Corriere della Sera, 5 settembre 2021
Aiutare gli afghani
Come aiutare gli afghani senza arricchire le casse dei talebani? È una sfida senza precedenti per la diplomazia delle sanzioni, perché mai prima d’ora una organizzazione definita terroristica dagli Stati Uniti e dall’Unione europea aveva preso il controllo di un intero Paese. Ma è una sfida che va raccolta perché, come ha detto il segretario generale dell’Onu António Guterres, dietro l’angolo c’è una catastrofe umanitaria. Già tra i Paesi più poveri del mondo, se l’Occidente non troverà un modo di continuare a far arrivare gli aiuti internazionali che tenevano in piedi l’Afghanistan, milioni di persone, toccate oltre che dalla guerra dal Covid e da una devastante siccità, faranno la fame e cercheranno rifugio in Europa.
Quanto pesano gli aiuti
Gli aiuti esteri rappresentano più del 40% del Pil, ma i finanziamenti si sono fermati con la caduta di Kabul nelle mani dei talebani. Circa nove miliardi di dollari di riserve di valuta estera sono congelate e inaccessibili per i nuovi padroni del Paese.
Dalla farina all’olio alla benzina i prezzi dei beni primari sono schizzati mentre non si contano le code ai bancomat. I salari degli impiegati pubblici non vengono pagati da settimane. Con la fine repentina di 20 anni di economia di guerra, il prodotto interno lordo, secondo gli analisti, potrebbe contrarsi nei prossimi due anni tra il 10 e il 20 per cento. I dati del World Food Programme parlano di 14 milioni di persone – su una popolazione di circa 38 – che faticano a portare il cibo in tavola, e due milioni di bambini malnutriti. Oltre 3,5 milioni gli sfollati dentro il Paese.
«I talebani minacciano le libertà e i diritti degli afghani – ha scritto su Foreign Policy lo storico della Columbia University Adam Tooze – ma è l’improvviso stop dei finanziamenti dall’Occidente che mette in pericolo la sopravvivenza materiale degli afghani». Le sanzioni sono da tempo uno degli strumenti più utilizzati e controversi per fare leva su governi ed entità ostili, perché spesso hanno «effetti collaterali» molto gravi sulle popolazioni. Europei e americani pensano di usarle contro i talebani – molte sono già in piedi da anni, il 22 verranno ridiscusse quelle Onu – per convincerli a mantenere gli impegni sui diritti umani, permettere agli afghani che vogliono migrare di uscire dal Paese, e tagliare i legami con i terroristi.
L’equilibrio impossibile
Nonostante le pressioni da parte delle organizzazioni umanitarie, l’amministrazione Biden non ha alcuna intenzione di sbloccare i miliardi in oro, investimenti e riserve di valuta estera parcheggiati negli Stati Uniti. Il dipartimento del Tesoro, però, che è il ministero che «disegna» le sanzioni, la settimana scorsa ha rilasciato una licenza specifica per consentire la consegna di cibo, medicine e servizi medici in Afghanistan. Sempre il Tesoro ha fatto sapere alla Western Union e ad altre banche che può riprendere l’invio delle rimesse personali da chi è uscito dal Paese verso le famiglie rimaste indietro. L’Unione europea ha annunciato che quadruplicherà l’aiuto umanitario per l’Afghanistan, compresi fondi per i Paesi vicini per aiutarli ad assorbire il flusso dei rifugiati (la maggior parte sono tra Iran e Pakistan).
«Non c’è un modo realistico per portare aiuto ai cittadini senza che i talebani abbiano un qualche tipo di accesso a quegli aiuti», ha scritto Felix Salmon sul sito Axios, criticando il discorso del segretario di Stato Antony Blinken dopo la fine delle operazioni militari, che sembra basare la politica estera americana «su questa impossibilità». «Coerentemente con le nostre sanzioni ai talebani – aveva detto Blinken – gli aiuti non passeranno attraverso il governo, ma piuttosto attraverso organizzazioni indipendenti», come l’Onu. Questo potrebbe richiedere la creazione di corridoi umanitari che sono ancora tutti da negoziare.
Aggirare l’ostacolo
«Bisogna pensare ad assistere le persone – aveva detto qualche giorno fa al Corriere l’ex ministro degli Esteri britannico David Miliband, oggi a capo dell’International Rescue Committee —. Noi parliamo con chiunque controlli un’area specifica. Credo che lo stesso debbano fare i donatori, a prescindere da quali saranno le decisioni della diplomazia internazionale nei confronti del nuovo governo».
Ma tenere le mani dei talebani lontane dai soldi non sarà facile. E per Biden la decisione ha anche ripercussioni interne, con i repubblicani che già premono sulla segretaria al Tesoro Yellen perché non consenta l’arrivo di soldi a una organizzazione sponsor del terrorismo che li userebbe «contro gli interessi americani».