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 2021  settembre 11 Sabato calendario

Intervista a Claudia Schiffer

Il museo Kunstpalast di Düsseldorf ha ragione: se si deve parlare di fotografia di moda degli anni 90, chi può farlo meglio di un simbolo di quell’epoca, qualcuno che quei momenti li ha vissuti, tutti? Qualcuno come Claudia Schiffer, supermodella nel senso più puro del termine, e ora curatrice di Captivate! Fashion photography from the 90s , che aprirà i battenti il 15 settembre. Il museo non ha torto: la Schiffer il tema lo conosce, e pure bene.
Claudia, perché i Novanta affascinano le nuove generazioni?
«È stato allora che la moda è davvero penetrata nella società, modificandone usi e costumi. Penso al Gucci di Tom Ford o alle foto di Kate Moss per Calvin Klein: estetiche diverse, ma altrettanto influenti. Allo stesso tempo, Mtv ha iniziato a trasmettere programmi a tema per i più giovani, nell’editoria si sono moltiplicate le testate, e sono esplosi i fenomeni delle top model e dei designer superstar. Era frenetico».
Come ha selezionato le immagini?
«Chiedendomi: questa foto è davvero "Novanta"? Rappresenta la visione di quegli anni, che siano il bianco e nero di Peter Lindbergh o il realismo di Mario Sorrenti? Mi premeva renderne l’eclettismo espressivo, anche nelle tecniche fotografiche, dalla stampa ai sali d’argento alle Polaroid, fino alle istantanee non posate, più vere e spontanee, che ho raccolto nel tempo. Una massa di materiale che mi ha spinto a un allestimento diviso per temi, senza un ordine cronologico».
Le sue foto preferite?
«Per valore sentimentale, i miei primi test. E un mio ritratto di Helmut Newton, con cui ho avuto l’onore di lavorare».
Provocatorie come sono, forse le opere di Newton oggi non sarebbero pubblicate.
«Lo ripeto, è stato un onore incontrarlo. Ci capivamo: entrambi tedeschi, organizzati, calmi e controllati. Il suo lavoro fa discutere perché ha ribaltato i canoni dell’immagine femminile, narrando con intelligenza ogni aspetto della sessualità. Le sue donne sono forti, nel corpo e nello spirito. Ho inserito un suo scatto di Carla Bruni con il monocolo, mi pareva calzante».
All’epoca cosa la spiazzava di più?
«Che noi modelle fossimo come rockstar: avevamo bisogno della security anche solo per salire in auto.
C’era chi faceva dei buchi nelle tende delle sfilate per fotografarci mentre ci svestivamo, perciò i backstage erano pieni di bodyguard. Io ne avevo una per la mia biancheria: quando mi cambiavo per gli show e la lasciavo, me la rubavano sempre! Follia».
Come ha capito di avercela fatta?
«Merito delle foto di Ellen von Unwerth per Guess nel 1989. Ci siamo conosciute a Parigi quando avevo 17 anni, e siamo diventate subito amiche. Eravamo entrambe agli inizi, e un giorno Paul Marciano di Guess ha visto i provini che Ellen mi aveva fatto un pomeriggio al Centre Pompidou. Ci ha ingaggiato per la campagna, e poi sono diventata pure il volto del profumo. Per lanciarlo mi hanno mandato in tour nei department store americani e ai talk show di Leno, Oprah, Letterman.
Finito tutto, una mattina sono nell’ascensore del mio condominio a New York, assonnata e spettinata: sale un tizio che mi vede e sbotta, "Ma tu sei la ragazza Guess!". Lì ho saputo che la mia vita era cambiata».
Karl Lagerfeld è molto presente.
Lui l’ha portata in passerella, giusto?
«Giusto. Un legame lungo 30 anni, il nostro. Karl ha trasformato questa timida ragazza in una supermodella, mi ha insegnato a sopravvivere in questo mondo. Mi ripeteva sempre di rimanere fedele a me stessa e di seguire il mio istinto: aveva ragione».
Epocale un suo shooting a Roma nel 1995: la città era impazzita.
«Campagna Valentino, foto di Arthur Elgort, ispirazione La dolce vita .
Proprio come nel film, ci siamo ritrovati inseguiti dai paparazzi. Il massimo è stato quando, per una foto, mi sono affacciata al balcone salutando la folla che s’è messa a scandire il mio nome tipo stadio».
Come ha scelto il manifesto, una foto di Richard Avedon per Versace del 1994, con lei e le altre top?
«Quelle immagini incarnano il glamour e la creatività di allora: Gianni – una persona splendida, come sua sorella Donatella – ha reso le passerelle veri show. Per esempio, ricordo noi che sfiliamo al ritmo di un brano di Prince, mentre lui è seduto in prima fila a guardarci. Irripetibile».