la Repubblica, 10 settembre 2021
La Londra no tax alza le tasse di 12 miliardi di sterline l’anno
LONDRA – «Il partito della bassa imposizione fiscale siamo noi», dice anzi tuona Boris Johnson in una riunione a porte chiuse con i deputati conservatori. Il problema è che, poche ore dopo, i medesimi parlamentari hanno approvato 319 a 248 un aumento delle tasse di 12 miliardi di sterline l’anno, il più alto degli ultimi settant’anni nel Regno Unito. E così facendo il primo ministro ha violato la promessa del programma con cui ha stravinto le ultime elezioni, un paio d’anni fa, di non alzare alcun tipo di imposte.
Ora Johnson se l’è rimangiata, con una decisione che crea proteste e sconcerto anche nel campo dei Tories. «I conservatori stanno diventando il partito dello Stato pesante», commenta il Financial Times : un cambio di stagione storico per una formazione che ha sempre predicato come un mantra “no new taxes”, non aumenteremo le tasse, mentre il partito del “tassa e spendi” era il Labour. Nonostante i dubbi, alla fine il premier è riuscito a convincere i suoi a votare compatti per il provvedimento. Ma il leader laburista Keir Starmer ha potuto affermare: «Gli elettori non crederanno mai più alle vostre promesse sulle tasse».
Johnson ammette di essersi rimangiato la promessa di non toccare le imposte. «È vero, nel nostro programma c’era scritto che non le avremmo fatte salire», osserva il leader conservatore. «Ma due anni fa nel programma elettorale di nessun partito c’era scritto che avremmo avuto la pandemia». Questo è innegabile. L’aumento, che farà salire l’imposizione sulla National Insurance, la previdenza per le pensioni statali e i servizi sociali, mira a dare più fondi al National Health Service, la sanità pubblica, per rispondere alla crisi Covid: in questo senso dovrebbe essere benvenuto da tutte le forze politiche. Il governo fa inoltre notare che l’aumento sarà solo di 5 sterline alla settimana, circa 250 l’anno (300 euro), per chi guadagna 30 mila sterline lorde annuali, più o meno il reddito medio, dunque non esorbitante; salendo progressivamente fino a 1000 sterline per chi guadagna 100 mila sterline e così via, dando l’impressione che sia distribuito equamente.
I critici, tuttavia, sostengono che non è così. Incidendo sulla National Insurance, l’aumento colpisce di più chi ha un lavoro fisso: per esempio non riguarda un proprietario di case che le affitta, mentre i suoi inquilini, magari poveri, ne saranno colpiti. Il Labour avrebbe preferito una tassa progressiva sul reddito o meglio una “wealth tax”, una tassa sulla ricchezza, applicata a contribuenti e aziende ad altissimo reddito. La maggior parte dei commentatori poi concordano che 12 miliardi di sterline l’anno sono pochi per risollevare la sanità pubblica e l’assistenza sociale dopo un decennio di pesanti tagli (decisi da precedenti governi Torie). Qualcuno cita il caso degli infermieri, a cui è stato dato un aumento salariale del 3 per cento lordo come riconoscimento dei sacrifici nella lotta al virus, che verrà ora spazzato via dall’aumento delle tasse. Dare con una mano e togliere con l’altra alle categorie più deboli è un trucco che potrebbe costare caro a Johnson quando si tornerà alle urne, specie nelle zone rosse ex-industriali strappate ai laburisti alle ultime elezioni.