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 2021  settembre 13 Lunedì calendario

Lunga intervista a Lilli Gruber

Lilli Gruber, stasera ricomincia Otto e Mezzo. Che stagione sarà? Per lei, e per la politica italiana.
«Complessa, stimolante, decisiva: se sbagliamo questa fase di ripartenza – politica, economica e sanitaria – ne pagheremo le conseguenze a lungo. Sarà molto interessante, con Otto e Mezzo, seguire e raccontare questa sfida».
Cosa pensa del vaccino obbligatorio, ipotizzato da Draghi? È giusto? Ed è possibile?
«Penso sia giusto e anche possibile, visto che già oggi esistono dieci vaccini obbligatori. Il vaccino non è una questione ideologica, ma molto pratica di possibilità di ritorno alla normalità per il bene di tutti».
Ma uno dei suoi ospiti abituali, Massimo Cacciari, è diventato il maître à penser degli avversari del green pass. Lei è d’accordo? O è imbarazzata?
«Non mi imbarazza e non credo che il professor Cacciari sia paragonabile in alcun modo ai No vax. È vero che ha un pensiero critico su questa fase così particolare della nostra vita pubblica e privata. Capisco alcune sue obiezioni, ma non le condivido».
È giusto dare voce, oltre ai critici del green pass, anche ai No vax?
«Non credo sia giusto dare rappresentanza e voce a chi propaga fake news. Siamo giornalisti seri per questo: per combattere notizie false che non si basano sui fatti. La critica politica e giornalistica contribuisce alla qualità del nostro dibattito pubblico; la propaganda anti-scientifica avvelena i pozzi».
Cosa pensa del governo Draghi? C’è troppo consenso acritico in giro?
«Sui due dossier principali, economia e vaccini, i risultati ci sono: era difficile far meglio di così in questa prima fase. Il consenso è dovuto a questo. Certo, essendo sostenuto da quasi tutte le forze politiche, il compito di critica e verifica è demandato ancora di più a noi giornalisti».
Draghi finora non va in tv, se non al Tg1. Dovrebbe comunicare di più?
«Penso che uno dei punti forti di Draghi sia quello di essersi tolto sin dall’inizio dal chiacchiericcio politico che nel nostro Paese raggiunge vette altrove impensabili. Detto questo, spero sempre che il presidente del Consiglio prima o poi accetti il mio invito a Otto e Mezzo!».
Se dovesse puntare un euro sul toto Quirinale, punterebbe su Draghi, su Mattarella o su un terzo nome?
«Non faccio scommesse, men che meno sul prossimo inquilino del Quirinale. È una questione politica che devono risolvere i partiti. Spero che sia un presidente all’altezza della guida che ha saputo esercitare Mattarella negli ultimi 7 anni».
Forse neppure stavolta toccherà a una donna. L’Italia resta un Paese maschilista?
«Maschilista ma che sta cambiando anche se lentamente, grazie alle generazioni più giovani che hanno imparato dagli errori di noi meno giovani e grazie alle cosiddette quote rosa».
Lei spesso però con le donne è dura. Maria Elena Boschi ad esempio si è molto lamentata.
«Auspicare più donne competenti nei posti di comando e battersi per questo non significa non fare bene il proprio lavoro. Le domande non hanno genere, vanno fatte tutte e a tutti. A volte registro un’idea un po’ distorta della cosiddetta solidarietà femminile nel nostro Paese».
Sono poi arrivati i fiori di Salvini? Lei giustamente fece notare che era stato sgarbato, quando disse in un comizio «domani mi tocca andare dalla Gruber, simpatia portami via». Il leader leghista è cambiato? Ora appoggia Draghi...
«I fiori sono arrivati con ritardo, me li ha dati in diretta in una puntata della scorsa stagione e ho apprezzato il gesto. Salvini è un leader energico che si spende molto per le sue idee: il problema è che ora queste idee sembrano un po’ confuse. Da questo punto di vista Draghi rappresenta uno stress test decisivo per la Lega».
Appunto: qual è la vera Lega? Quella quasi democristiana di Giorgetti e Zaia o quella antisistema che non vuole mollare Marine Le Pen?
«La classe dirigente più qualificata della Lega ha tracciato la rotta in modo inequivocabile a favore di green pass, sostegno a Draghi, euro ed europeismo. Ora dipende da Salvini scegliere: seguire questa strada, o inseguire la Meloni nei sondaggi?».
Qual è il segreto della Meloni? Tiene fino alle elezioni o scoppia?
«È una donna intelligente e caparbia, con un grande problema di classe dirigente».
Renzi è davvero finito?
«Non ha perso la capacità di determinare alcuni passaggi politici chiave, rappresentando spesso in Parlamento col suo piccolo partito l’ago della bilancia. Dovrà decidere prima o poi se fare il rappresentante del popolo o il conferenziere».
E i 5 Stelle?
«L’era del Vaffa è finita con la pandemia che richiede più che mai competenze. Anche loro sono in mezzo al guado: alla fine hanno governato con la Lega prima, con il Pd poi, e ora con tutti. Chi sono i nuovi 5 Stelle? A Conte l’ardua sentenza».
La pandemia ha rilanciato il ruolo della tv generalista e dei talk. Finirà tutto con la pandemia? O l’informazione passa ancora dai media tradizionali?
«L’ultima ricerca del Censis registra che durante la pandemia gli italiani si sono affidati più ai media tradizionali – tv in testa – che ai social. Questo evidenzia ancora una volta come l’unica informazione valida e credibile è quella basata su fatti e dati accertati e verificabili. E questo non cambierà».
Lei che ha buoni contatti in giro per il mondo che sensazione ha? In autunno l’Europa e l’America richiudono? O si riesce a gestire il virus?
«La nuova amministrazione americana sul contrasto alla pandemia ha preso la strada giusta. Rispetto all’anno scorso abbiamo delle armi in più, vaccino in primis, ma ora davvero dipende molto dalle nostre scelte personali, dalla responsabilità individuale di tutti».
Ha visto In Onda? Le piace? Non le secca perdere la puntata del sabato?
«D’estate guardo pochissimo la tv, ho bisogno di staccare. Penso però che La7 faccia benissimo a restare “accesa”, rispettando la sua vocazione all’informazione e all’approfondimento. Riguardo al sabato: quella puntata di Otto e Mezzo, la sesta settimanale, ha rappresentato uno “stato d’eccezione”. Siamo soddisfatti di aver svolto il compito con ottimi risultati d’ascolto, pensiamo sia giusto ora tornare alla normalità».
C’è qualche collega, anche uomo, in cui riconosce qualcosa di suo?
«Non so se c’è qualcuno che ha “qualcosa di mio”, non cerco le somiglianze per capire chi mi piace. Apprezzo il lavoro giornalistico rigoroso di Corrado Formigli e Giovanni Floris. Così come penso che in Rai ci siano personalità di livello che dovrebbero essere valorizzate di più».
Come cambierà la Rai con Fuortes&Soldi? Continueranno a comandare i partiti?
«È un’altra sfida importante per il governo Draghi, difficilissima. Per esperienza so che i partiti quando si parla di Rai predicano bene e razzolano malissimo: certi appetiti non si saziano mai».
Lei è di madrelingua tedesca. Qual è secondo lei il bilancio della Merkel? Chi vincerà le elezioni?
«Angela Merkel governa da 16 anni. È stata la più influente leader europea di questo tempo che ha saputo tenere insieme un mondo tentato dalla continua frammentazione. È stata un potente modello di gestione delle crisi. Se l’Europa ha retto in questi anni – anche rispetto all’America di Trump – lo si deve soprattutto a lei. Credo che vinceranno i socialdemocratici di Olaf Scholz, che non disperderà quanto di buono fatto dalla cancelliera».
Quanto c’è di germanico in lei? Pensa in tedesco o in italiano? In quale lingua sogna?
«C’è qualcosa di austro-ungarico forse, ma mi considero profondamente europea. Sogno nelle quattro lingue che conosco, a seconda della lingua che parlano i protagonisti dei miei sogni: tedesco, italiano, inglese, francese. Una fatica!».
Lei è cortese e corretta con tutti, ma lascia l’impressione che se qualcuno le facesse un torto la sua ira sarebbe funesta. È un’impressione sbagliata?
«Non sono irascibile né permalosa. Ma detesto la maleducazione, perché continuo a pensare che la forma sia anche sostanza».