrebbe poter ignorare.
Dice lui stesso al Corriere: «Ho applicato le regole nello svolgere il mio lavoro di statistico e poi ho difeso quel lavoro. Sono oggetto di una persecuzione per questo: ho detto una verità che non avrei dovuto pronunciare».
Georgiou era un funzionario del Fondo monetario internazionale, scelto nel 2010 per ricalcolare le dimensioni del deficit e del debito greco dopo la grande falsificazione degli anni precedenti. Fu quello il suo ruolo negli anni trascorsi come presidente dell’Elstat, l’istituto statistico greco. Da allora è stato oggetto di continue azioni giudiziarie mosse dallo stesso personale dell’Elstat che controllava gli uffici prima di lui. Per tre volte in otto anni è stato processato per alto tradimento, un’accusa che poteva valergli l’ergastolo; alla fine è stato condannato a due anni di carcere (con la condizionale) per aver fatto ciò che le norme europee prevedono: una revisione realistica dei dati di bilancio della Grecia, senza metterli ai voti fra coloro che si erano resi per anni corresponsabili della loro falsificazione. L’ultima iniziativa contro Georgiou, ancora in corso, è la più grottesca: condannato da una Corte d’appello di Atene per «diffamazione semplice» nei confronti di Nikolaos Stroblos, il suo predecessore. La sua colpa è aver danneggiato la reputazione della presunta vittima – secondo i giudici greci – pur dicendo la verità. Nel 2014 Georgiou aveva emesso un comunicato in cui difendeva l’esattezza delle sue revisioni dei conti ed è questo gesto che, nelle prossime settimane, rischia di costargli il pignoramento della casa di sua madre a lui intestata.
Stroblos, mai sfiorato da problemi giudiziari dopo i numeri falsi della sua gestione, oggi può rivalersi forzosamente sui beni del successore. Ogni giorno che passa la penalità sale di duecento euro e per disinnescare la spirale Georgiou dovrebbe accettare una pubblica umiliazione. I giudici gli chiedono di pubblicare a proprie spese sulla stampa greca una ritrattazione, con richiesta di scuse e piena ammissione di colpa. Un appello dell’ex funzionario alla Corte suprema del Paese è stato rinviato al gennaio del 2023 per la prima udienza e alla fine di quell’anno per qualunque decisione. Per allora, il conto della presunta «diffamazione semplice» (cioè veritiera) sarà lievitato ad almeno 170 mila euro. Così nel silenzio dei politici europei si sta cercando di distruggere un uomo che ha portato in Grecia la trasparenza che allora Bruxelles esigeva. Se questa campagna avesse successo, il messaggio sarebbe potente per tutti. «La posta in gioco non riguarda solo me. Riguarda anche l’applicazione dei principi statistici nel produrre e diffondere dati ufficiali – dice Georgiou – incluso il diritto di difendere, di fronte a critiche distruttive, statistiche ufficialmente confermate».