Corriere della Sera, 9 settembre 2021
Intervista a Charles Leclerc
MILANO Charles Leclerc, a Monza vinse un memorabile Gp d’Italia nel 2019; ha chiamato «Monza» la sua barca. È il posto del cuore e da lei molti aspettano miracoli. Invece?
«Credo che sarà un weekend difficile date le caratteristiche della pista in relazione alla nostra macchina. Però abbiamo avuto più di una sorpresa quest’anno dove non ci aspettavamo di essere così competitivi. Daremo tutto, dal primo all’ultimo chilometro, con la speranza di regalare e regalarci una gioia, anche se sulla carta questo non è il miglior circuito per la Ferrari».
È l’anno della sfida Hamilton-Verstappen. Chi dei due le è meno antipatico?
«Onestamente, non ho una allergia per l’uno o per l’altro. Max mi stava antipatico quando eravamo più giovani e lottavamo uno contro l’altro con i kart o con piccole monoposto, mentre Lewis, a quell’epoca, correva già in F1. Adesso sono solo due piloti che vorrei raggiungere guidando la mia macchina».
Quante volte ripete a se stesso: il più forte sono io?
«Non sono una persona che punta a paragonarsi agli altri e quindi non penso una cosa del genere molto spesso. Preferisco concentrarmi su ciò che posso e devo fare. So quali sono i miei punti deboli e ci sto lavorando in continuazione, ogni volta che commetto un errore dedico tanto tempo all’analisi e alla riflessione, cerco di capire con la massima esattezza da dove viene un comportamento sbagliato. Poi, come molti altri piloti, sono convinto di avere a disposizione il potenziale per emergere. Così, voglio impegnarmi per far emergere la migliore versione di me stesso».
Per puntare al titolo mondiale con la Ferrari aspetta il 2022. La fiducia prevale sempre sulla frustrazione?
«Sempre. Siamo consapevoli di aver fatto un passo indietro dopo il 2019 ma da quel momento in poi abbiamo sempre lavorato nella giusta direzione, seppure per piccoli passi, dovuti in particolar modo al regolamento tecnico. Questo mi rende fiducioso sul futuro. Stiamo migliorando da tempo e non ci sono ragioni per pensare di invertire la tendenza andando verso il 2022. Credo nel progetto Ferrari, non ho mai dubitato, mai perso entusiasmo».
Intelligente, elegante, dotato. Quando pensa ai propri difetti cosa trova?
«Qualche volta mi lascio andare, la voglia di fare meglio mi porta a commettere un errore. È un difetto che si è visto, credo. Nei momenti più difficili ho cercato di combinare qualcosa di speciale, di diverso da ogni altro pilota, di azzardare qualcosa che altri non riescono a fare. Però c’è una cosa che voglio dire: sono sempre cresciuto di fronte a una valutazione sbagliata. Il prezzo è alto anche perché sei un pilota di F1 e della Ferrari, ma è parte del gioco. Prendere un rischio estremo cercando di guadagnare qualche decimo comporta la possibilità di ottenere il risultato opposto, di perdere terreno invece di progredire. Ma sono convinto che dentro questa economia, un pilota debba cercare la perfezione».
Correre in condizioni di inferiorità tecnica comporta inevitabilmente rischiare a costo di sbagliare?
«Sì, è una questione di approccio mentale. Quando sei in lotta in mezzo al gruppo bisogna comportarsi in modo diverso rispetto a quando si tratta di affrontare una sfida con in palio un titolo mondiale».
Gioca spesso a scacchi con il suo compagno Carlos Sainz. Chi è più forte?
«Arrivando qui, questa mattina, Carlos mi ha battuto due volte e per questo sono davvero arrabbiato. Però sono io a vincere molto più spesso. Quindi la risposta è: sono più forte io».
La sensazione è che tra voi piloti ci sia rispetto ma non amicizia. C’è un collega con il quale andrebbe volentieri in vacanza?
«La mancanza di amicizia è una cosa che ho visto di più in passato, la generazione precedente alla mia era composta da persone pochissimo legate tra loro. Ora la situazione è molto diversa. Vado d’accordo con i ragazzi contro i quali corro. Con Verstappen o con Lando Norris... Ma se devo scegliere un amico, dico Pierre Gasly. Ci conosciamo da quando avevamo sei anni, correvamo e andavamo in vacanza insieme, il legame è particolarmente forte».
Famiglia
Da quando è morto papà, il mio riferi-mento è mio fratello Lorenzo, conosce me e il mondo dei motori La famiglia è fonda-mentale e certo ho l’obiettivo di crearne una mia
La manifestazione anti-razzismo prima del via sembra però l’unico momento di vera coesione tra voi. Sino a che punto è autentica?
«C’è una ragione che va oltre ogni interpretazione. È un atto significativo e importante, soprattutto per i più giovani. Penso sempre che un bambino o un ragazzo, in tribuna o davanti alla tv, possa chiedere ai genitori il perché di quel comportamento e ricevere risposte che mettono al centro un tema fondamentale. Qualcosa che magari genera altre domande, una presa di coscienza su ciò che li circonda e circonda ciascuno di noi».
Molti appassionati hanno a che fare con un sogno: Ferrari alla 24 Ore di Le Mans, piloti Charles Leclerc e Valentino Rossi. Realizzabile?
«Ah, beh, nulla è impossibile anche se onestamente non c’è mai stata una discussione su questo argomento, è davvero troppo presto per pensarci. Io vorrei correre a Le Mans. Mattia (Binotto ndr) credo che voglia mantenere una assoluta priorità sul programma F1 ma di questo ne parleremo casomai quando ci saranno le condizioni per farlo».
Arte e fotografia. Sono queste le sue passioni?
«Sì. Più l’arte della fotografia anche se mi piace scattare foto ovunque. E la musica più dell’arte. Per me è un piacere suonare il pianoforte. Mi fa bene, riesco a pensare ad altro, a tutto ciò che non fa parte dell’automobilismo».
La tensione prima del via è sempre palpabile. Come si fa a gestire l’emotività?
«È un lavoro specifico, una attitudine che ho sviluppato soprattutto tra i 12 e i 16 anni con gli specialisti di Formula Medicine, centro italiano che si occupa della preparazione psicofisica dei piloti. Occorre individuare la forma mentale che permette di rendere al duecento per cento. Una volta individuata, si applica una sorta di procedura. Lo faccio costantemente, quando sono troppo nervoso o troppo calmo e in questo modo riesco a ricentrare me stesso, riappropriandomi di quella zona, diciamo così, che mi permette di rendere al meglio. Mi attivo, allerto i riflessi, pratico una respirazione particolare».
«La cosa più importante per capire una macchina è il c...». La frase è di Niki Lauda. Conferma?
«Credo che ogni pilota senta la macchina in modo diverso. È una questione personale. Di certo il c... è fondamentale per avvertire ad esempio un sovrasterzo o un sottosterzo, anche se io mi fido di più delle mie mani strette sul volante. Da lì riesco a comprendere come funziona un assetto, assorbo ogni piccola regolazione».
Macchine sempre più sicure. Eppure ha perso due amici in pochi anni, Jules Bianchi e Anthoine Hubert. È vero che un pilota non deve mai avere paura?
«Parlo per me. E dico che non ho mai paura quando guido. Se pensassi al rischio che corro affrontando una curva, beh meglio tornare a casa. Ciò non toglie che accadano incidenti gravi e che possiamo perdere una persona cara ma questo non può interferire con una attitudine profonda, mettere in discussione l’amore che ho per questo sport. Quando salgo in macchina desidero soltanto essere il più veloce in pista».
È amato, felicemente fidanzato. Oltre a vincere il Mondiale, esiste un desiderio segreto da realizzare?
«Di sicuro creare una famiglia. È un obiettivo non immediato ma presente perché la famiglia è la cosa più importante della vita. Poi, con i miei fratelli, mi piacerebbe scalare. Sogno l’Everest ma è un po’ troppo alto come prima prova anche perché al momento non sono affatto esperto sul tema. Così vorremmo cominciare con il Monte Bianco, per poi affrontare montagne più alte. È una sfida che mi attrae, diversa da quelle che incontro di solito. La natura, a differenza di una macchina, non è controllabile ed è bello che sia così».
Ha perso il padre giovanissimo. Chi è la persona più importante quando serve un buon consiglio?
«Se si tratta di un problema legato al lavoro mi rivolgo a Nicolas Todt, il mio manager. Il riferimento primo resta comunque Lorenzo, mio fratello maggiore. Conosce me e conosce il mondo motoristico. Parlo con lui, con Arthur, il mio fratellino, e con mia madre. La famiglia, come ho detto, è sempre fondamentale».