Corriere della Sera, 9 settembre 2021
La Cdu sotto al 20%. Non era mai successo
Sembra presagire un finale quasi wagneriano, la campagna elettorale in Germania, ormai entrata nella dirittura d’arrivo. Mancano poco più di due settimane al voto del 26 settembre e il Gotterdämmerung, il crepuscolo degli dei, appare quasi inevitabile per il partito che ha governato per 50 degli ultimi 70 anni. Per la prima volta nella sua storia, la Cdu-Csu viene data sotto il 20% delle intenzioni di voto, con un ritardo di cinque punti sulla Spd, protagonista di un’improbabile quanto sorprendente rimonta. Ancora più abissale è il gradimento del candidato dell’Unione, Armin Laschet, che appena il 15% degli elettori vorrebbe vedere al posto di Angela Merkel, contro quasi il 50% che preferirebbe quello socialdemocratico Olaf Scholz.
Che la Cdu-Csu sia sull’orlo di una crisi di nervi, è stato evidente martedì al Bundestag, nel dibattito di politica generale. Merkel, fino a quel momento volutamente olimpica e distaccata dalla polemica elettorale, ha infatti gettato tutto il suo peso nella mischia: «Un governo a guida Cdu-Csu con Armin Laschet come cancelliere è la soluzione migliore per la Germania, in grado di assicurare stabilità, affidabilità, misura e centrismo». Che la cancelliera sia stata spinta a metterci la faccia, le fonti dicono malvolentieri, è il segnale del crescente nervosismo dei conservatori di fronte alla concreta prospettiva che per la prima volta in 16 anni, la Germania si dia un governo senza la Cdu-Csu. Merkel è addirittura uscita da sé stessa, rompendo il proprio codice e attaccando Scholz, il suo vice, che ha criticato per aver definito «cavie» le persone vaccinate.
Ma a differenza dei Rolling Stones, il tempo non è più dalla parte della Cdu-Csu, che sembra aver sbagliato proprio tutto: il candidato, i temi, il rapporto con l’eredità di Merkel. Le gaffe di Laschet sono ormai un cult. Una lacuna grave si è rivelata l’assenza di un vero programma elettorale, mentre i socialdemocratici proponevano l’aumento del salario minimo a 12 euro, un piano di edilizia popolare che va al cuore della crisi degli alloggi, pensioni minime più generose. Ma soprattutto né Laschet, né la Cdu-Csu hanno saputo e voluto rivendicare la continuità con Angela Merkel, dicendo in sostanza: sono stati anni felici, ma ora faremo tutto diversamente. Errore madornale, in un Paese dove l’uscita di scena dell’eterna cancelliera provoca un senso di smarrimento e la ricerca di qualcosa o qualcuno che le assomigli. Detto altrimenti, lo spirito di Angela Merkel, la donna che ha destrutturato il paesaggio politico tedesco, aleggia sulla campagna elettorale e saranno i suoi voti a decidere l’esito delle elezioni.
È in questa faglia non ideologica e del tutto personale, che si è inserito Olaf Scholz, l’uomo che secondo i sondaggi sta facendo rinascere la socialdemocrazia. Solido, serio, soporifero, il ministro delle Finanze risulta comprensibile e semplice. E a parte le trovate, come le mani a rombo o i poster furbi, in fondo a rendere facile all’ex borgomastro di Amburgo rivendicare il manto della continuità è il fatto che negli anni recenti quelle di Merkel sono state politiche sostanzialmente socialdemocratiche, non ultimo il massiccio deficit spending varato per fronteggiare le conseguenze economiche della pandemia. «A differenza della fine dell’era Kohl, non c’è alcun appetito per un cambiamento di politica o di stile – dice Daniela Schwarzer dell’Open Society Foundation – ma c’è forse voglia di avere un cancelliere che non sia della Cdu».
La partita rimane tuttavia aperta. Anche perché sarà sicuramente necessaria un’alleanza a tre per formare una maggioranza. E questo assegna un ruolo chiave ai Verdi, grandi delusi della partita ma ancora in grado di condizionare ogni coalizione, e ai liberali della Fdp. Guiderà il governo chi tra Spd e Cdu offrirà loro le migliori condizioni. Dopotutto, quello dei cristiano-democratici, potrebbe anche essere un crepuscolo a metà. Ridimensionati, ma ancora al potere.