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 2021  settembre 05 Domenica calendario

Urne, la quieta prima della tempesta


Regna una strana pace nella politica italiana. Tra un mese più di un quarto dell’elettorato italiano sarà chiamato alle urne e i cannoni tacciono. Il silenzio è riempito dalle scaramucce quotidiane: il capo della Lega fa dichiarazioni, quello del Pd risponde; il giorno dopo, il neo-leader del M5S dichiara, lo rimbecca il capo della Lega. E così via, mai stanchi del continuo battibecco. È una tregua? E a che cosa è dovuta?
Forse molti italiani sono ancora in vacanza. Certamente molti sono intimoriti dal virus. Altri sono annoiati dalla politica politicante. Azzardo una ipotesi diversa. Si ha l’impressione che le cose cambino per il meglio, e che sia tornato il tempo buono.
Innanzitutto, qualcosa è cambiato nella penisola. Siamo riusciti in una intrapresa collettiva mai tentata in tempo di pace in un Paese, come l’Italia, dominato da tendenze individualistiche e senza forti tradizioni militari: 38 milioni e mezzo di italiani, il 71 per cento delle persone con più di 12 anni, ha completato in pochi mesi il ciclo vaccinale e sono state somministrate 79 milioni di dosi di vaccino nelle venti litigiose regioni, operanti sotto la guida di un pacifico militare.
In secondo luogo, spostando lontano dal fumo della politica quotidiana l’azione dell’esecutivo, il governo è riuscito ad affermare quel sistema tolemaico, geocentrico, di cui ha scritto ieri su queste pagine Massimo Franco. Parlare di cose da fare invece che di atteggiamenti sulle cose da fare, è servito a spiazzare i cultori del bizantinismo in politica. «Il governo va avanti» è stato il trionfo del pragmatismo ed è servito a far capire che i ministri di quelle stesse forze politiche che battibeccano quotidianamente sui media, discutono e raggiungono accordi nella sala del Consiglio dei ministri. Il governo Draghi è capace persino di nascondere i suoi non pochi peccati, non tutti veniali (forse perché ritiene che il giorno del giudizio sia lontano), oppure di annunciarli pubblicamente (forse perché ritiene che questo redima i peccatori).
Terzo: sta diventando sempre più chiaro che non è solo interesse del Paese, ma anche delle forze politiche che sostengono il governo, di completare l’uscita dalla pandemia, di realizzare il Piano di ripresa e poi di gestire il debito accresciuto, cogliendo l’occasione per uscire dal quarto di secolo di stagnazione in cui è vissuta l’Italia, e affidando questo compito difficile, sottoposto al giudizio finale dei mercati, a chi dia ad essi fiducia.
Il quarto fattore che fa tacere le armi pesanti sta nei successi dell’Unione, la regione del mondo che ha saputo gestire la pandemia meglio di tutte le altre nazioni, pur essendo così divisa, tanto che la leader dell’opposizione, sovranista, sembra schierata tra i sostenitori di «più Europa» e il capo del governo, che dell’Unione è stato uno dei leader, si permette di criticare le sue insufficienze.
Può sembrare strano, ma un quinto fattore che gioca a favore di questo stato di tregua sta nel fatto che – come ha scritto Giovanni Orsina – «la politica è moribonda e forse è già morta». Il fatto che il segretario di uno dei maggiori partiti (l’unico che osi ancora chiamarsi «partito») si presenti alle elezioni politiche senza usare il simbolo del partito che dirige, è significativo. Le forze politiche tendono a scindersi continuamente e a riaggregarsi. Come il mercurio, hanno la tendenza a formare legami deboli e a evaporare. Nelle forze politiche prevale il quotidiano, lo slogan sostituisce il programma, le alleanze durano pochi giorni o sono elastiche, le idee, quando vi sono, sono frammentate, l’organizzazione è sostituita dal leader. Le forze politiche non riescono a svolgere la funzione loro propria di tramite tra società e Stato. Paradossalmente questa politica-fuoco fatuo, poco riflessiva, poco capace di definire i propri stessi fini, rimettendo in discussione programmi e ideologie presenta una faccia positiva nell’attuale situazione, perché meno rigida nei suoi steccati e più sensibile alle giunture critiche, come quella attuale.
Ma il vento può cambiare da un momento all’altro, e portare la pioggia. L’elettorato si è, da tempo, sempre più allontanato dalla politica (basta considerare il numero dei votanti rispetto a quello degli aventi diritto al voto, e consultare le statistiche Istat sulla partecipazione politica). I votanti sono volatili nella stessa misura in cui sono sfuggenti i futuri prospettati dalle forze politiche. La «single issue politics» praticata da queste ultime non promette rotte coerenti e continue.
Insomma, c’è il sole, ma sarà prudente uscire con l’ombrello.