il Fatto Quotidiano, 6 settembre 2021
In Giordania tra i giovani c’è il mito di Saddam
Dagli adesivi sui paraurti alle cover per gli smartphone e persino sulle mascherine per proteggersi dal coronavirus, l’immagine dell’ex dittatore iracheno Saddam Hussein è dappertutto in Giordania, specie ad Amman. Nonostante il suo terribile record di violazioni dei diritti umani e crimini contro l’umanità, il defunto leader baathista – giustiziato nel 2006 dopo l’invasione statunitense dell’Iraq – è ricordato con affetto da molti giordani per i suoi ideali nazionalisti arabi e per la sua percepita resistenza all’interferenza occidentale in Medio Oriente. Fa breccia l’immagine dell’eroe arabo che si oppone agli Stati Uniti e a Israele, e Saddam come icona ha surclassato in Giordania quella del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, l’eroe per eccellenza nella gran parte dei cuori arabi.
Alla richiesta di una spiegazione, la maggior parte dei giordani attribuisce la popolarità di Saddam al suo sostegno alla causa palestinese, che includeva pagamenti alle famiglie delle persone uccise da Israele, oltre al finanziamento di borse di studio per studenti palestinesi e giordani per studiare in Iraq. Altri citano i generosi sussidi economici di Baghdad alla Giordania durante l’era di Saddam, che includevano la fornitura di petrolio a tassi agevolati o gratis. Nonostante sia stato deposto nel 2003, Saddam è così popolare tra i membri della tribù giordana Al Nawaysa che tutti i loro figli maschi nati nel 2010 portano il nome del dittatore iracheno.
Come la maggior parte degli Stati arabi, la Giordania sostenne l’Iraq nella sua guerra contro l’Iran negli anni ‘80, e si schierò con Saddam dopo l’invasione del Kuwait nel 1990, una rarità tra i Paesi arabi, che si opposero all’occupazione e si unirono alla Coalizione guidata dagli Usa per cacciare gli iracheni. Nel decennio successivo le relazioni tra i due stati si sono raffreddate. La Giordania ha concesso delle basi alle forze speciali Usa sul suo territorio durante l’invasione dell’Iraq nel 2003 e – nonostante i sentimenti avversi della popolazione – la presenza militare americana nel regno hashemita è ancora molto evidente.