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 2021  settembre 10 Venerdì calendario

Intervista a Wali Massoud, fratello del Leone del Panshir

Wali Massoud, quando ha sentito per l’ultima volta suo nipote Ahmad Massoud, figlio di suo fratello, il Leone del Panshir?
«Ci sentiamo quasi tutti i giorni. L’ultima volta mercoledì. Sta bene. È energico, lucido».
I talebani però dicono di averlo sconfitto. Dicono che la «fortezza del Panshir» è stata espugnata.
«Ma no, è falso – Wali Massoud parla al telefono dall’Europa e lo si sente ridere —. Chi conosce la valle del Panshir sa che controllare la piccola strada che corre nel fondo valle non significa prendere il Panshir. La regione è fatta di una miriade di conche laterali, dove ci sono la maggior parte dei villaggi. Il Panshir non è caduto. I talebani possono sognarlo e il mondo magari crederci, ma è falso».
Suo fratello si era già trovato così in difficoltà?
«Naturalmente – ride ancora —. In 40 anni, Ahmad Shah Massoud ha affrontato questa stessa situazione parecchie volte. Anche quando anche io ero lì con lui, abbiamo lasciato il fondo valle almeno 4 o 5 volte. La stessa situazione di ora. Identica. Il regime kemalista filo russo arrivò a controllare la strada, lo stesso fecero i sovietici e anche i talebani del primo emirato riuscirono a penetrare la valle e prendere la strada. Tutto uguale a ciò che sta succedendo oggi. Ma poi, i mujaheddin sono sempre riusciti a scacciare l’invasore».
Lei ha lo stesso ruolo che aveva con suo fratello? Gestisce i finanziamenti della resistenza per conto di suo nipote Ahmad Massoud?
«Il Fronte Nazionale di Resistenza è nato da appena due settimane, prima o poi dovremo incaricare qualcuno. Per il momento me ne occupo ancora io».
E la politica estera?
«Sono fuori dal Paese perché alla caduta di Kabul ero in Pakistan per tentare una mediazione. Ora faccio del mio meglio per promuovere la nostra causa. Provo a spiegare che stiamo combattendo il terrorismo, ma è difficile. Sembra che qui in Europa i politici credano davvero che i talebani non offriranno asilo ai loro colleghi terroristi. Incredibile».
Nessuno vuole aiutarvi.
«Io personalmente ho già perso molto a causa del terrorismo. So che prezzo si paga. Ho perso mio fratello, centinaia di parenti e amici. Solo pochi giorni fa, altri due nipoti. Ho anche visto il mio Paese occupato e ora venduto. Per me non c’è niente di nuovo. Il resto del mondo sembra cieco. Fatico a capire».
Vuole chiedere accesso ai 9 miliardi di fondi afghani congelati all’estero?
«No. Quei soldi non sono afghani, sono doni della comunità internazionale. Ne facciano quel che credono».
Si è spiegato il collasso dell’esercito afghano?
L’esercito non ha combattuto e ha ceduto le armi obbedendo agli ordini L’ex presidente Ashraf Ghani ha consegnato il Paese ai talebani seguendo il piano ideato dagli Stati Uniti
«Collasso, giusto, non sconfitta. L’esercito non ha combattuto e ha ceduto le armi obbedendo agli ordini. L’incredibile follia di agosto faceva parte di un piano elaborato dal dottor Khalilzad, l’inviato speciale americano, con la complicità dell’ex presidente Ashraf Ghani per consegnare il Paese ai talebani».
È un’accusa grave.
«Però è sotto gli occhi di chi vuole vedere. Ha cominciato Zalmay Khalilzad nel 2020 firmando l’accordo per il ritiro americano con i talebani. Un documento di cui Kabul non conosceva neppure il contenuto. Da allora l’attività del presidente Ghani è stata indirizzata a consegnare il potere ai talebani secondo il volere di Washington. Ha trattenuto gli stipendi, cambiato ministri e generali. Negli ultimi giorni, la prova più clamorosa, ha ordinato ai generali di arrendersi e lasciare gli armamenti intatti. Alcuni hanno obbiettato: perché? Ma hanno dovuto obbedire».
Ha le prove?
«Le testimonianze di decine di generali, moltissimi ufficiali, un’infinità di soldati. Gli ordini di Kabul erano: abbandonare le armi».
Il presidente Biden ha detto di non voler che suoi soldati difendessero un governo che gli stessi afghani non volevano proteggere.
«Avesse permesso di difenderci, l’avremmo fatto. I cosiddetti afghani-americani hanno impedito ad etnie diverse dalla loro (pashtun) di accedere alla presidenza. Ci hanno legato le mani e, quest’estate, hanno consegnato il Paese ai talebani. Non potevamo difenderci».
Perché Washington avrebbe voluto combattere per 20 anni per poi lasciare il Paese ai nemici?
«Io so che l’hanno fatto. Sul motivo ci sono tante ipotesi, ma non ho certezze, quindi taccio».
In Usa, ci sono deputati e senatori che la stampa ha soprannominato i «nuovi Charlie Wilson», dal politico che manovrò i fondi segreti della Cia a favore dei mujaheddin. Vi hanno approcciato?
«Sì, sono in contatto con il nostro rappresentante a Washington. Sono parecchi. Vedremo».
Che cosa pensa del nuovo governo talebano?
«Dove sono le capacità? Le differenti etnie? Le donne? Vedo solo personaggi nella lista dei terroristi dell’Fbi o del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Eppure la Comunità internazionale non dice una parola».
Perché?
«Ho già detto troppo, mi lasci tacere almeno su questo».