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 2021  settembre 12 Domenica calendario

Il coraggio di premiare l’aborto

Non sempre accade una composizione della Mostra così in equilibrio tra «ricerca» e nomi di sedimentata fama, tra registi italiani e internazionali, in una rappresentazione così larga della situazione del cinema mondiale. Il primo plauso va al coraggio di Venezia che da due anni si svolge in un labirinto di protocolli sanitari, facendoli rispettare con un lodevole rigore, caso raro in Italia. Una lezione che viene proprio dal Cinema, uno dei mondi più feriti dalla pandemia.
E non sempre accade che i grandi nomi arrivino a Venezia con film all’altezza della loro storia. Se «Madres parallelas» di Almodovar non ha la stessa intensità di «Dolor Y Gloria» (benché a Penélope Cruz vada la Coppa Volpi per la migliore – forse – interpretazione femminile), la Mostra può vantare uno dei migliori film che Paolo Sorrentino abbia diretto («La mano di Dio», su un tema universale come la perdita dei propri genitori, Gran Premio della Giuria); e può compiacersi di un bellissimo «The Power of the Dog» di Jane Campion, Leone d’argento per la migliore regia.
Accolgo con gioia il riconoscimento a «Il buco» di Frammartino, regista di straordinario carattere e stile. Molto di più meritava Mario Martone, con «Qui rido io». Martone continua la sua libera rilettura del nostro passato, trasformando la nostra storia in una epica densa di chiaroscuri, ed è forse uno dei pochi mitografi italiani, consapevoli della potenza del cinema.
Ma guai a fermarsi al concorso. La bellezza della Mostra (e di questa in particolare) è di entrare in un bosco sacro, dove è bello perdersi nel labirinto delle programmazioni, passare dal concorso a Orizzonti, alle Giornate degli autori, all’Isola di Edipo, senza tralasciare I Fuori Concorso, che avrebbero meritato di stare in Concorso. Tra questi, «Il bambino nascosto» di Roberto Andò, tratto dall’omonimo romanzo dello stesso autore, con un bravissimo Silvio Orlando, che disegnano una Napoli così poco convenzionale.
E «Les choses humaines» di Yvan Attal, tratto dal romanzo omonimo della scrittrice francese Karine Tuil, libro e film di bruciante attualità, sul tema della violenza sulle donne, tra ragazzi, che, peraltro avrebbe creato un po’ di dibattito (forse un po’ assente da Venezia 78). Ma la sua assenza in concorso mi sembra in parte compensata dal Leone d’Oro a «L’Événement» di Audrey Diwan, sul doloroso tema dell’aborto.
Ora c’è da sperare che il coraggio della Mostra si trasferisca nel coraggio degli esercenti, affinché più perle possibili di Venezia 78 escano nelle nostre sale. —