Corriere della Sera, 6 settembre 2021
Squali a rischio estinzione
Tonni in moderata ripresa, squali sempre più minacciati. E nella lista rossa delle specie a rischio entra anche il varano di Komodo, la più grande lucertola oggi esistente, il cui habitat (vive solo in alcune isole indonesiane) è sotto pressione per i cambiamenti climatici.
L’allarme è stato lanciato dall’Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) alla conferenza di Marsiglia, nella quale Harrison Ford è intervenuto con un appassionato discorso: «È difficile stare a osservare l’avanzata dei nazionalismi di fronte a minacce globali che richiedono azioni e cooperazione internazionali», ha detto l’interprete di Indiana Jones. «È difficile guardare alluvioni, incendi, fame e malattie e raccontare ai nostri figli che va tutto bene. Non è così: non va tutto bene».
Il 37% (+4% rispetto a sette anni fa) delle specie di squali, mante e razze sono a rischio estinzione per pesca eccessiva, distruzione di habitat marini e riscaldamento globale. Dal 1970 le popolazioni di squali sono diminuite del 71%. «Nel Mediterraneo è anche peggio», dice Giulia Prato, responsabile Mare di Wwf Italia. «La metà degli squali presenti nei nostri mari è a rischio estinzione. L’Italia è il primo importatore di carne di squalo al mondo: se si compra palombo, spinarolo o gattuccio bisogna sapere che si tratta di squali». L’Iucn ha studiato 138.374 specie di piante, animali e funghi. Di queste 38.543, pari a circa il 28%, sono considerate «a rischio». Grande apprensione anche per gli anfibi, con il 33% delle specie minacciate, e per il 26% dei mammiferi.
Va meglio per i tonni. Grazie alle quote di pesca sostenibile e alla lotta alla pesca illegale, quattro specie minacciate (tonno rosso, australe, bianco alalunga e pinne gialle) si stanno riprendendo. «È il risultato di anni di gestione scientifica del pescato, specie per il tonno rosso, che è quello che ci interessa di più», aggiunge Prato. «Restano però criticità importanti: la pesca illegale del tonno rosso sta aumentando sottocosta e la gestione dipende più dalle decisioni politiche che dalle analisi scientifiche».
«L’aggiornamento della lista rossa delle specie a rischio è un segnale», ha sottolineato Bruno Oberle, direttore generale Iucn. «Nonostante la crescente pressione sugli oceani, le specie si possono riprendere se gli Stati si impegnano a pratiche davvero sostenibili».