Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  settembre 05 Domenica calendario

Intervista a Walter Isaacson

Atomo, bit, gene: le scoperte legate a questi tre nuclei fondanti hanno definito la nostra epoca e ho voluto raccontarlo attraverso le storie dei grandi innovatori. Albert Einstein capace di rivoluzionare la fisica con la sua Teoria della Relatività. Steve Jobs, fondatore di Apple, vero designer della rivoluzione digitale. E ora Jennifer Doudna: la studiosa che ha applicato la tecnica Crispr all’editing del genoma umano, sì, insomma, la possibilità di modificare il nostro corredo genetico copiando il sistema usato dai batteri per difendersi dal Dna dei virus quando li attaccano». Nella sua casa affacciata su Central Park West, nel cuore di Manhattan, davanti a un’immensa libreria bianca inzeppata di libri, Walter Isaacson, 69 anni – ex caporedattore di Time, già Ceo dell’Aspen Institute e di Cnn – sorride evocando i suoi “amici”. I grandi personaggi di cui ha tracciato acutissime biografie: Leonardo da Vinci, Benjamin Franklin, Harry Kissinger, Albert Einstein. Fino a Steve Jobs diventato nel 2011 bestseller globale. Al centro dell’ultima fatica, Decifrare la vita (Mondadori) c’è, per la prima volta, una donna.
Ha scelto Doudna ben prima che vincesse il Nobel per la Chimica nel 2020. Non è l’unica scienziata a compiere studi del genere. Perché proprio lei?
«Quando iniziai le ricerche scoprii che aveva studiato biochimica ispirata da un libro avuto in dono dal padre a 11 anni: La doppia elica di James Watson, dove il biologo racconta la sua avventurosa scoperta del Dna. Lo aveva letto come un poliziesco, affascinata dai misteri della natura svelati. Ma quando disse a scuola di voler intraprendere studi scientifici venne redarguita: “inadatti alle ragazze”. Quella risposta la spronò ancor di più. Ecco, oltre all’importanza dei suoi studi, volevo mostrare come la persistenza porta a traguardi straordinari. Sperando di ispirare altri giovani ad amare la scienza, attraverso la sua figura».
Dai fringuelli di Darwin agli studi recenti sull’Rna, il libro ripercorre i progressi della scienza, col passo leggero e avvincente di un romanzo. Come fa a trattare argomenti così complessi con tanta semplicità?
«Per scrivere di Einstein dovetti studiare matematica e gli elaborati calcoli della teoria della relatività: nel libro non ce n’è traccia ma per tratteggiarlo al meglio dovevo comprendere la sua psiche. Questo libro è stato più facile. La genetica e la nostra capacità d’intervento sono semplici. Ho, semmai, dovuto trovare il passo giusto, costruendolo come un thriller per meglio appassionare il lettore alle scoperte».
L’editing del dna può portare all’eugenetica...
«Tema che affronto seriamente. Nel 2018 lo scienziato cinese He Jiankui modificò embrioni umani per renderli resistenti all’Hiv, facendo poi nascere due gemelle “immuni”.
Un esperimento molto contestato dalla comunità scientifica. Ne ho parlato con molti genetisti preoccupati per le implicazioni morali del loro lavoro. La pandemia ha però dato una svolta diversa, tanto da spingermi a prolungare di un anno la conclusione del libro. L’idea di “programmare” l’Rna, studiata da Doudna prima ancora del Crispr, è alla base dei vaccini Pfizer e Moderna, insegnano alle cellule a produrre le proteine in grado di fermare il Covid. La ricerca deve andare avanti: ma controllata, magari attraverso trattati internazionali».
Cosa l’affascina delle persona al punto di specializzarsi nella stesura di biografie?
«È la nostra storia personale a renderci ciò che siamo. L’ho capito lavorando a Time, settimanale generalista dove passavamo da sport a politica estera all’opera lirica: sempre con la stessa curiosità. Ogni settimana mettevamo in copertina un volto, con l’obiettivo di raccontare i nostri tempi attraverso le persone che effettivamente fanno la Storia.
Perché gli avvenimenti non sono causati da forze impersonali e irrazionali ma da persone vere, pensanti, appassionate, capaci di modellare la realtà».
Si sente più storico o giornalista?
«Uso i metodi di entrambi i mestieri: leggo tutte le fonti possibili. Ma possono essere fuorvianti, dunque quando tratto soggetti contemporanei faccio decine di interviste. Raccolgo aneddoti.
Versioni di prima mano. Cerco il colore delle cose, assente nei documenti ufficiali».
Cosa hanno in comune i protagonisti delle sue biografie, a parte essere tutti dei geni?
«La curiosità: un approccio fresco, quasi infantile alle cose. A spingere la creatività sono le domande stupide che ci poniamo fin da bambini.
Leonardo, per dire, si chiedeva perché il cielo è blu. Perché l’acqua scorre. Sono tutte persone per le quali capire è una gioia».
Nell’era delle fake news, capire dovrebbe essere l’obiettivo di tutti...
«Ci sono molte persone scontente di ogm o vaccini. Ok, è un loro diritto: ma solo se sanno davvero di cosa parlano. Se certe cose non ci convincono, abbiamo il dovere di informarci da fonti certe e non dai social: capire come funzionano.
Altrimenti si è solo ignoranti e fifoni. La natura ha i suoi meccanismi: solo comprenderli ci fa andare avanti».
Fra le figure da lei narrate, chi ha amato di più?
«Conoscere Doudna, protagonista della più grande rivoluzione del XXI secolo, è stato un onore: le molecole sono i nuovi microchip, per la prima volta in miliardi di anni interveniamo sui geni. Amo poi molto Benjamin Franklin, ha mostrato come venir fuori da tempi politici avvelenati. E Steve Jobs: capace di trasformarci la vita con la semplicità dell’iPhone.
Come Prometeo hanno rubato il fuoco agli dei. Come Eva hanno morso la mela dell’albero della conoscenza a prescindere dalle conseguenze. Hanno avuto il coraggio di trasformare».
E ora?
«Mi guardo intorno, cerco nuove idee. Volevo scrivere di Louis Armstrong, nato a New Orleans come me. Ma ho letto tutto il possibile su di lui e finora ho capito una sola cosa: indossava la maschera, il suo sorriso.
Questa volta non mi basta studiare per entrare nella sua pelle. Se mi deciderò, per capirlo più a fondo chiederò aiuto a qualche jazzista afroamericano di New Orleans: Jon Batiste o Wynton Marsalis».