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 2021  settembre 10 Venerdì calendario

La cannabis e l’iporizia di Palazzo

Fra il Palazzo e la cannabis l’ipocrisia è da sempre pregiudiziale e istituzionale, ma soprattutto surreale. Nel senso che tutti sanno quanta ne gira, tutti fanno finta di non saperlo e diversi parlamentari se la fumano pure, però di nascosto. Quanto alle leggi, un po’ gli vengono pessime, ma un altro po’ le lasciano alla mercé della magistratura che prova a metterci una pezza regolando, tra norme fantasma e pronunciamenti che s’intrecciano nel vuoto, una situazione a tal punto e da talmente tanti anni abbandonata a se stessa da rendere obsoleta, forse addirittura superata, la tradizionale incompatibilità tra proibizionismo e antiproibizionismo.
L’unico politico finito dentro – cosa che gli odierni mestieranti dei partiti disdegnano – non era un consumatore abituale, ma si fece arrestare di proposito: Marco Pannella, nel luglio del 1975, ormai pura preistoria. Il leader radicale ci riprovò altre due volte, nel 1995 e nel 1997, distribuendo fumo a Piazza Navona e a Porta Portese. Sempre con le stesse motivazioni di disobbedienza civile, “regalò” due etti di hashish in diretta ad Alda D’Eusanio dando vita a un indimenticabile momento televisivo: «Marco, ma questa è merda!». In seguito, anche se al riguardo è impossibile addurre prove, sembra che nel tragitto dallo studio al tribunale il malloppetto avesse perso una ventina di grammi.
Con un fondo di curioso scetticismo viene spontaneo di accogliere l’esordio della possibile legge sulla cannabis fatta in casa. Nell’autunno del 2006, a piazza Montecitorio, con subdoli pretesti, un commando di Iene televisive riuscì a strofinare 50 tamponi sulla fronte di altrettanti deputati, e per quanto quelle riprese non siano mai andate in onda, venne fuori che ben 12 si sarebbero fatti delle canne. Nel 2018, alla spasmodica ricerca di quattrini, il governo nazional-populista gialloverde calcolò, in relativo segreto, quanto avrebbe potuto fruttare una tassa sulla liberalizzazione della canapa indiana, ma poi Salvini piantò una grana accanendosi pure su quella a basso contenuto di thc, detta “la legalona”.
In quasi mezzo secolo, come succede spesso in Italia, tutto è cambiato per rimanere uguale a se stesso. Pannella non c’è più, il suo testimone l’ha raccolto Rita Bernardini che forse ancora adesso semina, coltiva, fotografa, raccoglie e pubblica; tutto sul balcone di casa sua, dove periodicamente le fa visita un commissario di Ps che sequestra il tutto guardandosi bene dal portarla in questura. Per cui il tema, che pure coinvolge persone malate che nel principio attivo della cannabis trovano aiuto e sollievo, resta imprigionato nella più assurda consuetudine, tra ingiustizie, incertezze e periodici sbocchi di retorica.
Ci si ritrova dunque a coltivare ricordi buffi e stranianti di una piccola grande avventura che comunque ha dato colore alla vita pubblica per due generazioni. Aneddoti, leggende. Il giovane D’Alema che nel 1977 andò nella direzione del Pci a chiedere la legalizzazione della marijuana: «Della ma-rij-u-ana!» ripeteva poi tenendosi la testa al ricordo delle facce di Longo, Pajetta, Amendola e dello stesso Berlinguer. O i mattacchioni del Male che, invitati a pranzo da Pertini, si erano presentati al Quirinale con uno spinello da accendere dopo il caffè. Ma al primo accenno: «Droghe pesanti o droghe leggere – li gelò il presidente – io darei la pena di morte a tutti». E non per continuare a buttarla in caciara, ma quando alla fine degli anni ’80 era in discussione il testo di quell’altro efficace capolavoro che fu la legge Vassalli-Jervolino, al gruppo radicale si presentò una vecchietta, significativamente ribattezzata “Nonna Canapa”, con un vassoio di dolcetti speciali che tutti lietamente divorarono, compresi due parlamentari che una volta in Aula ebbero un malore proprio durante la discussione generale.
E insomma, anche nella storia politica la cannabis ha dato e la cannabis ha tolto. Prima della caduta, Craxi ingaggiò una crociata contro gli “amici della modica quantità”, ma ne aveva fin troppi attorno a lui. Uno, il delfino Martelli, fu incastrato a Malindi, generando il classico e torvo pollaio di rivelazioni, strumentalizzazioni, divagazioni. Negli anni ’90 l’inesorabile ingresso nell’intrattenimento: onorevole, ha mai fumato? Sì, una volta, da giovane, all’università, in America, «però mi sono subito addormentato». La riduzione del danno. Sui social intanto non c’è leader o presidente che non sia fotomontato per scherzo con la sua canna da rollare – e qualcosina significherà pure.