Corriere della Sera, 5 settembre 2021
I problemi dei talebani
Nelle relazioni fra politica e religione in Paesi democratici e parlamentari, vi è sempre una zona in cui gli obiettivi laici e quelli maggiormente graditi alle istituzioni religiose si contraddicono con grande imbarazzo dei rispettivi seguaci. È accaduto a tutti i movimenti democratico-cristiani quando, per agire nei parlamenti, hanno dovuto diventare partiti; ed è accaduto particolarmente in Italia dove il governo ha dovuto affrontare temi fortemente discussi (aborto, divorzio, eutanasia, regime fiscale) là dove ha sede la più alta autorità di una delle più vaste comunità religiose (i cattolici sono un miliardo e 328 milioni). Le relazioni tra religione e politica hanno attraversato momenti difficili, ma il tempo ha insegnato l’arte della convivenza e i momenti critici sono stati generalmente superati con qualche compromesso da una parte e dall’altra. Maggiori difficoltà sono sorte invece nelle relazioni tra l’Islam e la politica nei Paesi dove i musulmani (1.907.110.000 nel mondo, fra sunniti, sciiti e kharigiti), superano di molto qualsiasi altro culto. Vi fu un primo tentativo politico in Egitto nel 1928 quando un autorevole riformatore, Hasan al-Banna, fondò i «Fratelli musulmani»: un’associazione in cui religione e politica avrebbero dovuto vivere amichevolmente sotto lo stesso tetto. A molti politici questa iniziativa non piacque e il maggiore leader egiziano di quegli anni (un militare, Gamal Abdel Nasser) preoccupato dalla possibilità che le autorità religiose interferissero nelle attività dello Stato, fece di tutto per limitarne l’importanza. I suoi successori sono stati più concilianti e i Fratelli musulmani, molto meno «teocratici» del passato, partecipano alle elezioni nazionali e sono rappresentati in Parlamento. La situazione è alquanto diversa, tuttavia, in quei Paesi dove i musulmani sono molto numerosi e hanno stretti rapporti con la comunità islamica mondiale. Tutti i fedeli professano la loro fede con riti e liturgie, ma in questi Paesi musulmani (come l’Afghanistan) sembrano avere conservato molti comportamenti formali che i tempi hanno reso desueti se non addirittura imbarazzanti per chi deve vivere in società multireligiose e multiculturali. Questo è il problema che i talebani dovranno risolvere nelle prossime settimane. Faranno il bagno di laicità che gli Stati Uniti esigono, soprattutto per il trattamento delle donne, o cederanno ai richiami di una tradizione per cui la donna è ancora un essere inferiore? Diverranno una versione musulmana della democrazia cristiana 0 saranno ancora i gelosi custodi e protettori della fede, sempre pronti invocare la sharia ogniqualvolta una donna «pretende» di vivere come quelle che incontra sempre più frequentemente nel corso della sua vita?