Il Sole 24 Ore, 7 settembre 2021
Senza medici di base 1,5 milioni di italiani
Almeno 1,5 milioni di italiani sono senza il proprio medico di fiducia. Alcuni sono costretti ad appoggiarsi a studi che hanno già il pieno di assistiti (il massimo è 1500). Altri si affidano a sostituti, altri ancora sono alla ricerca del dottore a cui affidarsi. Ma i numeri reali degli italiani sprovvisti del medico di famiglia potrebbero essere molto più grandi perché i dati ufficiali sulle carenze sono stati ufficializzati al momento solo da 8 Regioni. Secondo l’elenco pubblicato dalla Sisac – la struttura interregionale che si occupa delle convenzioni – gli ambiti territoriali carenti per l’assistenza primaria, rimasti vacanti perché non ci sono abbastanza medici sono in tutto 1.213. In particolare: 456 in Veneto, 239 in Toscana, 205 in Emilia-Romagna, 98 nelle Marche, 91 in Abruzzo, 59 in Friuli-Venezia Giulia; 55 in Umbria; 10 in Valle D’Aosta. «Considerando che la media nazionale è di 1.150 assistiti per ogni medico solo in queste Regioni circa un milione e quattrocentomila cittadini non hanno un proprio medico di famiglia. E il numero è sottostimato perché mancano le altre Regioni a esempio anche nella mia, la Puglia, c’è un problema forte di carenza», avverte il presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli.
A queste sedi vacanti – non solo in zone rurali ma anche in grandi città come Milano e Firenze – vanno aggiunte le 786 andate a concorso a giugno in Lombardia, dove è più grave l’allarme, e non ancora assegnate, e quelle appunto di quasi tutte le altre Regioni dove come extrema ratio si è pronti anche a ricorrere ai giovani medici che si stanno formando come accade in Liguria per le sue 92 sedi.
L’allarme carenza potrebbe però essere solo all’inizio. Dopo aver perso 3mila medici di famiglia tra il 2013 e il 2019 – un pezzetto del taglio di 45mila operatori del Ssn in 10 anni di cui 10mila sono medici (tra ospedalieri e convenzionati) – ora è anche partita la corsa ai pensionamenti: se ne prevedono 35.200 entro il 2027. «Probabilmente non ce ne saranno abbastanza per sostituirli», aggiunge ancora il presidente dell’Ordine dei medici. E così gli italiani che si potrebbero trovare senza il medico di famiglia potrebbero diventare molti di più. Anche perché a fronte del boom dei pensionamenti che stanno raggiungendo il picco in questi anni le assunzioni e le borse di specializzazione previste dopo la Laurea per formarsi in medicina generale sono state finora troppo poche e insufficienti: circa un migliaio l’anno. Un primo vero segnale di controtendenza arriva dal Pnrr: nel Piano nazionale di ripresa e resilienza si stanziano infatti le risorse per aggiungere 900 borse in più per formarsi in medicina generale per i prossimi tre anni. «È un segnale importante ma potrebbe non essere sufficiente. Da almeno 10 anni denunciamo il fatto che manca una vera programmazione dei posti da parte delle Regioni sarebbe quasi meglio la facesse lo Stato», aggiunge Anelli che punta il dito contro le Regioni che, nel tempo, hanno richiesto un numero di borse molto inferiore al reale fabbisogno, e che, anche oggi, procedono con inerzia nel pubblicare le carenze sulle quali costruire il bando di quest’anno che infatti non è stato ancora pubblicato.
A tutto questo va aggiunto anche una crisi profonda che sembra aver colpito la categoria della medicina generale investita duramente dall’emergenza Covid. Nella prima fase senza strumenti e protezione i medici di famiglia hanno pagato un prezzo salato alla pandemia anche in termini di vittime, ma nella seconda fase – quella della gestione del virus – la categoria sembra essere rimasta ai margini nella guerra al Covid: dai tamponi in studio (alla fine sono stati superati dalle farmacie) alla campagna vaccinale dove sono stati poco impiegati. Dopo un anno e mezzo di emergenza si è capito infatti che se la trincea degli ospedali ha retto, mentre quella delle cure a casa è mancata quasi completamente. Nel Pnrr sono arrivati i fondi (4 miliardi) e anche un piano per costruire Case e ospedali di comunità sul territorio. Ma per la medicina di famiglia non c’è nessun piano: nelle primissime bozze c’era l’ipotesi di modificare la formazione portandola all’interno delle università, ma soprattutto si chiedeva di rivedere l’accordo che disciplina i rapporti di Stato e Regioni con i medici di famiglia. Oggi a guidarla è una convenzione che viene rinnovata periodicamente e che indica i compiti dei medici, ma che per diversi osservatori è stata la causa del flop della medicina di famiglia durante i mesi più duri dell’emergenza. E se qualche Regione comincia a ragionare sulla possibilità di creare un rapporto di dipendenza con i medici di base per ora al ministero della Salute tutto tace. «Il problema non è la convenzione – chiosa Anelli – ma il fatto che non ci siano garantite le risorse per far funzionare i nostri studi e cioè per assumere infermieri e acquistare le strumentazioni».