il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2021
Contro Brunetta
È parimenti difficile capire sia l’accanimento di Renzi contro il Reddito di cittadinanza, sia quello di Brunetta contro lo smart working. Il primo sembra frutto di un’inguaribile cattiveria congenita; il secondo di un’emendabile svista storica.
Brunetta sostiene – e non c’è motivo per dubitarne – che il suo scopo primario sta nell’assicurare ai cittadini servizi sempre migliori attraverso una macchina statale sempre più efficiente. La missione è tanto più meritevole quanto più ardua, data la persistenza secolare dei mali che affliggono la nostra Pubblica amministrazione. Per farcerla occorre che egli tenga in massimo conto le sorprendenti opportunità offerte al mondo del lavoro dalle conquiste del progresso tecnologico e dello sviluppo organizzativo.
Per sbrecciare la fortezza della Pubblica amministrazione, che per 160 anni è riuscita a preservare la sua potenza stagnante, la ministra Dadone, che ha preceduto Brunetta a Palazzo Vidoni, colse a volo l’imprevisto choc della pandemia per rivoluzionare alla radice il luogo stesso di quella stagnazione usando lo smart working come grimaldello con cui avviare la rivoluzione organizzativa che si attendeva da oltre un secolo.
Per sua natura il lavoro agile può contribuire a risolvere molti problemi congeniti alla burocrazia: la microconflittualità, l’assenteismo, l’aggregazione di gruppi informali che si contrappongono al cambiamento, la resistenza alla digitalizzazione, la tendenza a ostacolare la circolazione delle informazioni, la carenza di spazi e di strutture, i tempi morti, le chiacchiere di corridoio e quel cappuccino aziendale contro cui Brunetta ingaggiò una sua precedente battaglia.
Di sicuro il lavoro agile comporta due vantaggi imprescindibili per la Pa: costringe a operare per obiettivi, razionalizzando e semplificando l’organizzazione; aumenta la produttività, che da sempre rappresenta il tallone d’Achille della macchina statale. Secondo i numeri del Politecnico di Milano, nelle organizzazioni che hanno applicato il lavoro a distanza la produttività è aumentata del 10%, i costi vivi per gli immobili sono calati tra il 30 e il 50%, senza contare il miglioramento dell’impatto ambientale e l’aumento dell’inclusione. Mettendo tempestivamente in lavoro agile il 97% del suo personale, l’Inps è riuscita a smaltire 6,4 milioni di pratiche relative alla Cig laddove, prima, ne evadeva solo 800mila. Se, dunque, la PA adotterà lo smart working in misura inferiore alle imprese private, aumenterà il suo gap negativo di produttività rispetto a queste.
È davvero incomprensibile che un ministro dinamico e ambizioso come Brunetta rischi di passare alla storia come il luddista del XXI secolo puntando non sull’innovazione organizzativa, ma sul ritorno alla palude dell’inerzia. Né si capisce perché il Pnrr dovrebbe destinare decine di miliardi alla digitalizzazione della Pa se poi i dipendenti pubblici dovranno restarsene in ufficio, analogici per sempre. Praticamente essi potranno tele-apprendere, tele-commerciare, tele-curarsi, tele-amare e tele-divertirsi, ma non potranno tele-lavorare.
Possiamo già immaginare quali reazioni susciterà tra questi lavoratori la costrizione esercitata da Brunetta a rientrare nella “normalità” dopo una loro soddisfacente sperimentazione biennale di lavoro agile. Ne saranno soddisfatti alcuni tra coloro che hanno il privilegio di abitare a quattro passi dagli uffici e tutti quelli che rifiutano l’innovazione tecno-organizzativa, la ricongiunzione tra lavoro e vita, la ricca varietà dei rapporti sociali, la vita di quartiere, l’impegno civile. Per tutti gli altri – soprattutto i più giovani – che si erano illusi di trovare nello Stato un datore di lavoro finalmente all’altezza dei tempi, questa sarà l’ennesima dimostrazione che la Pa è irrecuperabile. Per fortuna le punte avanzate della macchina statale, da Bankitalia all’Inps, hanno già contrattato che, a partire dal 2022, consentiranno un centinaio di giorni all’anno in smart working al dipendente che potrà e vorrà farlo.
A quanto pare, Brunetta non disdegna solo il progresso socio-organizzativo, ma anche il lavoro di gruppo. La ministra Dadone creò un Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni e, al suo interno, una Commissione tecnica, di cui fanno parte alcuni tra i massimi esperti della materia. I due organismi, per tutto quanto riguarda lo smart working nella Pa, debbono definire gli indirizzi tecnico-metodologici, svolgere attività consultive, di studio e analisi, monitorare le applicazioni pratiche, analizzarne i risultati, promuovere specifiche iniziative di sensibilizzazione e di comunicazione. Brunetta ha confermato questi due organismi, ma finora li ha convocati solo due volte per comunicare, a tumulazione avvenuta, le decisioni da lui già prese e divulgate.