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 2021  settembre 08 Mercoledì calendario

Intervista a Anthony Fauci


Correre, correre, correre. Anthony Fauci ripete che tutto si gioca sul fattore tempo. Più vaccinati ci saranno e prima torneremo alla normalità. Anche perché – ammonisce dall’ufficio di Washington, dove dirige il National Institute of Allergy and Infectious Diseases – non c’è solo il Covid-19. Altre pandemie arriveranno.
L’immunologo più famoso d’America, consigliere medico capo del presidente Biden, sarà protagonista della videointervista in programma, venerdì 10, al Teatro Carignano di Torino: l’occasione è il Festival di Salute, che debutterà giovedì a Roma e proseguirà con una serie di tappe a Trieste, Padova e Genova. Al centro il Covid e le sue lezioni, il futuro prossimo e quello più lontano, la medicina e non solo.
Dottor Fauci, il Covid non finisce di stupirci e terrorizzarci: nuove varianti, come Delta e Mu, appaiono e riportano verso l’alto la curva di malati e vittime. Quanto è grave la situazione?
«Ora negli Usa e nel mondo la variante Delta è predominante: abbiamo lo sguardo rivolto anche alla Mu e alle sue mutazioni, ma rappresenta meno dello 0,5%. Speriamo di tenere la Delta sotto controllo, visto che i vaccini funzionano molto bene: il problema negli Usa è che, mentre una buona fetta di persone è stata vaccinata, 75 milioni di individui, che potrebbero esserlo, non lo sono. Quando anche queste persone saranno vaccinate, avremo una migliore gestione della situazione».
Come prevede l’autunno in Italia?
«Penso che siate nella stessa condizione degli Usa. È necessario vaccinare il maggior numero possibile di individui. Dobbiamo essere sicuri che in nazioni dove l’accessibilità ai vaccini è ampia, come in Italia, tutto proceda rapidamente. Se sarete veloci, in autunno si potrà tenere tutto sotto controllo».
Sarà necessaria una terza dose?
«È una buona idea. Abbiamo visto negli Usa, e in Israele, dove i programmi sono più avanzati, che dopo alcuni mesi l’efficacia dei vaccini diminuisce, sia nel caso di sintomi leggeri sia nel caso di quelli più gravi che necessitano di un ricovero. E questo soprattutto nel caso della variante Delta. Basandoci sui dati, prevediamo, entro settembre, di iniziare a distribuire negli Usa la terza dose di Pfizer, Moderna o Johnson&Johnson».
Lei ha dichiarato che la normalità negli Usa potrebbe arrivare non prima della primavera del 2022. E in Europa?
«Dipende. L’Europa è un’area avanzata e l’Italia seguirà una linea simile a quella Usa: se ci sarà un’alta percentuale di vaccinati, ci si avvicinerà gradualmente a una forma di normalità. Quando, invece, si guarda a nazioni più povere, dove l’accesso ai vaccini non è paragonabile al nostro, è chiaro che ci vorrà un periodo più lungo. Mi riferisco all’Africa e a una serie di nazioni in Asia e Sud America. È il motivo per cui ho enfatizzato le responsabilità dei Paesi più sviluppati perché aiutino quelli poveri a ricevere maggiori quantità di dosi. Dobbiamo controllare la pandemia non solo nelle nostre nazioni, ma in tutto il mondo».
Come immagina il futuro del virus? Scomparirà o diventerà endemico?
«Spero che scompaia, però non ne sono così sicuro. Credo che terremo sotto controllo la pandemia. Ci sono, in effetti, vari modi di affrontarla: la si può gestire, eliminare, eradicare. Ho molti dubbi che la si possa eradicare, ma credo che la potremo domare con i vaccini. Ci potranno essere ancora manifestazioni sporadiche e tuttavia nulla a che vedere con le minacce alla salute pubblica che viviamo ora. Negli Usa siamo ancora nel mezzo della pandemia e solo nell’ultima settimana abbiamo registrato 160 mila infezioni al giorno: è una situazione grave. Dobbiamo scendere molto rispetto a questa soglia».
È d’accordo a rendere obbligatori i vaccini?
«Credo che dovrebbero essere obbligatori: non necessariamente per disposizione del governo centrale, ma di sicuro a livello locale. Scuole e università e i luoghi del business dovrebbero richiedere che chi lavora in quegli ambienti sia vaccinato. È l’unico modo per controllare il virus. È ovvio che non tutti vogliono vaccinarsi, ma dobbiamo renderli consapevoli che solo così possono lavorare e operare».
È favorevole a vaccinare tutti gli studenti, anche sotto i 18 anni?
«Sì. E negli Usa si fa già. Il vaccino, quello Pfizer, è stato approvato per i dodicenni e i ragazzi più grandi. Intanto stiamo eseguendo gli studi clinici per determinare la sicurezza nei bambini di 11 e in quelli più piccoli, fino a sei. Se i test saranno positivi, potremo eseguire le vaccinazioni anche in queste fasce d’età».
La pandemia ha enfatizzato approcci medici e politici diversi, come dimostrano Usa, Israele, Svezia o Italia. Chi è stato più bravo?
«Non penso che si possano fare paragoni, perché ci sono differenti situazioni e condizioni. Per quanto riguarda i programmi di vaccinazione, penso che sia chiaro che Israele ha fatto molto bene. Si tratta, però, di una nazione piccola, con meno di 10 milioni di abitanti».
No-vax e scettici non demordono e molti muoiono: lei come reagisce?
«Sono molto preoccupato. Si tratta di contagi e di morti evitabili».
Negli Usa c’è chi si cura con un anti-parassitario, l’Ivermectin, rischiando la vita e ignorando tutti gli avvertimenti: perché?
«È difficile da spiegare. C’è molta disinformazione, soprattutto nei social. Quando questa circola, non funziona alcun meccanismo di controllo. Molte persone credono sia vero ciò che non è vero».
Qual è la sua opinione sull’origine del Covid-19?
«C’è stata un’indagine dell’intelligence Usa. Sebbene i risultati non siano definitivi, si è abbastanza sicuri che non si sia trattato di un test di guerra batteriologica o che il virus sia stato biologicamente ingegnerizzato. Le informazioni prevalenti suggeriscono un episodio di tipo naturale: un salto di specie, dall’animale all’uomo».
Quanto è importante per voi scienziati parlare all’opinione pubblica?
«È importante per noi comunicare con il pubblico e fornire informazioni corrette e affidabili. È la ragione per cui gli scienziati dovrebbero sempre parlare liberamente e mettere in campo la verità, contro le tante forme di disinformazione».
Lei prevede altre pandemie?
«Dobbiamo guardare avanti e prepararci. Abbiamo bisogno di una solidarietà globale tra i Paesi: di sicuro un’altra pandemia scoppierà. Potrebbe non avvenire nel corso della mia vita o verificarsi l’anno prossimo. Non lo sappiamo».
Come ci difenderemo?
«Rafforziamo l’Oms, creiamo una rete globale di sorveglianza, diamo più risorse alla ricerca biomedica». —