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 2021  settembre 11 Sabato calendario

La montagna assetata

La montagna non è più incantata. Diga alpina del Chiotas, duemila metri nel cuore del Parco delle Alpi Marittime cuneesi: qui sono spuntate le spiagge. L’acqua si è ritirata e si sono creati isolotti di sabbia e ghiaia. Pure i laghi evaporano. Acqua al sole. Sullo spartiacque dove l’Italia diventa Francia c’è un piccolo scrigno blu: il lago di Roure. Non ne resta che terra screpolata. Il popolo che abita la montagna fugge: scende a valle. Molti margari lasciano gli alpeggi. E chiudono anche i rifugi. Non per la gelata che arriva e l’estate finisce. Quello è il mondo di ieri. Oggi è colpa della grande sete. Manca l’acqua a 2640 metri. Sui sentieri dove nasce il Po: ai piedi del Monviso. Soffre lui, soffrono gli uomini che per tre mesi l’anno abitano le sue pendici. «Una cosa mai vista» dicono dal rifugio Quintino Sella. Dopodomani chiude. Di solito resiste fino ai primi di ottobre. Ma non c’è più acqua per cucinare, lavare, lavarsi: «Le riserve invernali si sono esaurite».
La montagna aveva avvisato. Non smette di farlo questa natura che non ne può più. Di noi, del nostro tempo. Lo chiamano Antropocene. L’era dell’uomo, quella in cui le pianure sembrano savane e le montagne si sgretolano. È come se parlassero, mentre lo fanno. Il Monviso sono anni si sta spegnendo. Perde pezzi, frana. È nel suo destino, fra milioni di anni non ci sarà più. Ma il cambiamento climatico accelera il processo. E l’Arpa infatti avvisa: «La parete nord est è destinata a nuove frane». Intanto quest’estate è successo questo: il Camoscere in valle Maira ha perso un torrione. È un tremila. Ora tocca a loro sgretolarsi. Un segnale più che preoccupante. Perché incrocia il destino geologico con l’altro risvolto del surriscaldamento della terra: il permafrost. «Una colla che sta lì da milioni di anni. Se si scioglie è capace di portarsi dietro interi pezzi di montagne» spiega Enrico Collo, il geologo che ha visto franare sotto i suoi occhi il Camoscere. Non è il solo: le montagne che muoiono, le loro ferite, si vedono anche da lontano. Dall’alto, ad esempio, delle mongolfiere di Mondovì che le hanno immortalate. Ora c’è pure un catasto delle frane di alta quota. Un dataset che ha intercettato 508 processi di instabilità sulle Alpi italiane sopra i 1500 metri.
Mentre in altre valli, Grana e Maira, stanno cercando di difendere persino i cieli. Per colpa dell’inquinamento non si vedono più le stelle. Così Elva quest’estate ha spento le sue luci per due notti. Gli esperti: «Dal Quintino Sella che chiude alle montagne che soffrono di sete ai ghiacciai che muoiono, siamo di fronte a fenomeni che impongono sfide nuove». Chi parla è uno dei grandi conoscitori italiani di ghiacciai, Umberto Morra di Cella. Con lui si riflette che non è certo la prima volta che un rifugio chiude perché manca l’acqua. Ad esempio nel 2017 fa era toccato al Gonella, sulle montagne di Courmayeur. L’anno scorso all’Ellena Soria. È ai piedi del Gelas, uno degli ultimi ghiacciai delle montagne cuneesi. «Quest’anno invece l’acqua c’è» conferma Mary Bacani. E la stagione va fino ad esaurimento naturale: tempo permettendo fino a metà ottobre. Anche altrove molti rifigusti non si lamentano. Perché? «Perché ogni rifugio vive situazioni differenti a seconda delle sue possibilità di captazione. E perché siamo all’inizio. Alla macchia di leopardo. Ai casi che ci dicono che se non cambiamo rotta e presto lo scenario del futuro sarà questo: l’uomo in fuga dalle alte terre. Quel che sta succedendo sulle Alpi è drammatico». Anche in pianura: i campi desertificati, le distese di mais senza più acqua, prati senza un filo d’erba. L’indice di siccità dell’Arpa fotografa un Piemonte a corto d’acqua ovunque: monti e fiumi. Tanaro e Po sono i grandi malati. E non c’è posto che si salvi. Col paradosso degli allevatori che abbandonano gli alpeggi inariditi per trovare a valle lo stesso scenario, la stessa desolazione. Giovanni Dalmasso, presidente Adialpi: «Perdiamo i pascoli già pagati in alta quota per ritrovarci in pianura con il prezzo del foraggio salito alle stelle». Motivo? Un disco rotto: la sete d’acqua.