Il Sole 24 Ore, 9 settembre 2021
Barche fatte su misura con la stampa in 3D
L’ultima arrivata si chiama Beluga ed è stata presentata nei giorni scorsi durante la Milano Design Week. Si tratta di una piccola barca a vela, simile a una classe O’pen Skiff, il cui scafo è stato realizzato in un unico pezzo e con un polimero riciclato attraverso un processo di stampa 3D. Poco meno di tre metri di guscio nero realizzati da una giovane azienda hi-tech italiana, Caracol, con un processo durato 48 ore, a cui è seguita una finitura manuale per impermeabilizzare lo scafo. Beluga e Caracol sono un esempio di come la manifattura additiva sia uscita dai ristretti ambiti imposti dalle stampanti 3D, anche quelle più performanti e industriali, per consentire la produzione di pezzi e componenti di grandi dimensioni con materiali che non si limitano più al classico Abs, il polimero più usato con questa tecnologia, ma che si allargano anche a materiali plastici ad alte prestazioni e compositi. Per questo scafo, per esempio, è stata usata una plastica riciclata, messa a punto da MyReplast Industries, società del gruppo Maire Tecnimont, rinforzata con fibra di vetro. Questo compound può essere depositato dallo speciale estrusore brevettato da Caracol e applicabile su robot industriali Kuka, i cui gradi di libertà consentono la realizzazione di forme geometriche particolari, anche curve e cave, come è appunto lo scafo del Beluga.
I produttori di imbarcazioni sono sempre più interessati all’uso della stampa 3D. Da tempo sono attive aziende che realizzano in manifattura additiva parti di ricambio. «Ma l’evoluzione della tecnologia – osserva Francesco De Stefano, Ceo e co-founder di Caracol – ora consente di realizzare elementi di grandi dimensioni e con funzioni portanti. Questo non solo in ambito nautico, ma anche aeronautico e perfino nelle installazioni artistiche». Una delle prime realizzazioni è opera di un team di ricercatori dell’Università del Maine che ha progettato una stampante 3D di grande formato, finita perfino nel Guinness dei Primati, inserendo il sistema di estrusione in un carro-ponte. Con questo strumento i ricercatori statunitensi hanno realizzato 3Dirigo, un’imbarcazione stampata in un unico pezzo lungo 7,62 metri e pesante 2,2 tonnellate. Il progetto fa parte di un piano finanziato dal governo Usa per lo sviluppo di sistemi di stampa 3D con polimeri plastici addizionati di fibra di legno. Lo scafo di 3Dirigo, infatti, è stato realizzato in appena 72 ore in un pezzo unico con un mix di plastica e cellulosa di legno.
La collaborazione tra il Rise, l’istituto di ricerca svedese, e il produttore norvegese Pioner, ha portato allo sviluppo di uno scafo per una piccola barca a motore, realizzato in polimero plastico additivato con fibra di vetro. In questo caso sono stati bracci robotici Abb dotati di estrusore a rendere possibile la realizzazione, che potrebbe presto essere adottata a livello industriale per realizzare imbarcazioni su misura.
Le possibilità, poi, vanno oltre la plastica. Un altro progetto italiano, denominato Mambo e sviluppato dalla spinoff del Politecnico di Milano Moi Composites insieme con lo studio Micad di Lecce, ha portato al varo di un avveniristico motoscafo realizzato con una tecnica di stampa 3D assistita da robot denominata Cfm, Continuous Fiber Manufacturing, che consiste nella deposizione di fibre continue impregnate di resina reticolabile. Non mancano sviluppi anche nel mondo dei metalli, sempre più interessato dalle tecnologie di stampa 3D. La transalpina Naval Group, per esempio, è in grado di produrre eliche di disegno particolare. La prima, del peso di 200 kg, ha equipaggiato un cacciamine della Marina francese. Percorso simile quello seguito da ThyssenKrupp Marine Systems che usa la manifattura additiva per produrre elementi di propulsori per sottomarini.