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 2021  settembre 07 Martedì calendario

Le gemelle separate


La prima volta che si sono guardate negli occhi, domenica, «hanno smesso di piangere e si sono fatte calme e silenziose. È stato un momento meraviglioso». Il capo neurochirurgo Mickey Gideon, del Soroka Center di Beersheva, in Israele, ha separato due gemelline siamesi con un’operazione di 12 ore, pianificata per mesi, che ha appena una ventina di precedenti nella storia della chirurgia (e nessuno in Israele).
L’operazione è avvenuta all’inizio della settimana scorsa. Le bambine sono state poi separate per qualche giorno e monitorate separatamente: stanno bene. Nate attaccate per la nuca, hanno vissuto così fino a un anno di età. Ora senza danni neurologici – «cognitivi, vedremo» – e con le testoline fasciate si guardano nella culla dell’ospedale, avvolte da tubicini e cerotti, con sguardi che sembrano esprimere un’insondabile curiosità. Nei video che l’ospedale ha messo in circolazione si muovono come due persone che siano state uniche da sempre: una ferma, fissa la sorella a occhi sgranati; l’altra pare nuotare freneticamente dentro il lettino.
Delle due gemelline, che ad agosto hanno compiuto un anno, non si sanno le generalità; la loro condizione medica, invece, era quella di «gemelle craniopaghe», cioè attaccate per una porzione del cranio. Una condizione rara.
A operarle, un’équipe di decine di specialisti di diversi campi: neurochirurgia, chirurgia plastica, terapia intensiva pediatrica e neuroimaging. Tra loro, due chirurghi da Londra e New York, con esperienza in gemelli siamesi. Il londinese, Omar Jeelani, ha guidato nel 2019 una squadra di cento medici per separare due gemelle: ci avevano impiegato circa 50 ore. A luglio 2020, al Bambin Gesù di Roma, due craniopaghe di due anni della Repubblica Centrafricana, sono state divise con un’operazione di 18 ore. Ora stanno bene.
Il padre delle piccole israeliane, in tv, ha detto che non avrebbe mai sperato «di poterle prendere in braccio una per volta». Ora «respirano e mangiano autonomamente», ma – racconta il chirurgo che guidava l’équipe che le ha divise – «sono state molto agitate fino a domenica, quando le abbiamo messe vicine».
L’operazione ha richiesto mesi di preparazione. Per molte settimane le bambine sono state esaminate regolarmente. Per addestrarsi all’operazione, i medici hanno usato simulazioni tridimensionali: lo scopo era capire come separare le ossa, il sistema venoso che le bambine condividevano, le meningi e le altre membrane del cranio. Alcuni mesi prima dell’intervento nelle due testoline sono state inseriti sacchetti di silicone gonfiabili che hanno dilatato la pelle, così quella nuova in sovrappiù è stata poi utilizzata per richiudere le cicatrici. E «con gioia, tutto è andato come speravamo», ha concluso Gideon. L’operazione si è conclusa a ridosso di Rosh Hashana, il Capodanno ebraico: «Un ottimo auspicio. Questo senso di “ce l’abbiamo fatta” sarà con me per la vita»... Chissà se le due bambine ricorderanno, del giorno in cui si sono ritrovate, anche pochi istanti.