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 2021  settembre 06 Lunedì calendario

Il mondo si prepara all’era dei replicanti

Quando Elon Musk, lo scorso 20 agosto, ha annunciato che avrebbe prodotto entro un anno un robot umanoide per sostituire gli umani in «lavori pericolosi, ripetitivi, noiosi», molti ricercatori impegnati nella robotica l’hanno presa come una barzelletta. Il patron di Tesla non ha mostrato alcun prototipo, ma solo un ballerino (umano) in una tuta che si muoveva come una marionetta. Musk ha – probabilmente in maniera inconscia – soltanto ripetuto quasi alla lettera le parole di un altro grande visionario, lo scrittore Isaac Asimov: «Quando le macchine subentreranno per sostituirci in tutti quei compiti che gli umani non dovrebbero avere, ci resteranno soltanto i lavori creativi».

IL FASCINO
Il mondo è pronto per un Tesla Bot? Secondo il professor Bruno Siciliano, tra i massimi esperti di robotica in Italia, sarà difficile prevedere il lancio di un prodotto del genere «prima dei prossimi dieci anni». «Se vedo macchine come l’androide Atlas di Boston Dynamics (BD), dove tra l’altro lavora un mio ex allievo, non posso non esserne affascinato. Ma non sono quelli i prodotti commerciali che arriveranno a breve nelle nostre case, nelle scuole, negli ospedali».
Spesso è proprio l’impulso del mondo militare americano a favorire innovazioni impensabili. È successo con la Rete, nata in piena guerra fredda come sistema di difesa e di controspionaggio. Ed è stato il Pentagono a spingere BD a creare BigDog nel 2005, un robot quadrupede capace di spingersi dove i soldati non possono andare. Compagnia fondata nel 1992 da Marc Raibert, professore del mitico Massachusetts Institute of Technology, BD è stata rilevata di recente dalla Hyundai Motors coreana. Un altro gruppo del settore automotive, come Tesla. Il cugino commerciale di DigiDog, il cane robotico Spot, è stato adottato persino dalla polizia di New York, la NYPD. Ma l’esperimento non ha funzionato. «Le persone arrestate – spiega Siciliano – trovavano mortificante essere controllate a distanza da una macchina. La robotica si presta a sollevare simili aspetti etici». Il professore nota che lo scorso 18 agosto, due giorni prima dell’annuncio di Musk, era stato condiviso un video di Atlas, impegnato in una serie di acrobazie degne di un campione di parkour. «O quelli di BD sapevano che, nel corso del suo evento, Musk avrebbe detto qualcosa di simile, oppure è stato il CEO di Tesla a cavalcare il successo di quel prototipo», con dieci milioni di visualizzazioni su YouTube. Ma «per creare un robot come Atlas servono motori idraulici, e non soltanto elettrici, come quelli di Tesla».
Come risponderà il mercato ai robot antropomorfi? «Siamo stati proprio noi italiani a parlare per primi dei problemi di human-robot interaction, di interazione tra uomo e robot. In commercio c’è Pepper: con bambini e anziani ha funzionato meglio di badanti e terapisti». Ma in agguato c’è sempre la Uncanny Valley, la valle perturbante, ovvero il disagio che nasce quando gli androidi diventano troppo simili a noi. Chi è riuscito ad attraversare questa barriera è Hiroshi Ishiguro, ricercatore giapponese che ha creato un robot perfettamente identico a lui, e capace di replicare ogni sua azione. Ishiguro non si è fermato e, come nel mondo di Blade Runner, ha creato anche copie perfette di sua moglie, e di una nota anchorwoman nipponica. «Per definire cosa sia umano – sostiene – non si può escludere la tecnologia». 

MACCHINE CON L’ANIMA
«Nella società orientale è diverso – spiega Siciliano – credono che le macchine abbiano un’anima». Ma anche da noi la percezione è cambiata, rispetto a dieci anni fa. «Quando chiedevo agli studenti se avrebbero lasciato i genitori alle cure di un badante androide rispondevano tutti no. Oggi l’opinione pubblica risponde in maniera diversa».
In attesa che il mondo di Ex Machina o di Io Robot diventino realtà, ci sono le macchine impegnate in sala operatoria, controllate in remoto dal chirurgo: potrebbero presto eseguire alcune fasi di un intervento in maniera semi-autonoma, come per esempio una anastomosi. Sistemi robotici aerei complessi potranno arrivare sul mercato, come il primo drone ibrido risultato di un progetto di ricerca europeo che vede in prima linea il laboratorio Prisma, coordinato da Siciliano, e lo spin-off Neabotics dell’Università di Napoli Federico II. Si tratta della realizzazione del primo robot dalla mobilità ibrida, tra aria e terra, con cui raggiungere raffinerie di petrolio e gas, impianti chimici dove nessun altro robot può accedere, riducendo così l’esposizione dell’operatore a condizioni di lavoro rischiose e i costi di intervento.