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 2021  settembre 06 Lunedì calendario

Omar, il figlio di Bin Laden fa il pittore in Normandia

I primi a comprare i suoi dipinti, firmati OBL, non sapevano neanche chi fosse. Dietro la sigla si nasconde Omar Bin Laden, il quarto figlio della mente degli attentati dell’11 settembre 2001. Lui si è rifatto una vita, con molta discrezione, a Domfront en Poiraie, un villaggio di appena 4mila anime, nella Normandia profonda, a una settantina di km a Est del Mont-Saint-Michel e della sua baia dai colori struggenti. A lungo si è fatto dimenticare e anche gli abitanti del posto, che sapevano, hanno protetto lui che è l’unico degli undici fratelli ad aver preso le distanze dal padre e dagli orrori dei suoi attentati.
«È difficile essere un Bin Laden: è un peso così grande da portare. Mio padre ha scelto un cammino diverso dal mio e io ne sono una vittima», ha detto quest’uomo, che ha 40 anni, al quotidiano francese Ouest-France. Vive in una modesta villetta a schiera con Zaina, la moglie, di 25 anni più grande, sposata al Cairo nel 2007. È uscito allo scoperto, perché ormai tutti sapevano che i quadri venduti a Teilleul, da Arielle Brocante, una sorta di caverna di Alì Baba, dove si trova di tutto, erano di un Bin Laden. «Alcune delle tele, appena comprate, sono state portate a Parigi e lì rivendute molto più care in alcune gallerie. La firma fa salire la quotazione», sottolinea Pascal Martin, proprietario del negozio.
Zaina lo frequentava e aveva fatto amicizia con Pascal. E così le ha proposto i quadri del marito, un certo Obl. Ma il segreto di Pulcinella è stato svelato in fretta. Un primo gruppo di dipinti è andato via tra i 700 e i mille euro per ogni tela. Poi, una seconda serie è stata collocata fino a 1.450. E dire che Omar ha iniziato a dipingere solo durante il primo confinamento, anche se, quando era bambino, era già appassionato di disegno. Nelle foto scattate da Arielle Brocante ha un berretto alla francese sulla testa e i baffi che si arricciano, tipo i pittori della piazzetta di Montmartre, a Parigi. Ma i lineamenti, lo sguardo e il naso sono di Osama Bin Laden, non ci sono dubbi. «Qui posso vivere lontano dalla violenza del mio passato – dice -. In Francia ho trovato l’amore e la gentilezza». Ma sulle tele non ritrae i paesaggi normanni, solo i ricordi di deserti e di montagne dell’Arabia Saudita, del Sudan, dello Yemen e dell’Afghanistan. Lo ispirano pure le immagini dell’Arizona, un luogo che un giorno vorrebbe visitare. Ma con il suo cognome non sarà facile.
«Dipingere è una terapia – spiega -: aspira il dolore dal cuore». In qualche quadro spunta anche un orologio ridotto in mille pezzi. «Dice molto della mia vita: in tanti mi hanno preso alla gola e mi hanno impedito di esistere». Con il giornalista di Ouest-France non si è voluto dilungare troppo sul suo passato. Ma nel 2010 aveva concesso un’altra intervista a «Rolling Stone». Aveva spiegato come il padre avesse sempre proibito a lui e ai fratelli di ascoltare musica e di andare al cinema. A 15 anni Omar era stato messo in un campo militare di Al-Qaida, dove aveva imparato a maneggiare un kalashnikov e a guidare un carrarmato sovietico. Poi Osama Bin Laden lo aveva spinto a iscriversi in una lista di volontari per gli attacchi suicidi. Era pochi mesi prima dell’11 settembre. Ma Omar si era ribellato e gli aveva voltato le spalle. A un certo momento, dopo aver ottenuto un passaporto dal Qatar, nel 2013, aveva anche tentato di fare l’uomo d’affari. Ma non ha avuto successo ed è di nuovo scomparso. Oggi con Zaina, la moglie, nel loro paesino d’adozione, vogliono aprire un bar-ristorante, dove un’ora al giorno accoglieranno gratuitamente gli anziani isolati che vivono nella campagna intorno.