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 2021  settembre 08 Mercoledì calendario

La Spoon River degli anni di piombo

ROMA —Un muro lungo otto metri. Con incisi 381 nomi. Le vittime degli anni di piombo. La Spoon River italiana del terrorismo nasce a Staffolo, duemila anime in provincia di Ancona, nelle Marche. L’idea è stata di un sindaco del Pd, Sauro Ragni, che aveva diciotto anni quando si iscrisse alla Democrazia cristiana: il mese dopo rapirono Aldo Moro. Ma Staffolo è anche il paese dell’appuntato Domenico Ricci, uno dei cinque agenti della scorta del presidente dc uccisi in via Fani. Anni fa, suo figlio, Giovanni Ricci, e il sindaco si sono incontrati. È nata una sintonia e quel seme di amicizia ha prodotto incontri con studenti e seminari di storia. A Staffolo sono venuti Agnese Moro, Manlio Milani, Miguel Gotor e molti altri. Poi due anni fa Ragni ha deciso di realizzare una cosa che finora non aveva fatto nessuno: far erigere un monumento ai martiri di quel buco nero del nostro Dopoguerra.
Le lapidi, ciascuna di un metro, sono ancora custodite nel magazzino comunale, e a breve saranno allineate in piazza IV Novembre a fare muro. Accanto ci sarà un’opera che ricorda gli agenti di via Fani, costruito dagli studenti del liceo artistico Edgardo Mannucci di Jesi, e un orologio che segnerà le 9,05, l’ora in cui le Brigate Rosse cominciarono a sparare sulle due auto: la Fiat 130 sulla quale viaggiava Aldo Moro con il caposcorta Oreste Leonardi e Ricci, e l’Alfetta 1800 della polizia, con gli agenti Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino. I due modelli di automobile, di proprietà di due collezionisti, il giorno dell’inaugurazione, sabato 18 settembre, saranno in piazza.
Il monumento, costato 25mila euro, è il primo in Italia su quegli anni. «Tempo fa l’idea era venuta al ministro Dario Franceschini, voleva farlo a Roma, non se ne è fatto nulla», dice Ricci. E quindi ora Staffolo sarà la capitale della memoria italiana.
Come base per l’elenco dei nomi è stato utilizzato il libro che Giorgio Napolitano fece pubblicare nel 2008 quando dal Quirinale lanciò la Gio rnata della memoria: Per le vittime del terrorismo nell’Italia repubblicana.
Contiene una schedina per ogni vittima, ciascuno, posizionandosi davanti al muro, potrà con un codice qr scaricare la storia di ogni vittima. È un elenco impressionante di servitori dello Stato, poliziotti, carabinieri, agenti penitenziari, militari, giornalisti, magistrati. È una stagione molto più lunga di quel che comunemente si pensi. Il primo morto in ordine cronologico è Gaspare Erzen, la guardia merci vittima a Verona il 20 ottobre 1962 di un attentato dinamitardo attribuito ai terroristi sudtirolesi. L’ultimo è Emanuele Petri, il sovrintendente capo della polizia di Stato assassinato il 2 marzo 2003 sul treno Roma- Firenze dalle Nuove Brigate Rosse. Nel mezzo una folla di uomini e donne deceduti nelle stragi del terrorismo nero: Italicus, piazza Fontana, Peteano, piazza della Loggia. Curiosamente, per ragioni di spazio, l’elenco contiene però solo i cognomi e le iniziali puntate del nome.
Non vi è distinzione militanti di destra e di sinistra. In questi anni Giovanni Ricci si è speso per fare sentire la voce delle vittime. «Ma non è mai abbastanza», dice. «Quando vado nelle scuole molti docenti mi dicono: “Io ricordo dov’ero quando uccisero suo padre”, poi non ne parlano ai loro studenti. Le associazioni hanno da tempo aperto un tavolo tecnico col Miur, nelle scuole si può fare di più. C’è il bisogno di riconnettersi con il reale e gli anni Settanta sono un decennio in cui violenza e riforme si mescolano». «Abbiamo bisogno di memoria», conferma il sindaco Ragni. «Quest’opera vuole restituire la voce a chi l’ha persa in quegli anni». E un monumento è per sempre.