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 2021  settembre 10 Venerdì calendario

Senza smart working il 38% cambia lavoro

Piuttosto che tornare in ufficio e trovarsi di nuovo, tutti i giorni, faccia a faccia con i colleghi, quasi un terzo (il 38%) degli impiegati intervistati nel sondaggio francese Slack/OpinionWay del 31 agosto ha detto che preferisce cambiare l’azienda che non concede lo smart working. E questo proprio mentre le imprese stanno organizzando il rientro in ufficio dei propri dipendenti con la formula del lavoro ibrido che alterna smart working e attività in presenza.Dunque, il lavoro ibrido sembra essere la nuova norma dopo il periodo dello smart working, a dire la verità più home working, attuato in emergenza per la pandemia di Covid-19.Gli uffici tornano ad animarsi in questo settembre con la scoperta, a sorpresa, di ospitare persone diventate, nel frattempo, intolleranti all’ambiente di lavoro. In particolare, molte hanno perso l’abitudine di sopportare i rumori degli open space, specialmente il vocio, dopo oltre un anno di silenzio o di voci dei famigliari in casa. Le conversazioni a voce alta sono il fastidio maggiore per i lavoratori tornati negli open space. Non c’è nessun regolamento che li tuteli dal rumore che, dicono, li deconcentra.Dopo un’assenza prolungata hanno dimenticato i rumori di stampanti, chat, condizionatori d’aria, musica, e ne sono infastiditi, fattore che li rende irritabili. I decibel messi all’indice dalla legge sono ben altri, tuttavia, il rumore di sottofondo può generare stress, affaticamento, disturbi del sonno e ipertensione, secondo uno specialista dell’istituto che si occupa dell’udito, il fisico Paul Avan, docente all’università di Clermont-Auvergne.Il sistema uditivo è capace di filtrare i messaggi rilevanti in un ambiente sonoro complesso. È stato dimostrato che il cervello riesce a concentrarsi su un particolare suono azzerando tutto il rumore circostante: si chiama effetto cocktail party, ma l’inquinamento sonoro può rendere questo esercizio sfinente e indurre stress, con conseguenze non necessariamente per l’udito ma per la salute, come ha riportato il trimestrale Resposabilité & Environnement dell’Institut Mines-Telecom, scuola di ingegneria dell’università di Parigi.E le difese naturali non vengono in soccorso. L’organismo può contare su dispositivi di protezione psicologica contro il rumore continuo, ma è meno attrezzato nei confronti di quello discontinuo e improvviso. Lo studio di Jonathan Terroir per l’istituto francese di ricerca e sicurezza per la prevenzione di infortuni e malattie professionali (Inrs) ha dimostrato che il riflesso della contrazione dei muscoli dell’orecchio medio, per ridurre il numero dei decibel percepiti, interviene dopo un tempo di latenza, cosa che può essere dannosa per l’udito.