Linkiesta, 9 settembre 2021
Certificazioni verdi e altre favolose avventure in treno
«Ci ha fatti scendere nonostante abbiamo un morto che ci sta aspettando per fare il funerale». È una grandissima estate per il cinema italiano, che si trova soggetti già fatti, episodi già scritti, dialoghi cui non è necessario cambiare neanche una preposizione. E moltissimi funerali, che come sappiamo sono un ottimo espediente comico (sì, persino nell’epoca del «come vi permettete di ridere, quello è morto»).
Tra le più citate frasi fuori fuoco della storia del cinema, c’è quell’idea di Zavattini che gli sceneggiatori debbano prendere l’autobus, per vedere da vicino l’umanità e carpirne i tic e gli stilemi. Forse settant’anni fa, ma adesso in autobus sono tutti chini sui loro telefoni: se càpiti vicino a qualcuno che chatta puoi spiarne gli scambi, ma se il tuo vicino di posto è impegnato con qualche giochino da schermo la tua ispirazione devi cercarla altrove.
Un ottimo posto dove cercarla è la provincia. Il format più interessante che ci sia su Instagram se l’è inventato Arnaldo Greco, che fa una rassegna stampa dei giornali locali, tutti pronti a dichiarare il loro capoluogo come quello con più vittorie olimpiche o più scialo d’acqua. Spero che presto ci raccolga le province in cui è stata fatta scendere più gente dai treni.
Il tizio che doveva andare al funerale era alla stazione di Lecce, l’ha mandato in onda una tv pugliese, ed è purissimo Monicelli. Ha in testa due cappelli (se non hai la cappelliera, l’unico modo di non schiacciarli in valigia), una camicia rosa salmone, e un curioso uso delle avversative: «Non abbiamo greenpass, e siamo al contrario pure, però non abbiamo fatto in tempo a farlo». Azzardando che «al contrario» stia per «contrari» (lui e la moglie saranno oltre i cinquant’anni: se non si sono ancora vaccinati, è sensato ritenere che non smanino dalla voglia di farlo), forse il «però» è di troppo. È per farci divertire meglio con la cronaca locale, che serve la riforma delle scuole elementari.
Dunque il tizio deve salire in treno, la cronista lo interpella sul binario e lui, dopo averci spiegato d’essere «al contrario», si chiede: «Mi faranno scendere? Mmm [mugolio soddisfatto, nota di Soncini], ho i miei dubbi. Anche perché dobbiamo andare a un funerale, sennò stavamo ancora in vacanza». È interessante la ricorsività estiva del funerale nei casi di cronaca: anche la Cirinnà e il marito erano a un funerale quando nella cuccia del cane sono stati ritrovati rotoli di banconote. Il ricatto morale della cronaca estiva è: mica stiamo andando a divertirci.
Conclude: «Io non scendo dal treno, poco ma sicuro. Piuttosto scende giù il controllore, ma io no». Vi ho rovinato la sorpresa, sapete già come finisce. Arriva la polizia, la coppia viene fatta scendere nonostante il morto che scalpita. La cronista domanda: «Tolleranza zero?», e Camicia Salmone: «No zero, di più» (ve l’ho detto che urge riforma delle elementari, non ce la facciamo neanche con le frasi fatte).
Prima di Camicia Salmone, l’intervistata era una signora che era stata fatta scendere «co’ due ragazzini», che come ricatto morale è persino più potente del morto in attesa. «Noi abbiamo fatto il test antigenico rapido che ci hanno detto che è buono per i viaggi», aveva detto, e io già lì trasecolavo: lo sanno tutti che per il certificato verde ci vuole il molecolare, lo so persino io che sono vaccinata e quindi non mi serve farlo, lo sa persino Camicia Salmone che ha spiegato di non averlo fatto perché il laboratorio era scomodo da raggiungere.
Quando Camicia Salmone scende, riferisce sconsolato che il controllore gli ha detto che neanche il tampone sarebbe bastato, ma il poliziotto (se non hai il lasciapassare chiamano la polizia, sì: magari voi lo sapete, magari non siete il paese reale) gli ha detto che col tampone la certificazione arriva subito. Quindi a non sapere un cazzo di come funziona la cosa di cui più si è parlato nelle televisioni italiane nelle ultime settimane non è solo Camicia Salmone, non è solo Madre di Due Ragazzini: è anche il controllore del treno, che saperlo sarebbe un po’ il suo lavoro. La riforma delle elementari, ma pure quella delle medie.
Poiché questo articolo è ad alto rischio di «ti accanisci su una stazione meridionale, razzista», vorrei fornirvi elementi dal centro e dal nord. A Roma non controllano il certificato verde in stazione, a Bologna sì, a Milano dipende.
A Roma, se chiedi come mai non lo controllino, ti dicono che la stazione è grande e c’è tanta gente (mi pare sensato: più sono meno s’infettano, notoriamente). Ma il bello è che a Roma hanno installato lettori di QR code che hanno sostituito gli umani che ti controllavano il codice del biglietto (a Roma e Milano, da prima della pandemia, non si può accedere ai binari senza biglietto, per ragioni che la ragione non conosce).
Non potrebbero quegli stessi lettori, ove il codice che presentiamo sia quello d’un biglietto a lunga percorrenza, pretendere di leggere anche il lasciapassare verde per farci entrare? «Eh, ma poi se lo fanno dare da chi ce l’ha», mi ha risposto la controllatrice di biglietti (e lasciapassare) a bordo.
La stessa obiezione te la fanno se domandi perché non lo richiedano al momento di prenotare; facciamo tutti i biglietti on line, ormai, e sono biglietti nominativi: non dovrebbe essere difficile vincolarne l’emissione all’esistenza d’un certificato verde a nostro nome. Certo, col rischio che ce ne facciamo imprestare uno, ma non mi pare che l’esistenza dei falsari sia mai stata un’obiezione all’uso delle banconote.
La domanda «ma non si può creare un database coi greenpass esistenti che, senza essere visibile agli umani, sia consultabile dal software che emetta il biglietto e gli dica semplicemente sì o no al momento di prenotare?» neppure la formulo, perché qualcuno mi risponderebbe «eh ma la privacy», una frase che m’induce crisi isteriche incontrollabili.
Quindi restiamo così, col controllore che ti chiede se ce l’hai a metà viaggio, e ti spiega che se non ce l’avessi chiamerebbe la polizia e ti farebbe scendere alla prima stazione utile. Cioè, alla prima stazione in cui è già previsto che il treno si fermi. Che, in caso di Frecciarossa, è perlopiù quella alla quale scenderesti comunque. Quella alla quale t’attende il morto – già morto per fatti suoi, o infettato da te che t’impigrivi a farti certificare.