Corriere della Sera, 5 settembre 2021
Paralimpiadi, il podio storico delle velociste
Diluvia, sulla pista degli ori di Jacobs, Tamberi e della 4x100. Ma la pioggia di Tokyo che si abbatte sulla Paralimpiade non riesce a lavare via la magia dell’estate più bella dello sport italiano. Il sogno ad occhi aperti iniziato all’Olimpiade dura cento metri in più, quelli che bastano ad Ambra Sabatini, Martina Caironi e Monica Contrafatto per prendersi il podio dello sprint T63 (atlete con protesi a un arto), una tripletta inedita che arrotonda il bottino dell’Italia a 69 medaglie (14 ori, 29 argenti, 26 bronzi), record.
La Giamaica siamo noi, Ambra da Porto Ercole che alla velocità di 19 anni e 228 giorni si lancia all’inseguimento dell’indonesiana Tiarani scappata via dal blocchi, Martina la bergamasca globetrotter di Alzano Lombardo (Erasmus in Spagna, casa a Bologna) dal talento multiforme (giovedì ha vinto l’argento nel lungo), Monica la soldatessa di Gela che nella notte giapponese lancia un urlo da tigre che rimbalza fino a Kabul: «Dedicato all’Afghanistan. È il Paese che mi ha tolto una parte di me ma poi mi ha regalato una nuova vita, ed è fighissima». Il 24 marzo 2012 un colpo di mortaio nel distretto di Gulistan, mentre è in missione di pace come militare del primo Reggimento bersaglieri di stanza a Cosenza, le strappa la gamba destra. È in ospedale a Roma, la tv accesa sulla Rai: «Vedo la Caironi conquistare l’oro nei 100 alla Paralimpiade di Londra. Una folgorazione».
Martina
Un anno dopo l’incidente
incontro Oscar Pistorius. Compro il suo libro. In quel momento ho capito che non ero sola
C’è Martina, 31 anni, due ori paralimpici, cinque mondiali, sei europei, faro del centro d’eccelleza protesi Inail di Vigorso di Budrio, la famiglia allargata dove nascono i prototipi (Gregorio Teti, direttore dell’area tecnica, a Tokyo è intervenuto last minute proprio sul dispositivo della Sabatini, dopo averne raccolto le ultime sensazioni), al centro delle vite parallele di Ambra e Monica, Caironi è il totem che nel 2007, quando ha 18 anni, in motorino viene centrata da un’auto. Il fratello, alla guida, è illeso. Per Martina, dopo quattro giorni di coma indotto, la verità più dura: dal ginocchio in giù non c’è più nulla. «Un anno dopo l’incidente, ospite di Bergamo Scienza, incontro Oscar Pistorius. Compro il suo libro, me lo autografa. In quel momento ho capito che non ero sola». Simile il percorso di Sabatini, che il 12 febbraio scorso a Dubai, 617 giorni dopo aver perso la gamba sinistra in un incidente in scooter con il babbo Ambrogio sulla strada verso il campo di atletica, ha realizzato il record del mondo nei 100. L’ha ritoccato ieri in finale, Ambra che crede nel destino («Penso che ognuno abbia la missione di lasciare una traccia nel mondo: la mia è l’oro in 14”11 a Tokyo»), anima luminosa che non si è lasciata spegnere («Certo che ho avuto momenti di sconforto, ma la vita è troppo bella per essere vissuta con rassegnazione. A volte ci si butta giù per cose piccole, a me ne è successa una grande»), nel letto d’ospedale a Careggi ha cominciato a informarsi sul mondo paralimpico, quell’universo di possibilità che l’ha portata a conoscere Bebe Vio («Faccio parte della sua associazione onlus») e Alex Zanardi («Mi aveva mandato un videomessaggio di incitamento dopo l’incidente, poi ci siamo sentiti ed è stato super carino: spero si riprenda presto e di poterlo incontrare»).
Monica
Dedicato all’Afgha-nistan, è il Paese che mi ha tolto una parte di me ma poi mi ha regalato una nuova vita, ed è bellissima
Si complimentano il premier Draghi («Siete fonte d’orgoglio per il Paese»), il re di Olimpia Jacobs («Grazie ragazze, lottatrici nate!»), tutta Italia. Chi ha ispirato chi, in fondo, in questa storia è secondario. Conta il messaggio. Per tutte, parla Caironi: «Ci unisce la voglia di tirare fuori di più dalla condizione di disabilità. Non solo abbiamo superato lo svantaggio, ma ne stiamo facendo qualcosa di grande». Così grande che gli aggettivi sono finiti.