la Repubblica, 11 settembre 2021
Una mostra su Berlusconi prima della politica
E le ombre? Ah no, qui ci sono solo le luci del varietà, il sorriso da un orecchio all’altro, lo sguardo da sparviero, la scalata verso il successo e persino la sua voce, che arriva quasi irriconoscibile, ma insomma è Silvio Berlusconi in tutto lo splendore dei tempi andati. Niente politica, solo l’uomo d’impresa. Il mattone, i supermercati, le televisioni, tutto quello che è successo prima della “discesa in campo” nel 1993, e solo quello. Ma anche lì, ieri all’anteprima per la stampa della mostra “Piano B. Il cavaliere del lavoro” si è vista solo la parte dedicata alla tv e alla Standa, l’esordio nel mondo della grande distribuzione, la pubblicità che entrava vincente nei programmi, la formula inventata da Mike Bongiorno che garantiva personalmente la bontà dei prodotti.
Niente Edilnord, Milano 2 e 3, niente Milan. Mezz’ora di assaggio del documentario, più che mostra – fotografie famose ridisegnate, o disegni tout court, con varie musiche e un commento piuttosto roboante – che dal prossimo 17 settembre sarà aperto anche al pubblico (pagante 12 euro) in un salone dell’Hotel Enterprise di Milano, per un’ora e 10 minuti di visione (in piedi, dunque preparatevi), in quello che viene definito come “viaggio immersivo”. Significa assistere alla ricostruzione dell’ “epica berlusconiana” (lo dicono gli organizzatori) proiettata sulle 4 pareti del grande spazio vuoto. Dal 17 settembre si vedrà anche la parte degli inizi da costruttore, l’edilizia come primo volano del suo variegato business. «Una storia davvero epica (con tutti i suoi risvolti) che ritengo abbia impattato a fondo sul Paese», spiega Edoardo Scarpellini del Gruppo MilanoCard, organizzatrice della mostra. «Forse l’ultimo vero imprenditore “classico” del nostro Paese, prima dell’arrivo degli imprenditori-finanzieri». «Al di là delle divisioni e delle polemiche dettate da contrapposizioni politiche e ideologiche, è un dato di fatto che Berlusconi ha cambiato l’immaginario dell’Italia», dice Giuseppe Frangi, curatore di “Piano B”. Che premette: «Mai votato Berlusconi, e non mi riconosco nell’Italia che ha contribuito a plasmare. Abbiamo voluto calarci nello sguardo di chi negli anni ’70 e ’80 è stato conquistato da lui». Milioni di italiani, abbagliati dai programmi sicuramente innovativi che poi hanno stregato anche gli albanesi. E quando finalmente sbarcavano in Italia, gli ingenui si stupivano che non era quella che vedevano su Canale 5, la realtà era molto meno scintillante persino ai loro occhi di poveri.
«È la storia di un Paese di cui il Paese si è dimenticato», diceva ieri Scarpellini. Però, niente politica, e nessun accenno alle inchieste giudiziarie che pure hanno accompagnato la scalata di Berlusconi fin dagli inizi. Però lo speaker dice che nel 1984 ci fu «un’offensiva politica e giudiziaria, quando tre pretori oscurano le sue trasmissioni» (perché violavano la legge, mica per altro). Allora «lui decide di oscurarle del tutto, il pubblico si scatena, e Craxi deve tornare dalla sua visita a Londra e firmare un decreto che riaccende le tv». D’altra p arte – e qui parla Berlusconi – «con i master inventai la falsa televisione in diretta», e i master erano i “pizzoni” che venivano spediti in tutta Italia per aggirare il divieto di trasmissione in contemporanea a livello nazionale. Altri tempi, tempi ruggenti, anche se la gran carrellata di facce e sigle appare così lontana e fané, W le donne, Ok il prezzo è giusto, Carmen Russo al Drive in, persino le prime veline, e tutti gli attori e presentatori che fecero il gran passo e abbandonarono la Rai. E Berlusconi l’ha vista, la mostra-documentario? «Gli abbiamo mandato un’anteprima», pare che non ci sia stata risposta.