Corriere della Sera, 12 settembre 2021
Intervista a Luciana Lamorgese
Roma «È evidente che l’innalzamento dei toni delle proteste può favorire forti tensioni per l’ordine pubblico e atti ostili anche da parte di singoli, non direttamente riconducibili a gruppi organizzati», avverte la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, nel giorno di nuove proteste contro il green pass e l’ipotesi dell’obbligo vaccinale.
Che cosa emerge da controlli e analisi sulle manifestazioni No-vax ?
«La galassia delle sigle No-vax appare composita e variegata, e al momento non risultano contatti strutturati con frange estremiste. Certo, in alcune delle proteste si è registrata una sporadica partecipazione di appartenenti all’estrema sinistra o all’area anarchica nonché, soprattutto a Roma, alla destra radicale. In alcune occasioni ci sono stati evidenti tentativi, non riusciti, di alimentare una degenerazione violenta della protesta».
Quindi c’è il rischio di strumentalizzazioni politiche?
«Proprio per scongiurare situazioni di rischio e intercettare possibili derive, è stata intensificata l’attività di prevenzione anche grazie al costante monitoraggio del web, come dimostra la recente operazione della Polizia di Stato coordinata dalla Procura di Milano. È importante, in questa fase, individuare per tempo i segnali di possibili legami tra i gruppi No-vax e di tendenza estremistica che rappresenterebbero un preoccupante salto di qualità».
Lei è favorevole ad allargare l’obbligo del green pass?
«La linea del governo è netta: estenderne quanto più possibile l’utilizzo e completare il piano vaccini che, tra l’altro, sta andando molto bene. Il green pass è fondamentale per supportare la ripartenza in sicurezza delle imprese e del Paese».
A parte le questioni legate all’emergenza Covid, che cosa la preoccupa di più alla ripresa dopo la pausa estiva?
«Gli scenari da monitorare riguardano non solo le tensioni sociali e l’ordine pubblico, ma anche l’immigrazione, le minacce del terrorismo, la criminalità organizzata, gli appetiti delle mafie sulle ingenti risorse pubbliche destinate alla ripresa economica, gli attacchi violenti veicolati dalla Rete. Sono tutte sfide sulle quali il Viminale è costantemente impegnato in prima linea».
Ma come si fa a convivere in un governo dove uno dei leader della maggioranza, Matteo Salvini, l’attacca continuamente definendola «la persona sbagliata al posto sbagliato»?
«Con una coalizione così ampia, i ministri sono costretti a grandi sforzi per individuare un punto di equilibrio tra posizioni talvolta distanti su molti temi sensibili, non solo l’immigrazione. Certo, quando gli attacchi partono da chi sostiene il governo, diventando martellanti e personali, finiscono per danneggiare l’immagine dell’amministrazione e dell’intero esecutivo, in un momento molto delicato per il Paese nel quale occorrerebbe più coesione».
È disponibile a un faccia a faccia con il capo della Lega?
«Da tempo ho manifestato al presidente Draghi, che ringrazio per il suo autorevole sostegno, la mia disponibilità all’incontro. Non mi sottrarrò certo al confronto, anzi ascolterò con interesse le eventuali proposte che il senatore Salvini saprà indicare su un tema molto complesso qual è l’immigrazione. Infatti la gestione dei flussi coinvolge, oltre naturalmente il rispetto dei diritti umani, anche gli indirizzi della nostra politica estera, i rapporti con partner europei, le scelte strategiche che l’Ue e l’Italia sono in grado di concretizzare in particolare in Nord Africa, nel Sahel, in Afghanistan e nei Balcani».
La accusano di aver favorito l’aumento degli arrivi di migranti: 5.683 nel 2019, 19.982 nel 2020 e 39.965 fino ad oggi nel 2021. Che cosa risponde?
«Dobbiamo essere consapevoli che l’immigrazione è un fenomeno strutturale e non congiunturale, che ci accompagnerà a lungo. E la crisi pandemica ha acuito una depressione socio-economica nelle aree tradizionali di origine e transito dei flussi, favorendo ancor più la spinta migratoria. Un altro fattore che ha inciso negativamente è quello delle gravi crisi istituzionali, sociali ed economiche che hanno colpito Libia e Tunisia e che hanno evidenziato come non si possa prescindere da un’azione forte della comunità internazionale per la stabilizzazione duratura dei due Paesi».
La preoccupano i probabili nuovi flussi da Est a seguito della crisi afghana?
«Certo. E quello che arriva dal nuovo governo, insediatosi proprio a ridosso del ventennale dell’11 settembre, non è un buon segnale. Al Forum di Londra di giovedì scorso, con i ministri dell’Interno e della Sicurezza del G7 abbiamo condiviso la forte preoccupazione per lo scenario afghano e fissato alcuni punti comuni: rafforzare ogni sforzo contro il terrorismo, combattere la migrazione irregolare e le reti dei trafficanti, cooperare con i Paesi della regione in cui sono ospitati i rifugiati afghani».
Teme una recrudescenza del terrorismo internazionale che possa interessare anche l’Italia?
«La presa di Kabul è stata ampiamente enfatizzata dalla propaganda jihadista e questo rappresenta, di per sé, un pericolo perché è in grado di influenzare processi di radicalizzazione violenta anche in soggetti estranei ai contesti organizzati. Per questo motivo, pur in assenza di segnali di una minaccia concreta e attuale, è stata ulteriormente innalzata l’attenzione, anche con una maggiore condivisione delle informazioni a livello internazionale, verso tutti gli ambienti potenzialmente sensibili ai richiami delle organizzazioni terroristiche. Il rischio è che l’Afghanistan possa tornare ad essere un punto di riferimento del terrorismo internazionale e ciò comporterebbe un mutamento del livello di allarme. È necessaria un’azione globale per contrastare tutte le forme di estremismo violento».
Sul fronte sud dell’immigrazione, quali iniziative sono in corso con Libia, Tunisia e altri Paesi coinvolti?
«La malaugurata ipotesi di uno slittamento delle elezioni in Libia potrebbe segnare la ripresa di forti tensioni. Nella stessa regione, le prospettive dell’economia tunisina sono preoccupanti e per questo, nell’ambito del negoziato del nuovo Patto europeo su immigrazione e asilo, stiamo sostenendo la necessità e l’urgenza di un approccio coordinato e solidale, insieme a un grande piano economico per il Nord Africa, che sappia garantire il diritto dei richiedenti asilo ma anche la condivisione degli oneri tra tutti gli Stati. Il pieno coinvolgimento dei Paesi terzi è indispensabile per combattere le reti del traffico dei migranti: su questo fronte il nostro impegno è costante, e infatti ora è operativa una linea di comunicazione diretta con la Tunisia per rendere più efficace l’individuazione all’origine delle partenze dei barconi dalla costa nordafricana».
Anche dopo il suo arrivo al Viminale le navi rimangono spesso in attesa per giorni prima di ottenere il permesso di sbarco, come accadeva con Salvini. È ancora questa la politica del governo?
«Da oltre un anno il Covid-19 ha reso più complesse tutte le procedure di prima accoglienza, soprattutto quelle che riguardano l’allestimento delle strutture di isolamento sanitario, tanto che abbiamo dovuto ricorrere alle navi traghetto per lo svolgimento della quarantena. Siamo stati costretti a individuare soluzioni articolate per evitare l’impatto sulle comunità locali e organizzare il necessario screening sanitario di tutti i migranti al momento dello sbarco».
Che cosa ha da dire sul rave party di quest’estate al confine tra Lazio e Toscana? È vero che era stato intercettato da carabinieri e polizia, ma poi è arrivato l’ordine di «monitorare e non bloccare il transito» dei partecipanti?
«Guardi, non credo che si possa far passare nell’opinione pubblica l’idea che le forze di polizia italiane, che godono di una reputazione di alto profilo, abbiano agito in quelle circostanze con arrendevolezza o irrisolutezza. In questo momento posso solo dire, per rispetto del Parlamento dove mercoledì andrò a riferire con una informativa, che anche in questa occasione le forze di polizia hanno operato con grande equilibrio».