Il Messaggero, 13 settembre 2021
Un titolo nobiliare per 36 euro. Succede in Scozia
Conti, marchesi, duchesse. Gli italiani sognano il titolo nobiliare e cercano modi e stratagemmi per assicurarsene uno. Basta navigare in Rete per misurare l’interesse. Sono oltre nove i milioni di risultati per la ricerca «come diventare nobile». Il titolo più apprezzato pare quello di conte. Il sogno del sangue blu non è solo italiano. Sono 504 milioni i risultati in inglese. Quasi 11 milioni su come divenire nobile in Francia, poco più di nove milioni per il Belgio. Non sono granché diverse le cifre sull’argomento in lingua spagnola. Le ricerche portate avanti, ovviamente, si attestano su cifre inferiori ma comunque a più zeri. Le stime sono di circa ventimila l’anno.
Il titolo nobiliare pare mettere d’accordo tutti: non sarà più riconosciuto ma, a voce, sui biglietti da visita, o comunque per l’ego, fa bene, specie a chi non lo ha e pensa di poterselo procurare. «In Italia non si sa più cos’era realmente la nobiltà che non ha nulla a che vedere con il sogno romantico ottocentesco inseguito da molti – dice Pier Felice degli Uberti, presidente dell’International Commission for Orders of Chivalry e della Confédération Internationale de Généalogie et d’Héraldique – prima di Napoleone era un modo per aumentare il patrimonio, dopo riconosceva un merito. La nobiltà era un privilegio, anche se solo simbolico, ed esiste solo se quel privilegio c’è. Dalla costituzione della Repubblica, i titoli nobiliari non sono più riconosciuti. Oggi nel nostro Paese è molto più importante appartenere a una famiglia storica che a una nobile».
LE RICERCHE
Le ricerche però corrono online. Ci sono siti che aiutano a farle, piattaforme che offrono servizi ad hoc e consulenze. «Quella del titolo nobiliare è una vera moda nel nostro Paese e ha radici storiche – afferma Michele D’Andrea, storico e araldista -. Dopo la caduta della monarchia, gli italiani per cinque anni non hanno avuto un’onorificenza cavalleresca data dallo Stato e, in quel periodo, c’è stata una sorta di palude di ordini cosiddetti indipendenti, spesso di origine incerta, che vendevano onorificenze cavalleresche. Sono stati circa trecentomila, dal 1946 al 1951, ad essere decorati da questi ordini, non tutti legittimi, e molti nobilitavano. Oggi, peraltro, il mercato prosegue, con truffe spesso scoperte dai carabinieri e cifre importanti. Il fenomeno non riguarda soltanto i titoli nobiliari ma pure le onorificenze cavalleresche. L’appetito italiano per i titoli è insaziabile».
Gli ordini più desiderati? «Quello di Malta, che ha più imitazioni della Settimana Enigmistica, e quello dei Templari, per la sua storia affascinante», aggiunge D’Andrea. Di clic in clic, le ricerche si rincorrono. E sì che i numeri della nobiltà sono esigui. «Le famiglie titolate riconosciute nel Libro d’Oro della nobiltà italiana – prosegue degli Uberti – sono 1.200. Intorno a queste, ce ne possono essere altre settemila: approssimativamente cinquemila sono nell’elenco ufficiale, duemila non hanno provveduto a comunicare la loro esistenza, magari perché residenti all’estero».
Il forte desiderio di nobiltà si traduce pure in piccoli trucchi. C’è chi adotta il doppio cognome, aggiungendo quello materno, perché fa effetto. E chi sfrutta il cognome che inizia con De, staccandolo e adottando la minuscola. «Queste cose colpiscono chi non sa – continua degli Uberti – de, di, degli, davanti al cognome, sono impropriamente definiti particella nobiliare ma specificano solo una discendenza. Purtroppo ci sono tanti poco seri che garantiscono di saper fare ricerche. Meglio fare da soli. Tutti sappiamo leggere e scrivere, dunque tutti siamo in grado di condurre una ricerca genealogica, peraltro è bellissimo».
Tra sogno e servizi, c’è chi nella fantasia del sangue blu ha visto un modo per fare bene al pianeta. Sono oltre 250mila le persone divenute Lairds, Lords e Ladies di Glencoe. Bastano trentasei euro per acquisire il pacchetto base, con certificato di proprietà di un piccolo lotto di terreno in Scozia, benvenuto e diritto d’uso del titolo. I contributi sono destinati a recupero e conservazione di flora e fauna selvatica. Un modo per fare bene all’ambiente e attestare la propria nobiltà, sicuramente d’animo.