Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  settembre 09 Giovedì calendario

L’occhio di Dumas su amori, avventure e vita di casa Savoia

Il quotidiano torinese Gazzetta del Popolo-L’Italiano dava notizia, il 29 giugno 1852, che “il signor Claudio Perrin, editore di opere illustrate, sta ora trattando col celeberrimo Alessandro Dumas per un’opera che agli occhi dell’intera Italia acquista oggidì il pregio di una grande opportunità e di una somma importanza. Trattasi di un Romanzo Storico dell’Augusta Casa di Savoia, il quale ne abbraccerà le epoche più luminose, cioè i regni di Emanuele Filiberto, di Carlo Emanuele I, di Vittorio Amedeo II, e di Carlo Alberto”.
Alexandre Dumas (1802- 1870) e Perrin, editore, litografo e incisore di Torino, mantennero la parola. A partire da quel 1852 cominciarono a uscire i tomi del ciclo storico romanzesco dal titolo La Maison de Savoie – Depuis 1555, Jusqu’à 1850, ovvero duecentocinquantuno fascicoli illustrati, stampati contemporaneamente in francese e nella traduzione italiana di Michelangelo Pinto. Quest’ultimo, un letterato, diplomatico e patriota romano in esilio a Torino, come rammenta il critico Marco Catucci, “pensò bene di ‘migliorare’ l’originale rendendolo in una prosa ridondante e retorica”.
Catucci è uno dei protagonisti della ristampa del terzo volume del ciclo sabaudo di Dumas, ossia Casa di Savoia: La dama di voluttà-Carlo Emanuele III (Robin-Biblioteca del Vascello, pagg.650, euro 22), che viene ora edito in Italia a oltre 160 anni dall’edizione del Perrin del 1855. Il libro è stato curato da Romina Valesio e contiene il saggio introduttivo di Catucci su Alexandre Dumas e la Comtesse Dash, al secolo Gabrielle Anne Cisternes, una dei tanti collaboratori (o “negri”) dell’autore dei Tre moschettieri, che per il terzo volume dell’opera sui Savoia scrisse le memorie fasulle di Jeanne d’Albert de Luynes, contessa di Verrua, per dieci anni l’amante, o “dama di voluttà”, del duca e poi re di Sardegna Vittorio Anedeo II di Savoia. Già dall’incipit del romanzone, la Dash non smentì la sua fama di narratrice fantasiosa. Tanto che attribuì nientemeno che a Voltaire l’ispiratore delle memorie del tutto presunte della Verrua: “Mettete sulla carta tutto ciò che mi avete raccontato questa sera e altre cose ancora, e ancora: tutto quello che ricordate. Non serve nulla di più, ve lo giuro”.
Alla stregua delle altre narrazioni di Dumas, e dei suoi “negri”, nelle vicende savoiarde predomina un continuo gioco degli specchi fra storia vera e invenzione. Osserva Caticci che “Sorprende ritrovare, in questo volume scritto a quattro mani, la risoluzione inconscia dei conflitti personali dei due diversi autori. Lo scandalo della Verrua, maîtresse del duca di Savoia, narrata da una viscontessa fuggita con un principe moldavo, e il rapporto spesso conflittuale tra Alexandre père e Alexandre fils, ingigantito nella vicenda tra Vittorio Amedeo II e suo figlio, risolto poi in un finale rasserenante da Dumas nella conclusione del romanzo di Carlo Emanuele III”. Ma “anche nelle false memorie della Verrua imbastite dalla contessa Dash”, scrive il critico, “possiamo trovare traccia della vicenda contemporanea vissuta da Dumas. È un curioso episodio in cui si narra di una avventura amorosa del duca d’Orléans, che si reca in incognito a Torino durante l’assedio travestito da micheletto, grazie al salvacondotto rilasciatogli dal duca, proprio come Dumas compiva le sue rapide incursioni a Parigi con un salvacondotto”.
Due figure indimenticabili di donne risaltano nella storia di Vittorio Amedeo II e del figlio Carlo Emanuele III, che peraltro fece imprigionare il padre nel castello di Rivoli e poi a Moncalieri, dove morì nell’autunno del 1732. Con la Verrua, Dumas racconta l’altra amante di Vittorio Amedeo, sposata morganaticamente: quell’Anna Canalis di Cumiana e di San Sebastiano, marchesa di Spigno, morta in convento. Nell’edizione Perrin, annota Catucci, il capitolo “dedicato all’amore giovanile della Cumiana con Vittorio Amedeo e del suo frettoloso matrimonio con il conte di San Sebastiano, è soppresso da Dumas, e viene ripristinato solo a partire dall’edizione Schnée, Bruxelles et Leipzig, Aug. et Comp.ie, 1857. La conclusione della storia della vecchia dama e del suo incontro con Carlo Emanuele al convento di Pinerolo, che avviene nel secondo romanzo, è invece “una felice invenzione dumasiana”. Come ha fatto e farà in tanti romanzi, il geniale Alexandre si permette pure “nella Maison de Savoie alcuni anacronismi. Il padre Beccaria, ad esempio, famoso scienziato del Settecento, affiliato alla massoneria, non poteva certo sedersi al caffè con i cospiratori nel 1730, essendo nato nel 1716”. A Dumas, però, si può scusare questo e altro.