Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  settembre 12 Domenica calendario

I talebani e il vuoto delle democrazie euro-atlantiche

Nella storia della guerra afghana non esiste una data da cui decorre l’inizio delle operazioni militari. Ma sappiamo che la miccia cominciò a bruciare l’11 settembre 2001 non appena quattro aerei americani di linea furono dirottati da 19 terroristi. Due aerei vennero lanciati contro le Torri Nord e Sud del World Trade Center di New York. Le torri crollarono e gli incendi causarono la distruzione di quasi tutti gli altri edifici del quartiere. Un terzo aereo fu lanciato contro la sede del dipartimento della Difesa in Virginia e un quarto mancò il bersaglio precipitando in Pennsylvania grazie a una eroica rivolta dei passeggeri.
Dietro queste operazioni vi era Al Qaeda, una organizzazione dell’islamismo radicale che deve buona parte della sua efficacia a un miliardario sunnita, Osama bin Laden, direttore e stratega delle sue operazioni sino alla morte, il 2 maggio 2011. Gli Stati Uniti non potevano permettere che la sfida di Al Qaeda restasse impunita e da quel momento cominciò la caccia al nemico nei Paesi che ospitavano gli autori dell’impresa. Il più evidente era l’Afghanistan, un Emirato islamista che era diventato il principale rifugio degli esecutori. Lo sdegno non poteva essere esclusivamente americano e alla guerra contro Kabul partecipò anche la Nato con corpi di spedizione di parecchi dei suoi membri, fra cui l’Italia. Ma negli scorsi mesi i due presidenti americani che si sono succeduti alla Casa Bianca (il repubblicano Donald Trump e il democratico Joe Biden) sono giunti alla conclusione che nella guerra afghana non vi sarebbe stato un vincitore, che la presenza militare in Afghanistan era ormai inutile e che conveniva riportare a casa le truppe inviate contro i terroristi di Al Qaeda. I due uomini di Stato hanno carattere e personalità alquanto diverse, ma entrambi, evidentemente, hanno capito che nelle democrazie i voti degli elettori sono più importanti della punizione di un nemico. La guerra sembrava finita quando le democrazie avevano installato in Afghanistan i loro soldati, ma il Paese fu riconquistato quando i loro elettori hanno cominciato a stancarsi della guerra, hanno deciso che i voti sono più importanti di una giusta rivalsa. Il vuoto lasciato dalle democrazie è stato immediatamente riempito dai talebani: una setta che non conosce altra politica fuorché quella dettata dal Corano. In altri tempi gli euro-atlantici avrebbero fatto dell’Afghanistan una colonia da occupare e sfruttare. Ma il colonialismo è nella fase del suo declino e le democrazie occidentali, almeno per il momento, non vogliono addossarsi la responsabilità di una colonia. In altri tempi forse la soluzione del problema, sarebbe un gruppo sociale afghano desideroso di governare il Paese per usarne le ricchezze petrolifere e minerarie. Ma questo ceto sociale, almeno per ora, non esiste. In altri tempi i talebani sarebbero diventati commercianti e imprenditori, ma per il momento preferiscono i testi sacri della loro religione. Con il Corano e con le armi si può vincere una battaglia, ma non si governa e non si fa alcunché per le condizioni sociali del Paese.