il Fatto Quotidiano, 10 settembre 2021
Matteo Bassetti: «Io tra vanità e scienza»
“Chi perde la grande opportunità di vaccinarsi è un coglione”. A Matteo Bassetti si possono rimproverare parecchie cose, in questo anno e mezzo di pandemia, dalle previsioni sbagliate sulla seconda ondata ai filmini del matrimonio dalla D’Urso, ma sull’importanza dei vaccini non è sceso a patti con nessuno, neppure con la sua rinomata vanità.
Anzi, l’aura da professore più amato dalla destra è andata persa, e lui sembra non preoccuparsene troppo.
Sbaglio o i suoi problemi con i no vax partono da prima del Covid?
Dal 2018. Dirigevo il reparto di malattie infettive a Udine, nel periodo della legge Lorenzin sull’obbligo vaccinale. Io promuovevo l’importanza dei vaccini, ero una sorta di Burioni friulano. Imbrattarono le vetrate del padiglione con scritte tipo “pelato di merda”.
Questa volta, per le minacce, le hanno dato la scorta. Era preparato a questa deriva no vax?
Quando sono stato vaccinato il 27 dicembre sa cosa ho detto? Non che volessi fare il veggente, eh.
Cosa che non le viene sempre bene, per giunta.
Sì, esatto. Ho detto “attenzione perché non sarà così facile far vaccinare tutti gli italiani”. Avevo ragione.
Perché i vaccini sono una cosa di sinistra?
Qualcuno dall’altra parte non ha capito l’importanza dei vaccini.
Non credo che la Meloni e Salvini non l’abbiano capito. I no vax votano, tutto qui.
Il gioco non vale la candela. Ideologicamente io sono da quella parte, ma questa guerra contro la scienza mi fa sentire orfano. E come me tante persone di centrodestra.
Cosa ha votato in passato?
Sono un liberale. Forza Italia, pure Renzi quando era nel Pd.
Quanti casi di reazioni avverse nel suo ospedale?
Pochissime. Poi sa, poco fa ero al telefono con una signora che soffre di fibrillazione atriale e insufficienza mitralica, dopo cinque giorni dal vaccino ha un problema elettrico al cuore. Mi dice “la seconda dose non la faccio”. Le dico: “Attenzione, con i suoi pregressi quel problema le poteva venire comunque”. Con 40 milioni di vaccinati è normale che possano esserci sovrapposizioni temporali tra eventi non collegati.
Il vaccino non è infallibile, comunque.
No, come tutti i farmaci. Se si ha paura degli effetti collaterali bisogna essere coerenti nella vita e non prenderne. A Udine un giorno mi venne uno con un’atrofia giallo acuta da iperdosaggio di tachipirina, è morto. MORTO. Quello che afferma “il vaccino è sperimentale”, poi magari si prende l’antibiotico scaduto dal cassetto del nonno o se gli si ammala la mamma di tumore al pancreas dice sì a qualsiasi cura sperimentale.
Lei è passato dall’essere rassicurazionista ad allarmista: l’avere sbagliato previsioni l’ha segnata?
Ho sbagliato e sono l’unico che ha ammesso un errore.
Ma lei si è chiesto “perché ho sbagliato così clamorosamente?”.
Sì. Perché vedevo la realtà del mio ospedale e la riportavo. La scorsa estate l’ospedale era più vuoto di oggi. Ho pensato che avessimo vinto. Da ottobre in poi però non ho più sbagliato un colpo. E resto convinto che il terrorismo faccia male.
Esagerare invitando alla prudenza non fa morti. Ha mai pensato che una sua rassicurazione di troppo possa aver fatto ammalare, morire qualcuno?
Mi auguro non sia successo e se è successo me ne dispiaccio, raccontavo quello che vedevo da clinico.
Diciamo che forse ha sbagliato nel campo dell’epidemiologia.
Sì, a livello epidemiologico ho cannato. Lo abbiamo fatto in tanti.
Lei passa per uno poco emotivo. Una storia che le è rimasta appiccicata addosso?
Mi viene da piangere ancora quando la racconto. Prima ondata. Vengono da me due operatori tv, Paolo e Luca per un programma Mediaset. Qualche giorno dopo mi chiama uno dei due e mi dice ‘sto male’. Lo ricovero. Il secondo pure. Finiscono nella stessa stanza. Entrambi intubati. Uno mi torna indietro, l’altro, Paolo Micai, no. L’ho dovuto dire io a Luca. Sono ancora segnato.
Ma lei il Covid non se l’è preso?
Pensi che strano, mia moglie se lo è preso a novembre dello scorso anno, io che dormo nel letto con lei no.
Lei ha fatto molte scelte “pop”. Si pone mai lo scrupolo che questa fama nasca da morte e pandemia, che per gli esperti doveva essere un effetto collaterale e non un secondo mestiere?
Io credo che durante la pandemia spiegare quello che succede sia un dovere. La differenza tra me e gli altri è che io dico che mi piace andare in tv, loro non lo ammettono ma ci vanno comunque.
Dalla D’Urso non è andato a fare divulgazione.
La D’Urso parla a persone che magari non vedono la Berlinguer.
Ma lei c’è andato col filmino del matrimonio. Lo rifarebbe?
Mah, sì.
Dica la verità.
Sono andato con mia moglie, perché volevo mandare il messaggio di una famiglia unita.
C’erano dubbi?
Volevo far sapere “amo mia moglie”.
Era gelosa di chi lo definiva un sex symbol?
Mi definivano anche “idolo gay”, lei in un articolo “Lady Gaga”.
Ho detto Lady Gaga, mica Tina Cipollari.
Per carità, diciamo che volevo dare un segnale granitico sul mio matrimonio.
Le hanno offerto dei reality?
No. Molte cose in tv.
Ruoli da testimonial?
Di vestiti, perfino di studi di odontoiatria.
Il suo Instagram è pieno di foto da piacione.
La foto attira l’attenzione, ma accompagna sempre dei contenuti.
Ma un amico che le dice esageri?
Sono piacione? Ch’aggi’ ‘a fa’!
Dicono che lei sia stato raccomandato da suo padre, noto professore.
Studiavo a Yale, era il 2005. Torno e dico a mio padre che voglio restare in America. Lui: no, vieni qui e fai carriera. Peccato che sia tornato e lui sia morto. Da essere il figlio di Bassetti sono diventato “quel raccomandato del figlio di Bassetti”, “il bassettino”, “quello stronzo del figlio di Bassetti”. Mi hanno messo non in un cesso, di più. Ho dovuto passare 5 anni della mia vita per uscire da quel gabinetto in cui avevano tirato anche la catena.
“La telecamera è una droga”, ha detto. Un giorno forse le luci della telecamera si spegneranno. Quale sarà il suo metadone?
Non mi fa paura, anzi spero finisca tutto presto. Voglio riappropriami della mia vita. Ieri sera giocavo a calcetto in braghette con la polizia che mi guardava.
Sicuro? Non la vedremo a spaccare cocchi su un’isola?
Magari a condurre un programma sulla medicina.
Lei che non dice mai un “non lo so”, me ne dice uno?
Non so ancora perché ci siano famiglie in cui si contagiano tutti e altre come la mia in cui solo mia moglie. Perché ci sono persone che arrivano nelle stesse condizioni e alcuni precipitano in poche ore, altri restano stabili. Ecco, questo non sapere ci ha fatto prendere tante cantonate.
Per cui l’ho rimproverata spesso.
Per un attimo ho anche pensato di querelarla.
Perché non lo ha fatto?
Perché mi sono esposto, è il gioco delle parti.