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 2021  settembre 08 Mercoledì calendario

Il risiko delle nomine Ue


BRUXELLES – Da oggi parte ufficialmente il grande Risiko delle poltrone europee. Tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo, infatti, alcune delle più importanti cariche dell’Ue vanno a scadenza per il check di metà mandato: a partire dalla presidenza dell’Europarlamento ora occupata dall’italiano David Sassoli fino alla presidenza del Consiglio al momento affidata al belga Michel. Una “corsa” in cui le composizioni delle famiglie politiche (in primo luogo popolare e socialista) e quelle dell’appartenenza nazionale si sommano in un equilibrio molto delicato.
Da oggi, dunque, è scattato lo start. Perché da oggi? Perché il capogruppo del Ppe, il tedesco Manfred Weber, ha fatto sapere di rinunciare al suo obiettivo: ossia scalzare Sassoli.
L’accordo stipulato nel 2019, infatti, prevedeva la staffetta tra l’italiano e l’emergente popolare. Quel patto, però, si è incrinato col tempo. Di certo non sta reggendo dinanzi ai tanti cambiamenti intercorsi nell’Unione negli ultimi 30 mesi. E appare poco combinabile rispetto ai dati originari. Ad esempio la circostanza che la presidenza della Commissione in un primo momento era stata riservata a un socialista, ossia all’olandese Frans Timmermans. Caduta la sua opzione, alla fine è stata trovata l’intesa su Ursula Von der Leyen. Ma anche lei è del Ppe ed è tedesca. Difficile dunque che i popolari di Germania possano occupare contemporaneamente il ruolo più alto della Commissione e del Parlamento. Gli umori tra gli eurodeputati si sono dunque guastati con il passare delle settimane nei confronti di Weber proprio per questo motivo. Il “campione” iniziale del Ppe ha così cominciato a pensare che mantenere la candidatura sarebbe stato troppo rischioso visto che deve ottenere la maggioranza dei voti in assemblea. Tante le variabili incontrollabili, politiche e nazionali. Senza considerare che il Parlamento di Strasburgo ha al suo vertice un altro tedesco, sempre di estrazione popolare: il potentissimo segretario generale, Klaus Welle. Una concentrazione che a Palazzo Europa considerano con un pizzico di ritrosia.
Weber, dunque, fa un passo indietro e offre indirettamente a Sassoli la chance di giocarsi una nuova carta per rimanere al suo posto anche nella seconda parte della legislatura. L’esponente italiano può contare su questa novità e sulla circostanza di essere l’unico esponente del Pse ai vertici dei palazzi comunitari. I socialisti, infatti, non possono accettare di essere estromessi da tutti i ruoli apicali: rimarrebbe solo l’Alto rappresentante, lo spagnolo Borrell. Sassoli vuole aspettare ancora un po’ prima di ufficializzare la sua “seconda corsa”, ma l’obiettivo è fuori discussione. La Conferenza sul futuro dell’Europa, avviata pochi mesi fa, sembra essere il trampolino migliore per rilanciare il suo nome. Non è un caso che con ogni probabilità punterà a prorogare di un anno il termine della Conferenza. Nel Ppe, nel frattempo, la scelta di Weber sta creando un vero e proprio tornado. Il tedesco, infatti, a questo punto chiede di essere confermato capogruppo e nello stesso tempo di essere eletto alla presidenza del Ppe al posto del dimissionario Tusk. Soluzione che non tutti gradiscono. E che accetterebbero se il risultato finale fosse la conquista dell’Europarlamento. Weber deve insomma dimostrare di aver portato un risultato. I popolari hanno così iniziato la selezione per la scelta del candidato alternativo da mettere in competizione con Sassoli. Ma sono divisi e stanno prendendo tempo. Prende però corpo un fronte del Nord e uno del Sud. C’è la maltese Metsola, condizionata dal fatto di essere espressione di un Paese “piccolo” e non sostenuta dal suo governo. L’olandese Esther de Lange, nota per le sue posizioni da “falco” e poco incline nei confronti dei membri dell’area mediterranea. Lo spagnolo Gonzalez Pons, anche lui non sostenuto dall’esecutivo di Madrid. E l’italiano Antonio Tajani, che già è stato presidente dell’Europarlamento. Ma il punto è che il patto originario faceva perno sul “cambio” Sassoli- Weber. E comunque, soprattutto nell’eventualità che in Germania la Cdu non possa più contare da fine mese sulla Cancelleria, l’ipotesi che i popolari occupino contemporaneamente la casella della Commissione, del Parlamento e dell’Eurogruppo, fa a dir poco venire l’orticaria ai socialisti. Dopo il voto in Germania, infatti, esiste la possibilità che i quattro grandi Paesi europei (Germania, Italia, Francia e Spagna) siano tutti a guida non popolare. Situazione che striderebbe con un quadro europeo sbilanciato a favore del Ppe.
In realtà c’è un altro ruolo che potrebbe diventare oggetto di scambio: quello della presidenza del Consiglio europeo. Il liberale belga Michel – in particolare dopo la famosa gaffe del divano in Turchia – ha perso alcune posizioni. Tra i popolari emerge l’idea che possa essere lui la vittima sacrificale per concedere ai socialisti il suo incarico. Missione suicida, però. Perché Michel può fare affidamento sulla strenua difesa del presidente francese Macron. L’inquilino dell’Eliseo, in particolare alla vigilia delle elezioni nazionali, farà di tutto per mantenerlo al suo posto.
Poi nella partita c’è un’altra partita. Che riguarda gli assetti nazionali. Dopo la Brexit alcuni Stati-membri, come l’Italia, si sentono sottorappresentati. Anche le commissioni parlamentari a fine mese vengono rimesse in discussione. Il nostro Paese punta a conquistare almeno due presidenze (ora ne ha solo una a favore proprio di Tajani) e alcuni posti apicali dentro la struttura della Commissione. In particolare, ha puntato gli occhi su quattro Vicedirezioni generali: Defis (l’industria della Difesa), Mare (Affari marittimi), Olaf (l’Ufficio antifrode) e Just (Giustizia). Il nuovo risiko del potere Brussellese, insomma, ha iniziato a comporsi.