Gemma Gaetani per “La Verità”, 7 settembre 2021
CHICCHI RICCHI - IL RISO È IL CEREALE PIÙ CONSUMATO AL MONDO E LA TERZA COLTURA AL MONDO DOPO IL MAIS E LA CANNA DA ZUCCHERO – CONOSCIUTO FINO A 15.000 ANNI FA, LA PIANTA HA ORIGINE IN CINA ED È ARRIVATO IN EUROPA TRA IL QUARTO E IL TERZO MILLENNIO AVANTI CRISTO – AI TEMPI DEI ROMANI VENIVA CONSIDERATO UN MEDICINALE PER TANTE PATOLOGIE ED ERA USATO ANCHE COSMETICO – MA QUAL È LA DIFFERENZA TRA LE DIVERSE VARIETÀ DI RISO? QUELLO INTEGRALE È PIÙ INDICATO PER… -
«Il riso è un cibo bellissimo. È bello quando cresce, file precise di gambi verde brillante che si stagliano verso il sole estivo; è bello quando viene raccolto, covoni dorati in autunno, impilati in risaie simili a patchwork; è bello quando, trebbiato, si riversa nei silos come un mare di piccole perle; è bello quando è cucinato da una mano esperta, bianco splendente e dolcemente fragrante», ha scritto Shizuo Tsuji, del prestigioso Tsuji culinary institute di Osaka, la più grande scuola di formazione per chef professionisti del Giappone, autore di oltre 30 libri di gastronomia che hanno contribuito a divulgare la cucina giapponese in Occidente.
Cereale più consumato al mondo, fondamento monstre delle cucine orientali, dato che in Giappone e Cina fornisce metà delle calorie quotidiane, e vezzosa più che giornaliera, ma comunque radicata, alternativa alla pasta per gli italiani, in particolar modo settentrionali, il riso è la terza coltura al mondo dopo il mais e, al primo posto, la canna da zucchero.
Chiamato anche risoide, il riso è la cariosside, cioè il frutto contenente il seme, di varie specie di piante erbacee annuali appartenenti alla famiglia delle Poaceae (graminacee).
Il fusto è sottile, con forma cilindrica, foglie lineari e fiori a spiga, proprio come il «fratello» grano. Le piante di riso più diffuse sono l'Oryza sativa, dalla quale si ottiene il «riso asiatico», l'Oryza glaberrima, dalla quale si ottiene il «riso africano», e la Zizania, dalla quale otteniamo il riso selvatico.
Reperti di 15.000 anni fa testimoniano l'uso del riso selvatico in Cina, altri di 7.000 anni fa di riso coltivato.Tra il quarto e terzo millennio avanti Cristo il riso si espande verso il Sudest asiatico e l'Occidente.
LA TISANA DEI ROMANI Per quanto riguarda il nostro Stivale, la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (77-78 d.C.) testimonia che il riso qui è conosciuto. Tuttavia, Greci e Romani - e continua così per tutto il Medioevo e fino al Rinascimento - consideravano il riso una spezia nel senso di un farmaco, medicamento per tante patologie o con effetto cosmetico: in una satira, Orazio racconta di un medico che aveva prescritto una tisana di riso. Il riso, che si semina in primavera, matura in 140-170 giorni.
«Nel riso la fase vegetativa è piuttosto lunga mentre la fase riproduttiva si concentra in un breve lasso di tempo: la pianta sfrutta la seconda metà dell'estate per fiorire, formare e riempire i nuovi chicchi e infine maturare, indicativamente dall'inizio del mese di agosto alla fine del mese di settembre. Con il procedere della maturazione il verde erbaceo dei campi viene gradualmente sostituito dal bellissimo color oro dei chicchi maturi», scrive, nella bellissima monografia Il risottario, lo chef Sergio Barzetti, Guido Tommasi Editore.
Proprio in questi giorni, dunque, il riso sta maturando. Sono molte le domande che riguardano l'impatto del riso sulla nostra alimentazione e, di conseguenza, sulla nostra salute.
Per esempio, che differenza c'è tra riso bianco o brillato, riso parboiled e riso integrale? E il riso del sushi? Cominciamo dall'inizio. Il riso che verrà raccolto da fine settembre e poi stipato in silos anche un anno prima di essere lavorato è il risone, anche detto riso grezzo o riso vestito, che poi viene pulito e sbramato (o scorzato), cioè si distaccano le glumelle, sorta di foglioline, dal chicco, tramite il passaggio nello sbramino. Ciò che si ottiene è, innanzitutto, il riso integrale e poi lo scarto più esterno, la lolla, e quello più interno, la pula.
Poi il riso si sbianca, ovvero si separano dal chicco il germe, da cui l'olio di riso, e il restante strato aleuronico, da cui si ottengono mangimi per animali. Dalle varie fasi di sbiancatura si ottengono risi più o meno raffinati: semiraffinato, mercantile, raffinato di I grado e raffinato di II grado. Poi, si possono effettuare la brillatura, un trattamento che lucida i chicchi con talco o glucosio, e l'oliatura, con olio di lino o vaselina, che dà luogo al riso camolino.
Il processo molitorio fa perdere al riso alcuni sali minerali, che si trovano nel pericarpo, cioè la pellicola che avvolge il chicco, e alcune vitamine, che si trovano nello strato aleuronico. Il riso integrale, quindi, anche detto semigreggio, contiene ancora questi sali minerali e vitamine. Il brillato no.
Ma li contiene anche il riso parboiled, quello cioè trattato a vapore prima del processo di raffinazione: parboiled è infatti crasi per «partially boiled», cioè parzialmente bollito. A dispetto della definizione, il parboiled non è affatto precotto, anzi il trattamento parboiling lo rende adatto a cotture prolungate (è il cosiddetto «riso che non scuoce»). Il trattamento prevede idratazione del riso grezzo in acqua calda, vaporizzazione ed essiccazione.
Ciò gelatinizza l'amido, arricchisce i chicchi di vitamine, minerali e proteine, che passano dagli elementi che poi verranno separati con la raffinazione al chicco, aumenta il tempo di conservazione del riso sia prima sia post cottura e riduce l'assorbimento dei condimenti (quindi si può condire un filo meno, se si è a dieta).
NON TROPPO RAFFINATO Possono sembrare quisquilie, ma pensate che quando fu introdotta la brillatura nelle regioni asiatiche, il deficit di vitamina B1, la tiamina, dovuto alla brillatura, determinò la diffusione della malattia da denutrizione beri beri, che ha sintomi come stanchezza cronica, cefalea, irritabilità, disturbi della memoria, palpitazioni, affanno.
Si tratta di un monito da tenere presente nel caso in cui si consumino esclusivamente cereali raffinati. Consumare riso integrale e in generale cereali integrali (o riso parboiled), almeno ogni tanto, evitare cioè il consumo esclusivo e abbondante di cereali raffinati, contrasta la perdita di B1, vitamina fondamentale per lo sviluppo e il normale funzionamento di cervello, nervi e cuore. Tornando al riso integrale, rispetto al riso bianco e parboiled esso contiene fibra insolubile che aumenta la massa che transita nell'intestino, promuovendo la facilità di espulsione e la regolarità intestinale.
E fibra solubile, che contrasta l'assorbimento di colesterolo e zuccheri, contrasto che si rivela utile non solo nelle diete dimagranti, ma anche contro aterosclerosi e diabete. D'altro canto, se si soffre di diarrea si deve evitare il riso integrale e preferire invece quello bianco, che ha effetto astringente.
In generale, poi, bisogna tenere conto del fatto che meno raffinazione, in legumi e cereali, vuol dire anche più antinutrienti (fitati, che riducono l'assorbimento di vitamine e minerali), che però sono inattivati dal calore e dalla fermentazione, quindi il riso integrale va sempre ammollato prima della cottura e poi ben cotto.
A nostro avviso, l'ideale è alternare i risi e non «votarsi» a una sola tipologia. Altro riso che diventa sempre più presente nei nostri stomaci è quello da sushi, la varietà giapponese a chicco piccolo (kome) che si chiama anche riso glutinoso perché dopo la cottura i chicchi restano particolarmente aggregati in virtù dell'alto contenuto di amilopectina (una delle due componenti dell'amido). Ha 370 calorie ogni 100 g, un po' più del riso brillato che ne ha 332.
SCARSI ALLERGENI Le calorie degli altri sono 337, sia dell'integrale, sia del parboiled. Il riso ha poche calorie in meno rispetto alla pasta, che ne ha 371. Però rispetto a essa presenta varie differenze. Innanzitutto, il riso non contiene glutine e questo lo rende «la pasta dei celiaci». Tra tutti i cereali, il riso è quello dotato del minor potenziale allergenico assoluto, non soltanto nei confronti di chi soffre di celiachia, sensibilità al glutine e problemi renali. Il riso è più digeribile rispetto alla pasta, perché il suo amido è costituito da granuli di piccole dimensioni.
Necessitiamo di 3-4 ore per digerire la pasta e di 1 o 2 ore per il riso, la cui digestione, poi, non causa la classica sonnolenza da pizza o pasta. Inoltre, a parità di peso secco, il peso finale della pasta e del riso cotti è molto diverso. L'indice di conversione da pasta corta cruda a cotta è 2, ossia 100 grammi di pasta corta cruda diventano 200 grammi da cotta. Il riso ha indice di conversione 2,5: da 100 grammi di riso crudo se ne ottengono 250 cotto.
Questo accade perché la pasta è più ricca di proteine, mentre il riso contiene più amido, che durante la cottura assorbe più acqua, quindi il riso sazia di più e risulta meno calorico della pasta. L'indice glicemico del riso, però, varia a seconda della tipologia da 54 a 132.
Sommata questa caratteristica a quella della digestione del riso in metà tempo rispetto alla pasta, che ha indice glicemico 54, possiamo decretare che il riso è certamente più «leggero» della pasta, da un certo punto di vista, ma può far tornare fame prima.
Insomma, il nostro consiglio è quello di alternare pasta e riso come primo piatto, anche in questo residuo di estate: nei giorni più caldi, potete preparare il classico riso freddo, anche detto insalata di riso. Così: lessate 4 wurstel grandi il tempo di cottura indicato sulla confezione. Lessate 320 grammi di riso in abbondante acqua salata e scolatelo al dente, passandolo sotto il getto dell'acqua fredda per fermare la cottura.
Ponetelo in insalatiera. Aggiungete il contenuto di una confezione di sottaceti per insalata di riso (non scolateli troppo, lasciate che dell'aceto cada sul riso), 200 grammi di fontina (o emmental) a tocchetti, i wurstel affettati non troppo sottili, 2 scatolette da 160 grammi di tonno, 4 uova sode a fette grosse, 8 cucchiai di maionese, 4 cucchiai di olio evo e mescolate delicatamente. Si può conservare in frigo fino a due giorni e l'ideale è mangiare questo riso letteralmente freddo di frigorifero.